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STORIE DI VITA

Francesca, sì alla vita anche senza il padre

Avevano deciso in due di tenere il bambino, poi lui torna in Egitto. E lei resta sola, il desiderio di avere il bambino, ma si sente di peso. Ed ecco il nostro piccolo aiuto, il segno di una compagnia che sostiene nella vita.

Editoriali 05_04_2014
Mamma

Sto telefonando per mantenere vive le pubbliche relazioni e vengono ad avvisarmi che una persona mi aspetta. Evidentemente un colloquio! «È una persona che hai già incontrato, ma afferma che ha bisogno di parlare ancora con te». Strano, penso tra me, chiudendo il telefono; al CAV, infatti,  di solito non succede così. Le cose sono organizzate in questo modo: all’interno della Mangiagalli, noi operatori, consulenti familiari e psicologi, incontriamo le donne al primo trimestre di gravidanza per svolgere un colloquio di counseling umanistico-esistenziale che metta a disposizione uno spazio e un tempo per potersi raccontare.

In cuor nostro speriamo sempre che la signora incontrata decida di proseguire la gravidanza. In questo caso  mettiamo in campo degli aiuti perché possa continuare almeno a vivere, nonostante l’eventuale licenziamento, poiché gravida. Ci sarà, a quel punto, un invio a un altro operatore per la prosecuzione della gravidanza stessa. Questo secondo momento avviene nella sede del nostro consultorio familiare “Genitori Oggi”, ancora in via della Commenda ma al 37, dove gli operatori svolgeranno con l’utente un lavoro di tipo psico-pedagogico per accompagnare le madri nel difficile compito di diventare genitore.

Con me e con altri due operatori, dunque, le donne affrontano solo il colloquio di riflessione per l’accettazione della loro gravidanza. L’incontro si conclude, in caso positivo, con un progetto che dichiara la nostra intenzione di aiutarle in tutto ciò che risulterà necessario per loro, personalizzando al massimo l’intervento. Ecco, perciò, la mia sorpresa nel sentirmi dire che Francesca aveva già parlato con me e che voleva rivedermi.

Entra, mi saluta cordialmente e annuncia che c’è stato un cambiamento importante, quanto inatteso. Percepisco che tutto si è capovolto. Uno stringimento del mio stomaco, l’ansia di sentirmi dire che rinuncia alla vita del figlio; poi il racconto. «E’ successa una brutta cosa - dichiara con una certa sofferenza - Omar (il padre del bambino che per fortuna ancora porta in grembo) mi ha lasciato ed è in partenza per il suo Paese».

Mi torna subito in mente l’altro colloquio al quale erano venuti in coppia. Dei due, la persona più convinta del fatto che quel bambino dovesse nascere, era proprio lui. Spiegava a Francesca che dentro di lei c’era un bambino, che era il loro bambino, nato dal loro amore. Lui non voleva rinunciarvi e immaginava un futuro di famiglia felice.

«I suoi progetti ora sono completamente cambiati.  Non intende mantenere nessuna relazione con me.  Mi ha detto – prosegue Francesca – che del bambino non gliene importa niente e che io faccia quello che voglio, visto che lui non ci sarà. Probabilmente, non ha avuto il coraggio di dirmelo, la sua famiglia, in Egitto, gli ha trovato una ragazza per moglie e lui non se la sente di andare contro il volere dei suoi».

Mi viene da pensare agli antichi proverbi della nostra cultura contadina. Al di là di tutto, comunque, quanto contano le tradizioni e quanto è forte il legame sotterraneo con la famiglia d’origine!

«E lei, Francesca?», chiedo trasecolata. Con un po’ di magone risponde che per fortuna la sua mamma l’ha ripresa in casa. Le ha promesso di occuparsi di lei. «Qui c’è posto per te e per il tuo bambino». Si commuove, Francesca, pensando alle parole affettuose della mamma. «Vorrei, però, non sentirmi di peso!», aggiunge preoccupata.

L’accoglienza non è una parola astratta e, per supportare Francesca, ecco la nostra proposta di aiuto: «Potremmo, Francesca, offrirle un contributo mensile per le spese necessarie a lei e al piccolo, la ‘borsa della spesa’ piuttosto rigonfia, il corredino e il passeggino, i pannolini fino al primo compleanno del bimbo. Che cosa ne dice?».

Il viso della giovane mamma si illumina: «E’ davvero ciò che mi serve per essere più serena, nonostante tutto. So che al mio bambino fanno male le emozioni negative e vorrei che crescesse bene! Supportata così, mi accarezzerò la pancia con più gioia e so che arriverà anche a lui».

Si tratta di un altro “sì” alla vita. Tutto ciò mi rende felice e penso alla forza della solidarietà: insieme a questi piccoli aiuti sta il desiderio di condividere. Le donne sentono che il nostro sussidio non le farà di certo arricchire ma che ha il sapore dell’accoglienza, quella a tutto tondo, capace di infondere coraggio.

Ma fino a quando potremo fare doni anche se minimi? Eppure è indispensabile qualche piccolo aiuto per continuare a far nascere la vita!