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ENERGIA

Fonti rinnovabili, poche e costose

Mentre ad aprile la bolletta dell'energia aumenta per le famiglie del 3,9% per incentivare le rinnovabili, la criminalità fa affari con eolico e fotovoltaico. 

Attualità 06_04_2011
fonti rinnovabili
E’ di qualche giorno fa la notizia di un ulteriore aumento, a partire dal mese di aprile – del 3,9%, un’enormità – della prossima bolletta della corrente elettrica. Sull’aumento, deciso dall’Autorità per l’Energia, pesa per lo 0,9% l’aumento dei prezzi internazionali dei combustibili. Per il resto, è stata una decisione del Governo, che così ha inteso beneficiare le imprese che producono energia elettrica da fonti rinnovabili.

Accantonato per un anno il progetto relativo al nucleare – senza considerare che quanto accaduto in Giappone depone a sfavore degli impianti obsoleti, non del fatto che questo tipo di energia sia la sola, autentica alternativa al petrolio – si decide quindi un aumento degli aiuti alle imprese, che salgono così a 4,9 miliardi l’anno. Come ha ben sottolineato Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera del 31 marzo scorso, rappresenta l’equivalente della manovra prodiana sul cuneo fiscale, un multiplo della social card del Governo attuale. Gli incentivi dureranno 20 anni. A moneta corrente, comporteranno un onere complessivo di almeno 48 miliardi. Sembra, però, che gli incentivi possano addirittura crescere, di qui a qualche tempo, fino a 6 miliardi l’anno. Lo chiedono gli industriali e le lobbies del fotovoltaico.

Qualche spunto di riflessione sul settore delle energie rinnovabili, forse è opportuno fornirlo, per amore della verità, perché in realtà siamo di fronte – insieme alla gestione dei rifiuti – ad uno dei più grandi business del ventunesimo secolo.

Da trent’anni, in una località di villeggiatura svizzera, a Davos, si svolge il “World Economic Forum”. E’ un Forum mondiale, che definisce le strategie delle grandi aziende e delle banche d’affari, rispetto alle decisioni da prendere ed agli investimenti da effettuare sulle energie rinnovabili. Tre anni fa, un sondaggio compiuto fra i top manager delle maggiori imprese europee, rivelò che per il 45% degli amministratori delegati, l'ambiente è diventato la preoccupazione numero uno ed ha il sopravvento sulla crescita economica. Il 60% si espresse dicendo che l'Europa dovrebbe affidare il suo futuro energetico a fonti rinnovabili come il sole, il vento, l'idrogeno. In un altro sondaggio, il 28% dei manager sentiti in centosedici paesi diversi, citò il cambiamento del clima come uno dei fattori di maggiore impatto sui valori azionari nei prossimi anni. E gli uffici studi delle banche d'affari internazionali hanno inserito come nuovo parametro di valutazione nella definizione dei rating di medio periodo le conseguenze che le catastrofi naturali possono causare sui conti di singole società o interi settori produttivi.

La "conversione verde" dell'establishment capitalistico globale ha molte cause. Pesano la pressione delle opinioni pubbliche, dei consumatori e dei movimenti ambientalisti, oltre che il volume di studi scientifici sui costi futuri del surriscaldamento climatico. Il collante che tiene uniti tutti questi elementi sembra essere il profitto. Ed è inevitabile che, sia a livello globale sia a livello nazionale, la mira del profitto  utilizzi – a volte consapevolmente, altre in modo inconsapevole – le organizzazioni criminali. 

Qualche settimana fa, il Presidente della Commissione Antimafia, ha ribadito l’interesse delle organizzazioni criminali sull’eolico e sul fotovoltaico in Puglia. “Un esempio – ha detto Pisanu - posso farlo tranquillamente, quello dell’accaparramento di terreni da parte della criminalità organizzata che poi li utilizza per impianti fotovoltaici o investendovi direttamente ovvero rivendendoli a società esterne. Stessa operazione in generale si verifica in Italia per l’eolico allorchè la criminalità organizzata riesce a ottenere le licenze, a impiantare le pale e poi a vendere chiavi in mano a grandi societa’, produttrici e distributrici di energia, gli impianti stessi”.

C’è quindi almeno da augurarsi che rispetto all’uso degli incentivi per le fonti rinnovabili – derivanti dall’aumento del prezzo di un bene irrinunciabile come l’energia - siano esercitati controlli severi e dovuti ai cittadini che dovranno versare dalle loro tasche quest’ulteriore gabella. Ci sarebbe anche da chiedersi quando si potrà sviluppare un dibattito serio, non più rinviabile, sul tema complessivo dell’energia cosiddetta pulita, che attualmente fornisce solo l’un per cento del fabbisogno di energia del pianeta e sembra essere fonte di benefici solo per pochi.