Foti assolto. Perché il "processo Bibbiano" è diverso
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L'assoluzione dello psicoterapeuta Foti nell'ambito del processo Angeli e Demoni ha scatenato una reazione emotiva politica volta a negare del tutto l'esistenza del Sistema Bibbiano. Ma la vicenda processuale di Foti è diversa dal dibattimento in corso che vede alla sbarra 17 imputati. E qui le prove si stanno formando con testimoni e periti.
Ha destato sorpresa la decisione della Corte di appello di Bologna di assolvere dalle accuse Claudio Foti, psicoterapeuta coinvolto nell’Inchiesta Angeli e Demoni di cui si sta celebrando in questi giorni a Reggio Emilia il processo.
In attesa delle motivazioni della sentenza, che hanno prosciolto Foti dall’accusa di abuso d’ufficio e lesioni personali, il livello delle reazioni è apparso essere eccessivamente emotivo. Come si parlava di un Sistema Bibbiano, ora, dopo il proscioglimento di Foti, sul quale la Procura di Reggio può giocare comunque ancora la carta del ricorso in Cassazione, le reazioni di molti esponenti della politica, soprattutto Pd, puntano a dire che non c’è un Sistema Bibbiano e che la campagna politico-mediatica ingaggiata da 4 anni da partiti come Lega, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle, è stata una gogna.
Si assiste, insomma, a parti rovesciate al solito teatrino della politica che mistifica e strumentalizza vicende complesse come quella della maxinchiesta sul sistema Affidi in Val d’Enza che al momento sono soltanto nel loro stadio giudiziario.
Ed è rimanendo ad uno stadio meramente giudiziario che potremmo oggi inquadrare il fenomeno Bibbiano per tentare di rispondere alla domanda se sia esistito o no un sistema volto a strappare ai genitori in difficoltà i propri figli, inventando presunti abusi e facendo leva su questi per togliere loro la patria potestà.
La posta in gioco è legata al fatto che, assolto Foti, anche il processo degli altri possa avviarsi verso un nulla di fatto. È possibile questo parallelismo? Esiste davvero il timore che con l’uscita di scena di uno dei protagonisti dell’inchiesta, anche il grosso del processo possa risentirne fino a finire lungo un binario morto?
La verità è che allo stato attuale non c’è alcun elemento per dire che il Sistema Bibbiano non esista solo perché uno dei suoi accusati è stato prosciolto. Quello che però possiamo dire è che il processo che si sta svolgendo a Reggio Emilia in questi giorni e che vede alla sbarra 17 imputati di reati gravissimi, si va dal maltrattamento di minori alle lesioni gravi, dalla violenza privata alla tentata estorsione fino alla falsa testimonianza, peculato, frode processuale, depistaggio, falso in atto pubblico, truffa aggravata e abuso d’ufficio, è molto più articolato e corposo, rispetto alla singola vicenda processuale di Foti.
Questi, se da un lato aveva assunto il ruolo di “vittima sacrificale” di fronte all’opinione pubblica, aveva comunque una vicenda giudiziaria ben diversa da quella degli altri imputati. E non è una mera distinzione tecnica o di ritualità processuale. Avendo scelto il rito abbreviato, per Foti si è svolto un processo tecnicamente differente rispetto a quello che invece stanno subendo gli altri imputati, tra cui la moglie Nadia Bolognini oltre a Federica Anghinolfi, Francesco Monopoli e altri assistenti sociali.
E questa, ai fini anche dell’esito della formazione delle prove, può essere una distinzione sostanziale che fa guardare al processo Foti come ad un qualcosa di diverso rispetto al dibattimento in corso.
A dirlo sono gli stessi protagonisti delle udienze di Angeli e Demoni. Come l’avvocato Nicola Tria, che difende tre vittime all’epoca minori e relative famiglie e che alla Bussola ha spiegato perché il parallelismo tra le due vicende è forzato e per nulla automatico.
«La norma a cui ha fatto riferimento la Corte d’Appello è la “530, secondo comma”, vale a dire l’insufficienza o la contraddittorietà della prova – spiega il legale -. Il procedimento a carico di Foti è legato alle prove raccolte nelle indagini, avendo egli scelto l’abbreviato e chiesto di essere giudicato sulla base delle risultanze raccolte nelle indagini, è ovvio che invece nel dibattimento in corso, la prova si forma in contradditorio tra le parti e la piattaforma probatoria potrebbe anche essere in parte differente».
Dunque, a smorzare gli entusiasmi di molti circa una conseguenza dell’assoluzione Foti sul processo ordinario è proprio uno dei legali di alcune vittime, il quale tra l’altro è anche assessore a Reggio Emilia e pertanto difficilmente gli si potrebbe imputare una lettura di questi fatti “orientata politicamente” a favore di quei partiti che hanno sostenuto la tesi del “sistema”.
La considerazione di Tria è meramente tecnica, ma mostra perché il dibattimento in corso a Reggio sia diverso da quanto è accaduto a Foti. «Le prove nel dibattimento si stanno portando – prosegue -, ci sono testimoni, ci sono periti. Insomma, c’è un materiale probatorio diverso rispetto alla vicenda di Foti».
Sulla base di questa fotografia, come risulta prematuro dire che a Bibbiano erano tutti mostri, è altrettanto presto per affermare che in Val d’Enza non sia successo niente, con o senza la complicità degli amministratori del Pd. Il fatto ad esempio – ed è uno dei punti rimarcati dalla Procura di Reggio – che tutti i fascicoli aperti per abusi nei confronti dei genitori siano stati archiviati, rende gli affidi seguiti a queste inchieste del tutto insussistenti se non illeciti. Se per Foti sono mancate le prove grazie allo schema processuale legittimamente scelto, le prove a Reggio si stanno formando. E difficilmente si potrà non tenerne conto.