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LIBERTÀ RELIGIOSA

Fra' Pizzaballa: «Aiutate i cristiani in Siria»

Allarme del Custode di Terra Santa:
«Oggi si sente il peso dell'embargo, ma i cristiani hanno paura per
il futuro, che diventi un nuovo Iraq».

Attualità 21_02_2012
Siria
“La situazione in Siria e Medio Oriente è molto deteriorata, potrebbe esplodere in ogni momento. Ma l’unica cosa da non fare ora è un intervento militare, di qualsiasi tipo e in qualsiasi punto della regione”. A parlare così è il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, con cui parliamo al telefono dopo aver ricevuto il suo appello per aiutare i cristiani in Siria, dove la Custodia è presente nelle principali città. Damasco, Aleppo, Lattakiah, Oronte: i dispensari medici dei conventi francescani, secondo la tradizione della Custodia, diventano luogo di rifugio e accoglienza per tutti, senza alcuna differenza fra etnie di alawiti, sunniti, cristiani o ribelli e governativi.

Padre Pizzaballa, la situazione in Siria è sempre più grave, cosa accade ai cristiani?
La Siria è sempre stato un paese molto ospitale, dove le relazioni tra i diversi gruppi etnici e religiosi sono state abbastanza sereni. I cristiani hanno sempre avuto buone relazioni e al momento non si può dire che ci siano delle iniziative intenzionali contro i cristiani in quanto tali. Episodi di minacce e slogan anti cristiani sono stati finora sporadici. Ma c’è un forte disagio per l’attuale situazione e paura per il futuro. Oggi il problema, di tutti, è soprattutto economico, tante aziende hanno chiuso i battenti, l’industria del turismo è stata azzerata, i produttori agricoli sono in grave difficoltà. L’embargo internazionale impedisce ogni possibilità di esportazione e i prezzi sono crollati. Sono colpite soprattutto le fasce più deboli, che subiscono la mancanza di approvvigionamento energetico e di acqua. Nelle grandi città la corrente elettrica manca per diverse ore ogni giorno, se non del tutto; il gasolio è razionato. Tutto ciò crea enormi disagi alla popolazione, costretta ad affrontare le temperature invernali senza possibilità di riscaldarsi.
Ma per i cristiani c’è soprattutto paura per il futuro, per quello che potrà accadere. Si teme che vada a finire come in Iraq, dove i cristiani sono diventati oggetto di violenze e attentati.

E’ vero che è in atto una fuga dei cristiani?
Il numero dei cristiani è generalmente in calo in tutto il Medio oriente, quindi anche in Siria. Ovviamente questa situazione di paura sta incentivando la fuga. Ma non tutti, è soprattutto il ceto medio a cercare altrove prospettive per il futuro, soprattutto i giovani.

In Italia e in Europa i media tendono a semplificare il conflitto siriano, come la repressione di Assad contro un movimento che invoca democrazia e libertà. Ma davvero si può semplificare in questo modo?
No, la situazione è molto più complessa. Certamente Assad ha delle responsabilità oggettive, il suo regime è chiaramente oppressivo. Ma il movimento interno di opposizione è molto frastagliato, si va da movimenti laici a gruppi fondamentalisti. C’è sì da parte di alcuni anche un desiderio di maggiore libertà, ma c’è anche un aspetto religioso-sociale: i sunniti, che sono la stragrande maggioranza della popolazione, sono contro gli sciiti. Il regime di Assad, seppure laico, è composto dagli alawiti, che sono una minoranza derivata dagli sciiti.
 
Poi ci sono le implicazioni internazionali…
La Siria è un po’ la cartina di tornasole della situazione in Medio Oriente, sono coinvolti i paesi vicini e le grandi potenze. C’è di mezzo l’Iran, l’Hezbollah, Israele al confine sud, gli Emirati arabi. E anche Russia e Cina che hanno i loro agganci. La Siria è un po’ il crocevia dove tutti questi interessi si incontrano e si scontrano.

Nello scontro interno alla Siria, come si collocano i cristiani?
Con il regime di Assad, che è laico, tutte le religioni hanno avuto pari diritti, i cristiani hanno avuto piena cittadinanza: questo è stato molto buono e sono coscienti di questo. Ma il loro problema non è essere pro o contro Assad, è piuttosto la preoccupazione per il futuro. Da una situazione di relativa tranquillità sociale hanno paura che si vada a finire come in Iraq, con i cristiani presi di mira.

Abbiamo visto che in altri paesi – come Egitto e Tunisia – le rivolte sono finite con vittorie elettorali degli islamisti. E qualcuno sostiene che anche in Siria siano loro a soffiare sul fuoco.
Non credo che questo cambiamento, questa rivoluzione – non so come chiamarla – nei paesi arabi sia stata iniziata dai Fratelli Musulmani, piuttosto loro hanno approfittato della situazione. Considerata la situazione però è inevitabile che i Fratelli Musulmani vadano al governo, questi paesi non hanno alternative, non ci sono altre forme di opposizione interna. Bisogna chiedersi se saranno movimenti islamici moderati o più fondamentalisti, ma che siano movimenti islamici mi sembra inevitabile.

Se, come lei diceva, la Siria è la cartina di tornasole del Medio Oriente si deve dire che nella regione la situazione non induce all’ottimismo..
In generale la situazione in Medio Oriente è piuttosto deteriorata, è molto pesante. Mi auguro che non esploda, sarebbe una tragedia. Però un’esplosione è possibile, se le cose non si ricompongono in tempi brevi.

Quali sono i maggiori pericoli che vede?
Credo che si debba in ogni caso evitare un intervento armato di qualsiasi genere in qualsiasi parte della regione. L’uso delle armi sarebbe come gettare il fiammifero sulla benzina. Si deve fare di tutto per trovare delle soluzioni politiche, ma in questo momento sembra molto difficile e non sono in grado di fare alcuna previsione.

Crede che ci sia il rischio di un intervento internazionale in Siria?
Non credo che ci sia alcun paese esterno seriamente disposto a intervenire in Siria, è un ginepraio da cui sarebbe molto difficile uscire, l’esperienza di Iraq e Afghanistan dovrebbe insegnare.

E la tensione tra Israele e Iran?
La situazione sembra sempre lì lì per esplodere e poi si ferma. All’interno di Israele e tra Israele e Stati Uniti ci sono opinioni molto diverse, spero che prevalga il buon senso.

E voi della Custodia di Terra Santa cosa ritenete foindamentale?
Non c’è molto da fare: restare qui, stare con la gente, aiutare, sostenere, incoraggiare, evitare di entrare in questioni politiche, altrimenti non se ne esce più. La nostra gente ha bisogno di percepire una presenza stabile, serena, solida. Aiutare la dove è possibile con molta serenità, con il senso delle proporzioni.

E alle Chiese europee cosa chiedete? Cosa possiamo fare per voi?
Sostegni concreti là dove è possibile,  certamente la preghiera. E poi parlarne, fare conoscere la situazione. E’ importante che anche la comunità internazionale prenda coscienza che in Medio Oriente ci sono anche i cristiani. Nelle analisi che si fanno si parla spesso di sunniti, sciiti, curdi, minoranze varie,  ma non si fa mai riferimento ai cristiani. Oltre che sostenere i fratelli in Siria è importante fare presente che ci sono anche loro.

Peraltro in tutto il Medio Oriente le comunità cristiane sono un importante fattore di dialogo tra le diverse comunità.
La presenza cristiana aiuta il processo di pace perché i cristiani non hanno né rivendicazioni territoriali né politiche. Sono una presenza che è parte integrante di questa terra, con una grandissima e importantissima tradizione culturale e religiosa, e possono sicuramente dare il loro contributo specifico per lo sviluppo di questi paesi.