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EDITORIALE

Germania, Ue, moneta unica e le tentazioni di un mondo alla rovescia

Berlino sotto osservazione perché la sua crescita economica non si riflette sugli altri paesi europei, ma il vero problema è che gli altri paesi europei non si muovono per il rilancio dell'economia.

Editoriali 17_11_2013
Angela Merkel

Uno dei maggiori compositori del Settecento, il veneziano Baldassarre Galuppi, ha scritto nella sua vita centinaia di opere, corali, mottetti, cantate, oratori, sonate e concerti. Ma è passato alla storia come l’iniziatore del dramma giocoso, e soprattutto per aver messo in musica una commedia di Carlo Goldoni dal titolo “Il mondo alla roversa”. Vi si narrano le avventure di un’isola sconosciuta in cui le donne comandavano sugli uomini: così ci si divertiva quattro secoli fa.

Ma il mondo alla rovescia è sembrato tornare di attualità nei giorni scorsi quando l’Unione Europea ha annunciato di aver iniziato a mettere sotto osservazione l’economia tedesca per  il surplus della sua bilancia commerciale, visto come un ostacolo alla ripresa per il resto d'Europa.

«La questione è se la Germania può fare di più per aiutare a ribilanciare l’economia europea», si è quasi giustificato il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, spiegando che «la Germania ha registrato un'eccedenza commerciale importante che giustifica l'inchiesta». Oltre a Berlino tuttavia, altri 15 paesi sono sotto indagine per la ragione opposta e cioè per aver mancato di raggiungere alcuni target economici previsti dall'Unione e tra questi l’Italia per il suo debito pubblico.

L'eccedenza delle partite della bilancia commerciale tedesca ha raggiunto a settembre il livello record vicina ai 20 miliardi di euro, con una crescita dell’1,7% delle esportazioni e a una diminuzione dell’1,9% delle importazioni quindi con un surplus commerciale superiore al 6% del Pil, al di sopra dei parametri fissati da Bruxelles.

Ma, ci si deve naturalmente chiedere, come è possibile che l’Europa, che ha molti paesi con gravi problemi economici e finanziari, ponga proprio la Germania sul banco degli imputati, una Germania che ha il più basso numero di disoccupati, che rispetta i parametri di bilancio, che ha una pur modesta, ma significativa crescita economica? Come è possibile che si veda come un dato pericoloso la capacità tedesca di sfruttare la crescita della domanda sui mercati internazionali? Come è possibile, in pratica, che i dati positivi possano essere visti in modo, se non del tutto negativo, almeno come un pericolo?

Da un profilo teorico il richiamo della Commissione Europea trova la sua ragione nel fatto che il forte attivo della bilancia dei pagamenti tedesca è comunque uno squilibrio che provoca un accumulo di risorse finanziarie  a scapito delle altre zone dell’area euro. Quello che si rimprovera a Berlino in pratica non è che l’economia tedesca vada troppo bene, ma che questo andamento positivo non si rifletta anche sugli altri paesi che trovano invece difficoltà ad esportare verso la stessa Germania dove la domanda interna rimane sostanzialmente stabile.

Ma la vera differenza è data dal fatto che la Germania ha adottato da tempo una politica di controllo dei salari, di sostegno all’innovazione, di formazione professionale, di rapporti costruttivi tra scuola e imprese, di sostegni pubblici alle politiche commerciali all’estero: tutti elementi che hanno creato una forte competitività, non solo nell’ottica dei prezzi, ma soprattutto in quella della qualità. Non è un caso che l’industria automobilistica tedesca continui a mietere successi a tutti i livelli, mentre quella italiana è in continua frenata.

E peraltro la moneta unica ha accentuato queste differenze. Con le monete nazionali in queste condizioni il marco tedesco si sarebbe già da tempo apprezzato (e la lira italiana si sarebbe naturalmente svalutata) e questo avrebbe in teoria in qualche modo contribuito a riequilibrare a breve termine i rapporti di scambio tra i due paesi: ma dato che ormai dobbiamo fare i conti con un mercato globale le eventuali monete nazionali avrebbero penalizzato entrambi i paesi, facendo diminuire sia in Germania che in Italia le condizioni della propria competitività.

Bisogna comunque dire che il modello tedesco è tutt’altro che perfetto e che la Germania, che ha saputo trarre i massimi vantaggi dalla moneta unica, dovrebbe mettere a disposizione anche del resto d’Europa le proprie risorse finanziarie e questo a beneficio, a medio termine, anche della sua stessa economia. Per esempio aprendo la porta a quelle emissioni di eurobond per finanziare la realizzazione di infrastrutture con la garanzia europea, emissioni verso cui la Germania si è sempre opposta per evitare che ai debiti pubblici nazionali si aggiungesse gradualmente anche un debito pubblico europeo.

Ma il vero problema è che gli altri paesi non sembrano muoversi nella direzione di un rilancio delle rispettive economie. Basti pensare all’Italia dove i sindacati bloccano il Paese e scendono in piazza per protestare contro una legge finanziaria che non c’è e dove tutti si affannano a proporre nuove tasse perché nessuno riesce a ridurre la spesa. Un classico esempio di politica alla rovescia.