Fico in bus, la snobistica austerità del neofita
Il neo presidente della Camera Fico in bus è solo l'ultimo politico che cade nel tranello della snobistica austerità per sembrare "de noartri". Un entusiasmo da neofita, che piace ai comunisti radical chic ed è stato esasperato dal '68 portando all'eccesso l’egualitarismo e l’appiattimento al ribasso.
Verrebbe quasi facile la battuta: andare alla Camera in autobus fa fico. Ma non la diciamo, non essendo sicuri che faccia ridere. Sì, il nuovo presidente della Camera dei Deputati, il pentastellato Roberto Fico, è andato al suo primo giorno di lavoro dopo l’investitura usando il mezzo pubblico. E gli è andata bene che non c’era di mezzo il solito sciopero.
Gli va ancora bene che, per il momento, la sua faccia non è –ancora- così famosa da dover richiedere la scorta. Infatti, non sono questi i tempi in cui su certe cose si possa scherzare più di tanto. Anche papa Bergoglio, quand’era ancora arcivescovo di Buenos Aires, usava andare in autobus di linea. Oggi, del resto, va in giro con auto utilitarie e dimesse, porta scarpe normali e viaggia con la sua borsa di cuoio (o è di plastica? boh).
Per restare a Roma, Francesco Rutelli, quando ne era sindaco, girava in scooter (nelle foto la scorta, però, non si vedeva). Il sindaco Ignazio Marino, sempre a Roma, cavalcava biciclette (costringendo la scorta di vigili a imitarlo, un paio di ruote più indietro). Circola in rete una foto di Barack Obama seduto in un vagone della metropolitana: poiché il vagone è vuoto, c’è da sospettare che si tratti di una sceneggiata.
C’è da pensare che, lì per lì, si tratti dell’entusiasmo del neofita, il quale, assurto ad alta carica, si atteggia a «uno de noantri», a uomo del popolo che schiva i privilegi. La mente corre a Renzi, che inizialmente saliva al Quirinale viaggiando in Panda e poi finì con gli elicotteri di stato, e perfino a trovare Obama con un italico Air Force One fresco di (oneroso) acquisto.
Forse è meglio il leader muscolare, che si mostra nelle sue performances fisiche. Mao che attraversa a nuoto il Fiume Giallo. Putin a torso nudo e a cavallo, oppure avvinghiato all’avversario in un incontro di judo. Il Duce che guida personalmente l’aereo (che però non era un caccia militare: questo lo faceva lo Shah iraniano Reza Pahlevi). Certo, sono finiti i tempi in cui l’«immagine» esigeva il contrario. Il Re Sole, per esempio, sapeva bene che il popolo apprezzava lo sfarzo e la distanza, non certo il pauperismo di facciata.
Lo stesso valeva per le chiese: un poveraccio si sarebbe sentito a disagio a entrare in un edificio sacro che fosse lo specchio della miseria. Questa ce l’aveva già, e nella chiesa cercava, semmai, un’immagine diametralmente opposta, lo splendore di quel Paradiso a cui era chiamato. Poi finì il tempo dell’aristocrazia e cominciò quello dei borghesi, coi politici che andavano in Parlamento in carrozza. Infine, venne il tempo dei «proletari», col suo stile, e il papa dovette scendere dalla sedia gestatoria, vendere il Triregno, usare l’«io» al posto del «noi».
Il Sessantotto esasperò definitivamente l’egualitarismo e l’appiattimento al ribasso. Ora non c’è carica istituzionale che sia esente dalla minaccia di critica: «Chi ti credi di essere?». Così che i capi devono ostentare povertà e bassi profili, andando a piedi come tutti (anche se gli stipendi non sono certo da operaio).
Quando D’Alema, che pur era comunista, si mostrò pelle al vento e occhiali da sole alla guida della sua barca (eufemismo) Ikarus si scatenò un putiferio, perché la vela da diporto era considerato un sport da ricchi. Proprio i comunisti, si pensava, dovevano dare di sé un’immagine prolet. Solo che oggi i comunisti non ci sono più, sostituiti dai radical-chic. Così, oggi andare alla Camera in autobus di linea urbana è austero o è solo snob? All’Atac l’ardua sentenza…