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CIALTRONATE

Francesco, le foglie di coca e le sniffate di Libero

La religione è l’oppio dei popoli strologava l’infuriato Marx che di droghe e surrogati stupefacenti ne ha spacciati a tonnellate. Duecento anni dopo, un tipo come Filippo Facci, scrittore e giornalista dalla mano destra, riaggiorna la baggianata del Karletto di Treviri: al posto del papavero le foglie di coca.

Ecclesia 01_07_2015
Morales con Papa Francesco

La religione è l’oppio dei popoli strologava l’infuriato Marx che di droghe e surrogati stupefacenti ne ha spacciati a tonnellate. Duecento anni dopo, un tipo come Filippo Facci, scrittore e giornalista dalla mano destra, riaggiorna la baggianata del Karletto di Treviri: al posto del papavero le foglie di coca. Nuovo oppio dei popoli coltivato dal Vaticano per turlipinare schiere di deficienti e poveri creduloni con le pezze sul didietro. Una stupefacente minchiata in polvere che il Facci sparge con la furia di un narcos su Libero. Già noto ai lettori per sue estemporanee cialtronate anti papali e anti cattoliche, quando non scrive di toghe rosse e malagiustizia, il Filippino di Libero si improvvisa volentieri teologo: ieri ci ha sciroppato mezza pagina per commentare e condannare la notizia che Francesco masticherà foglie di coca insieme al presidente Evo Morales in occasione della sua visita in Boilvia.

Vero o falso, al libero reporter non gliene può fregare di meno. Ma non può certo lasciar passare il fatto che qualcuno, forse cippirimerlato dall’annunciata ruminazione papale, pensi chi sono io per giudicare chi mastica coca al posto del mezzo toscano. Così, Onu e statistiche alla mano, la première griffe avverte che chi mangia la foglia (di coca) non è tanto furbo e non campa affatto cent’anni. Diventa uno zombi istupidito «torpido, apatico, zitto e immobile per ore, privo di interesse e di iniziativa». Per arrivare poi al dunque, al domandone retorico che don Filippo aveva sulla punta della penna fin dall’inizio: «è forse questo il fedele che interessa al Papa?» Eccolo qui il Karl Philippe che rigurgita e risputa la vecchia panzana della fallita ditta Marx & Engels: la religione è la coca dei poveri. Qualcuno dell’ufficio marketing dovrebbe avvertire il direttore Belpietro che almeno la metà di quelli che acquistano il suo giornale hanno il santino del Papa calamitato sul frigorifero accanto a quello di Feltri. Veda un po’ lui. Facci non è religioso, eppure a guardarlo bene in faccia nei suoi selfie steso a mo’ di schiavo sotto i tacchi di Selvaggia Lucarelli, viene il sospetto che di quell’oppio dei popoli ne faccia abbondantemente uso nella pausa pranzo.

Che dietro il fogliame cocalero e la polvere delle argomentazioni proibizioniste volesse colpire Bergoglio e la sua azienda ecclesiale, la nostra Facci tosta non lo nega affatto, anzi se ne vanta. Se davvero Francesco facesse la sua ruminata insieme al presidente bolivar, lui sarebbe felicissimo, Perché, confessa, «i peggiori pregiudizi sul ruolo del cristianesimo troverebbero la peggiore delle conferme». Di questi «peggiori pregiudizi», lo scrittore Facci è il migliore degli interpreti e insieme la «peggiore delle conferme». Come quando scrive che una masticata di coca è cosa da niente a confronto dei «danni incalcolabili che questo Papa sta facendo alla Chiesa che dovrebbe comandare, questione», precisa Facci, «che può rendere soltanto lieti gli anticlericali come lo scrivente: verrà il giorno in cui il Papa – questo Papa - urlerà gimme five e dichiarerà che il papato è inutile». Quel giorno, c’è da scommetterci, Filippone sarà in piazza San Pietro a ballare a seno nudo con le Femen. Ok, ora non ci sono dubbi: qui c’è di mezzo qualcosa di più “pesante” di qualche fogliolina di coca.