ENERGIA
«Fonti rinnovabili, un costo insostenibile»
Il Rapporto dell'Authority per l'Energia mette il dito nella piaga: alcuni suggerimenti drastici per evitare bollette stratosferiche.
Attualità
10_02_2011
Una grossa polemica è seguita al Rapporto annuale dell’Autorità per l’Energia che, a proposito delle fonti rinnovabili, ha messo in guardia dall’enormità degli incentivi dedicati a questo settore e che pesano come macigni sulle bollette degli italiani e lo faranno ancora di più in futuro. “Per le bollette degli italiani – dice l’Authority - si profila il rischio di una stangata rinnovabili per effetto di un sistema di incentivi, fra i più profittevoli al mondo con un impatto crescente in bolletta: dai 2,5 miliardi di euro del 2009 si è passati ai 3,4 del 2010 e nel 2011 potrebbe arrivare, in assenza di interventi, fino a 5,7 miliardi di euro”. In pratica, dal 2001 ad oggi gli italiani hanno pagato con le loro bollette qualcosa come 23 miliardi di euro per coprire gli incentivi alle fonti rinnovabili. Pur ritenendo importante lo sviluppo delle fonti rinnovabili l’Authority mette in guardia da una accelerazione - addirittura anticipando di 7 anni il raggiungimento di obiettivi già onerosi previsti per il 2020 in sede europea - che diventa fattore di squilibrio del mercato energetico con tanto di fenomeni speculativi.
Il Rapporto, che ha aperto un dibattito sulla politica energetica, è stato male accolto soprattutto dai movimenti ecologisti, COME Greenpeace, Legambiente e WWF che parlano di un “attacco” alle rinnovabili che ha lo scopo di favorire la scelta nucleare ma che mette a rischio gli obiettivi energetici stabiliti dall’Unione Europea.
Sull’argomento abbiamo chiesto una valutazione al professor Alberto Rota, docente al Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano e autore di diversi saggi sul tema delle fonti rinnovabili.
Il Rapporto, che ha aperto un dibattito sulla politica energetica, è stato male accolto soprattutto dai movimenti ecologisti, COME Greenpeace, Legambiente e WWF che parlano di un “attacco” alle rinnovabili che ha lo scopo di favorire la scelta nucleare ma che mette a rischio gli obiettivi energetici stabiliti dall’Unione Europea.
Sull’argomento abbiamo chiesto una valutazione al professor Alberto Rota, docente al Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano e autore di diversi saggi sul tema delle fonti rinnovabili.
Rimango sempre stupito quando notizie note da anni e più volte comunicate ed aggiornate, nell’indifferenza generale, balzano improvvisamente all’onore della cronica suscitando discussioni, spesso confuse, apparentemente senza alcun motivo specifico.
L’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (Aeeg) aveva più volte avvertito, la penultima volta lo scorso settembre, che il peso dell’incentivazione delle fonti energetiche rinnovabili (Fer) stava crescendo in modo eccessivo e avrebbe quindi gravato in misura molto significativa sul costo delle bollette elettriche; non ricordo reazioni particolari a questi ammonimenti salvo qualche rimbrotto, molto interessato, all’Aeeg accusata di essere ostile alle rinnovabili.
L’ultimo comunicato dell’Autorità in cui si dichiara che l’onere per gli incentivi, che è stato di 2,5 miliardi di € nel 2009 e di 3,4 nel 2010, salirà a 5,7 miliardi di € nel 2011 ha invece suscitato molte reazioni e commenti che però non mi pare preludano a proposte concrete.
Che i costi per il sostegno delle Fer potessero divergere è infatti noto da anni; già nel 2004 avevo avuto modo di spiegare perché ritenessi completamente errata la politica di incentivazione del solare fotovoltaico; qualche anno dopo l’università Bocconi evidenziava che, per realizzare il programma di sviluppo delle FER stilato nel 2007 dall’allora ministro Pecoraro Scanio, erano necessari investimenti per 85 miliardi ed incentivi per circa 140 miliardi di €; il tutto per generare il 23 % dell’energia rinnovabile che in base alla direttiva europea 28/09 l’Italia dovrà produrre nel 2020. Su questo fronte il cambio di governo non ha portato significativi miglioramenti. Le indicazioni del Piano di Azione Nazionale (Pan) del giugno 2010, se applicato integralmente, porterebbero a costi annui di incentivazione prossimi agli 11 miliardi di € annui con costi complessivi dell’ordine dei 180 miliardi di €, includendo i certificati verdi (Cv); considerando anche i costi pregressi e futuri del provvedimento cip 6 l’importo sale a 230 miliardi di €.
Per rigirare il coltello nella piaga si può aggiungere che questo sforzo ciclopico servirà per generare circa il 41% dell’energia da fonte rinnovabile necessaria nel 2020 e che il fotovoltaico, che assorbirà circa il 33% della somma totale, contribuirà all’energia prodotta per meno del 4%.
Perdipiù la situazione potrebbe peggiorare per due ragioni:
- vi sono già forti spinte per portare il limite della potenza fotovoltaica prevista dal Pan da 8000 a 16000 MW (1MW=1000kW) il che, anche in presenza di una riduzione degli incentivi, comporterebbe ulteriori costi stimabili in 2,5-2,8 miliardi di € annui e quindi più di 50 miliardi complessivi;
- le tariffe onnicomprensive per gli impianti di potenza inferiore a 1 MW sono estremamente remunerative e quindi il loro sviluppo potrebbe essere superiore alle attese e diventare nel seguito difficilmente controllabile.
Personalmente ritengo che questa spirale debba essere troncata entro il 2011 stabilendo che il limite di 8000 MW per il fotovoltaico è invalicabile e che per tutti gli impianti che non entreranno in servizio entro la fine dell’anno l’unica forma di incentivo saranno i CV che si sono dimostrati lo strumento più efficace con costi compresi tra gli 80 e 90 € per incentivare 1 MWh contro 180-200 €/MWh della tariffa onnicomprensiva e i circa i 400 €/ MWh del conto energia dedicato al fotovoltaico.
Anche in questa ipotesi, per altro estremamente improbabile, la situazione non sarà rose e fiori in quanto per la fine del 2011 avremo già speso o assunto impegni di spesa valutabili in 160 miliardi, Cip 6 incluso.
A fronte di una decisione così drastica, ma che ritengo indispensabile, gli oltranzisti delle Fer diranno che sarà impossibile rispettare l’obiettivo fissatoci dall’Europa di utilizzare per i nostri usi finali (calore, energia elettrica, carburanti) il 17% di energie rinnovabili.
Niente di più falso. Dato che, come detto, la Direttiva della Commissione fa riferimento agli usi finali, valutando allo stesso modo energia elettrica ed energia termica, si consideri che solo le biomasse legnose già disponibili, se utilizzate per produrre calore, potrebbero contribuire al raggiungimento dell’obiettivo per una quota variabile tra il 40 e il 60%; la geotermia a bassa temperatura ed il solare termico potrebbero fornire un apporto dell’ordine del 15% ed il contributo del biometano, utilizzato anche come carburante, potrebbe essere dell’ordine del 10%. Queste risorse, unite alle rinnovabili elettriche già oggi disponibili (idraulica, geotermica, eolica), consentirebbero di rispettare gli impegni internazionali con costi di incentivazione addirittura inferiori a quelli dei certificati verdi.
Se ci si pone l’obiettivo di risolvere i problemi senza mettere le mani nelle tasche degli italiani non vedo altre possibilità.
L’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (Aeeg) aveva più volte avvertito, la penultima volta lo scorso settembre, che il peso dell’incentivazione delle fonti energetiche rinnovabili (Fer) stava crescendo in modo eccessivo e avrebbe quindi gravato in misura molto significativa sul costo delle bollette elettriche; non ricordo reazioni particolari a questi ammonimenti salvo qualche rimbrotto, molto interessato, all’Aeeg accusata di essere ostile alle rinnovabili.
L’ultimo comunicato dell’Autorità in cui si dichiara che l’onere per gli incentivi, che è stato di 2,5 miliardi di € nel 2009 e di 3,4 nel 2010, salirà a 5,7 miliardi di € nel 2011 ha invece suscitato molte reazioni e commenti che però non mi pare preludano a proposte concrete.
Che i costi per il sostegno delle Fer potessero divergere è infatti noto da anni; già nel 2004 avevo avuto modo di spiegare perché ritenessi completamente errata la politica di incentivazione del solare fotovoltaico; qualche anno dopo l’università Bocconi evidenziava che, per realizzare il programma di sviluppo delle FER stilato nel 2007 dall’allora ministro Pecoraro Scanio, erano necessari investimenti per 85 miliardi ed incentivi per circa 140 miliardi di €; il tutto per generare il 23 % dell’energia rinnovabile che in base alla direttiva europea 28/09 l’Italia dovrà produrre nel 2020. Su questo fronte il cambio di governo non ha portato significativi miglioramenti. Le indicazioni del Piano di Azione Nazionale (Pan) del giugno 2010, se applicato integralmente, porterebbero a costi annui di incentivazione prossimi agli 11 miliardi di € annui con costi complessivi dell’ordine dei 180 miliardi di €, includendo i certificati verdi (Cv); considerando anche i costi pregressi e futuri del provvedimento cip 6 l’importo sale a 230 miliardi di €.
Per rigirare il coltello nella piaga si può aggiungere che questo sforzo ciclopico servirà per generare circa il 41% dell’energia da fonte rinnovabile necessaria nel 2020 e che il fotovoltaico, che assorbirà circa il 33% della somma totale, contribuirà all’energia prodotta per meno del 4%.
Perdipiù la situazione potrebbe peggiorare per due ragioni:
- vi sono già forti spinte per portare il limite della potenza fotovoltaica prevista dal Pan da 8000 a 16000 MW (1MW=1000kW) il che, anche in presenza di una riduzione degli incentivi, comporterebbe ulteriori costi stimabili in 2,5-2,8 miliardi di € annui e quindi più di 50 miliardi complessivi;
- le tariffe onnicomprensive per gli impianti di potenza inferiore a 1 MW sono estremamente remunerative e quindi il loro sviluppo potrebbe essere superiore alle attese e diventare nel seguito difficilmente controllabile.
Personalmente ritengo che questa spirale debba essere troncata entro il 2011 stabilendo che il limite di 8000 MW per il fotovoltaico è invalicabile e che per tutti gli impianti che non entreranno in servizio entro la fine dell’anno l’unica forma di incentivo saranno i CV che si sono dimostrati lo strumento più efficace con costi compresi tra gli 80 e 90 € per incentivare 1 MWh contro 180-200 €/MWh della tariffa onnicomprensiva e i circa i 400 €/ MWh del conto energia dedicato al fotovoltaico.
Anche in questa ipotesi, per altro estremamente improbabile, la situazione non sarà rose e fiori in quanto per la fine del 2011 avremo già speso o assunto impegni di spesa valutabili in 160 miliardi, Cip 6 incluso.
A fronte di una decisione così drastica, ma che ritengo indispensabile, gli oltranzisti delle Fer diranno che sarà impossibile rispettare l’obiettivo fissatoci dall’Europa di utilizzare per i nostri usi finali (calore, energia elettrica, carburanti) il 17% di energie rinnovabili.
Niente di più falso. Dato che, come detto, la Direttiva della Commissione fa riferimento agli usi finali, valutando allo stesso modo energia elettrica ed energia termica, si consideri che solo le biomasse legnose già disponibili, se utilizzate per produrre calore, potrebbero contribuire al raggiungimento dell’obiettivo per una quota variabile tra il 40 e il 60%; la geotermia a bassa temperatura ed il solare termico potrebbero fornire un apporto dell’ordine del 15% ed il contributo del biometano, utilizzato anche come carburante, potrebbe essere dell’ordine del 10%. Queste risorse, unite alle rinnovabili elettriche già oggi disponibili (idraulica, geotermica, eolica), consentirebbero di rispettare gli impegni internazionali con costi di incentivazione addirittura inferiori a quelli dei certificati verdi.
Se ci si pone l’obiettivo di risolvere i problemi senza mettere le mani nelle tasche degli italiani non vedo altre possibilità.