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IL CASO

Francesco e i gay, parole già scritte (tre anni fa)

Bergoglio sostiene da anni la necessità di un riconoscimento legale delle convivenze omosex. Per esempio, nel libro-intervista Politique et Société del 2017 manifestava a Dominique Wolton l’esigenza di «chiamare l’unione tra persone dello stesso sesso “unione civile”». Ma le parole rese pubbliche con il documentario di Afineevsky fanno venire alla mente la freddezza verso il Family Day del 2016

Ecclesia 23_10_2020

Il 21 ottobre 2020 passerà alla storia come la data in cui la Chiesa cattolica, attraverso il suo massimo rappresentante, ha ufficializzato il cambiamento epocale delle tradizionali posizioni nel delicatissimo ambito delle convivenze omosessuali. La notizia che esplode come una bomba e viene fatta circolare riguarda le seguenti affermazioni di Bergoglio: «Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile (sinonimo di unione civile, ndr). Hanno diritto a essere protetti legalmente. Io ho difeso questo».

L’ordigno deflagra a seguito della proiezione, in occasione della Festa del Cinema di Roma, del documentario intitolato Francesco, prodotto dal regista ebreo e ateo Evgeny Afineevsky.

Molti, soprattutto nel mondo cattolico, si sono stupiti delle dichiarazioni contenute nel documentario. In realtà, esse rappresentano semplicemente la conferma di posizioni già evidenziate nel passato. Il fatto è che il Papa argentino parla con una frequenza e velocità cui è difficile star dietro.

Prendiamo il tema delle unioni civili. In realtà, Bergoglio da anni sostiene la necessità di un riconoscimento legale delle convivenze omosex. Ricordo, ad esempio, di aver letto il libro-intervista intitolato Politique et Société del 2017, in cui Francesco già evidenziava al sociologo francese Dominique Wolton l’esigenza di «chiamare l’unione tra persone dello stesso sesso “unione civile”». Il libro fu tradotto e pubblicato in italiano l’anno dopo con il titolo Dio è un poeta. Un dialogo inedito sulla politica e la società, Edizioni Rizzoli. Da tre anni Bergoglio batte su questo tasto.

Certo, l’affermazione fatta da Bergoglio nel documentario di Afineevsky di «aver difeso» tale riconoscimento getta un sospetto inquietante sul fatto che Nunzio Galantino, nelle sue trame con la senatrice Monica Cirinnà per l’approvazione della legge sulle unioni civili in Italia, avesse agito sulla base di un autorevolissimo mandato. E dimostrerebbe, inoltre, l’incomprensibile freddezza vaticana nei confronti del Family Day tenutosi a Roma il 31 gennaio 2016, proprio contro quella legge.

Il fatto è che con le dichiarazioni pubblicate nel libro di Dominique Wolton e quelle contenute nel documentario di Afineevsky, Bergoglio si è posto in una linea di netto contrasto con il Magistero e con quel “depositum fidei” che egli sarebbe tenuto a custodire e consegnare al successore. Basterebbe il documento intitolato Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, redatto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 3 giugno 2003, per dimostrare come le parole di Bergoglio siano in rotta di collisione con la Tradizione e il Magistero. La cosa sconvolgente è che la gente se ne accorga oggi. Sconvolgente ma non casuale. Perché far esplodere il caso proprio ora con posizioni che risalgono anche a tre-quattro anni fa? La ragione è semplice: i tempi sono maturi. Non è un caso, infatti, che proprio in questo mese l’agenda globalista stia insistendo a livello mondiale sullo sdoganamento dell’ideologia omosessualista, sull’introduzione di leggi che contrastino la cosiddetta “omofobia”, sul “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, sull’adozione delle coppie gay, e via dicendo.

In Italia lo sappiamo molto bene, visto che proprio nei prossimi giorni si discuterà alla Camera dei deputati la cosiddetta proposta di legge Zan in tema di omotransfobia. Il documentario di Afineevsky è capitato proprio a fagiolo. Una ghiotta occasione presa al volo dallo stesso promotore della citata legge, Alessandro Zan: «Le parole di Bergoglio sulle unioni civili riconoscono il diritto delle persone Lgbt alla vita familiare e aiutano il contrasto all’odio e alle discriminazioni. È compito del legislatore combattere questi fenomeni violenti: ora acceleriamo su legge contro omotransfobia».  Un’occasione che non poteva certo farsi sfuggire neppure la galantiniana Monica Cirinnà: «Dal Papa parole rivoluzionarie su unioni tra persone omosessuali. Importanti per credenti Lgbt, di ispirazione per i laici. Fratellanza, solidarietà ed eguaglianza attraversano i confini di culture e religioni». Ne ha approfittato pure la cattolicissima Maria Elena Boschi, che si vanta di essere stata chierichetta e guida scout: «Quattro anni fa abbiamo portato a casa la legge sulle unioni civili. Ricordo le polemiche di una parte del mondo cattolico contro di noi, tra cui striscioni polemici del Family day: “Renzi, ci ricorderemo”. Quattro anni dopo portiamo a casa il Family Act mentre Papa Francesco difende le leggi sulle unioni civili. Chissà che cosa si ricordano adesso quelli che allora contestavano. In ogni caso fare politica significa sempre difendere la laicità delle istituzioni. Come diceva il Vangelo di domenica scorsa? Date a Cesare quello che è di Cesare».

La gara a strumentalizzare il documentario Francesco è riuscita persino a far risorgere l’ormai dimenticata ex presidente della Camera, Laura Boldrini, ancora fieramente comunista: «Belle le parole di Papa Francesco sulle unioni civili omosessuali. È il riconoscimento del diritto di ogni persona ad amare senza paura e senza essere bersaglio d’odio. Per questo è importante approvare subito la legge contro l’omotransfobia e la misoginia».

Non si tratta, però, soltanto di una questione italiana. Sono reduce da un recente tour di conferenze che ho tenuto a Malta e ho potuto constatare che anche lì l’attualità politica è oggi focalizzata su una proposta di legge denominata “Equality Bill”, che con la scusa di combattere la discriminazione nei confronti degli omosessuali e transessuali mira sostanzialmente a mettere un bavaglio alla libertà religiosa dei cristiani. Sabato prossimo, 24 ottobre, terrò una conferenza in via telematica al 103° Congresso nazionale della Unión Nacional de Padres de Familia (UNPF), la più antica organizzazione a tutela della famiglia del Messico (fondata nel 1917), e il tema sarà: Ideologia di genere vs famiglia. Anche in Messico (come del resto in tutta l’America Latina) proprio in questi giorni l’attualità è data dai tentativi di imporre, attraverso la legge, una vera e propria colonizzazione ideologica omosessualista, come in Italia, a Malta e in molti altri Paesi. Come si vede si tratta di un’operazione transcontinentale abilmente orchestrata da una regia mondialista. Il caso non esiste.