Festeggiare uno 0,2. Retorica per la crescita che non c'è
I toni trionfalistici con i quali gli esponenti di punta del governo hanno accolto le recenti stime dell’Istat sulla crescita del prodotto interno lordo (Pil) appaiono alquanto fuori luogo. Usando una metafora calcistica, sarebbe come se una squadra speranzosa di lottare per lo scudetto si esaltasse per aver evitato la retrocessione.
I toni trionfalistici con i quali gli esponenti di punta del governo hanno accolto le recenti stime dell’Istat sulla crescita del prodotto interno lordo (Pil) appaiono alquanto fuori luogo. Usando una metafora calcistica, sarebbe come se una squadra speranzosa di lottare per lo scudetto si esaltasse per aver evitato la retrocessione. Le cifre riferite al nostro Paese, infatti, non inducono di certo all’ottimismo e non autorizzano a mettere lo champagne in ghiacciaia. Tutt’altro. L’impressione è che anzi il peggio sia dietro l’angolo.
Nel primo trimestre 2019 l’Italia, con una crescita del Pil pari allo 0,2%, è uscita dalla recessione in cui era entrata a fine 2018. E’ la stima preliminare dell’Istat che parla di "un moderato recupero che ha interrotto la debole discesa dell’attività registrata nei due trimestri precedenti". Nel complesso, l’ultimo anno si è caratterizzato come una fase di sostanziale ristagno del Pil, il cui livello risulta essere nel primo trimestre del 2019 pressoché invariato rispetto a quello di inizio del 2018. "La direzione intrapresa dal governo è quella giusta - ha subito commentato raggiante il vicepremier Luigi Di Maio - Andiamo avanti come un treno verso il cambiamento". Il ministro dell’Economia Giovanni Tria parla di "clima di cauto ottimismo" e aggiunge che questo dato "lascia intravedere che la previsione di crescita annuale dello 0,2% indicata nel Def possa essere raggiunta e anche superata se il contesto internazionale sarà moderatamente favorevole".
La crescita del Pil acquisita per il 2019 - che si otterrebbe se i prossimi tre trimestri si chiudessero con una variazione nulla - è pari a +0,1%. Da un confronto con i dati del primo trimestre 2008 - picco precedente la grande recessione - emerge che a 11 anni dall’inizio della crisi, in valori assoluti, il pil resta inferiore del 5% rispetto ai livelli pre-crisi. Dunque siamo ancora ben lontani dall’aver raggiunto un livello apprezzabile di crescita del prodotto interno lordo e continuiamo ad arrancare, nel senso che nessun governo degli ultimi anni ha impresso quella svolta in grado di farci recuperare il terreno perduto con la recessione di oltre dieci anni fa.
Nel primo trimestre 2019, secondo dati Eurostat sulla base delle performance comunicate dagli istituti di statistica nazionali, il Pil dell’Eurozona è salito dello 0,4% e quello della Ue-28 dello 0,5%, contro il +0,2 e +0,3% messi rispettivamente a segno nell’ultimo trimestre 2018. Rispetto allo stesso trimestre del 2018 il Pil è cresciuto di 1,2% nella zona euro e di 1,5% nella Ue-28, come nel trimestre precedente. La Spagna si conferma in forte crescita con un +0,7%. Rispetto allo stesso periodo del 2018 il pil è aumentato del 2,4%. La Francia invece registra un progresso dello 0,3% sul trimestre precedente e dell’1,1% sullo stesso periodo del 2018. Dunque anche in uno scenario comparato siamo perdenti e non abbiamo davvero nulla di cui rallegrarci.
Due giorni fa Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, in un'intervista al quotidiano Corriere della Sera, ha detto: "Passare dal segno meno al segno più va bene. Meglio di niente. Detto questo, se ci basta un più 0,2% del Pil nel primo trimestre dell'anno per metterci a esultare, è evidente la situazione economica in cui versa il paese". Ha continuato Bonomi: "La crescita tendenziale del Pil nell'anno è dello 0,1% contro una media dell'area euro del più 1,2%. La Francia è al +1%, la Spagna al 2,4%. Ecco, quando saremo almeno allineati alla Francia potremo esultare". Bonomi ha anche dichiarato: "Il governo diceva che Reddito di cittadinanza e Quota cento avrebbero fatto ripartire i consumi. Non ha funzionato. Istat spiega che il passaggio del pil al territorio positivo è stato ottenuto grazie alla domanda estera. Se vogliamo ripartire davvero, analizziamo con obiettività l'effetto delle misure".
Meno antigovernativo ma ugualmente scettico sulla situazione attuale del sistema Italia il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: "La grande sfida è la manovra di autunno, dove si devono trovare le risorse. È forse arrivato il momento di un bagno di realismo per il Paese". Ma se è comprensibile che Lega e Cinque Stelle mettano la polvere sotto il tappeto almeno fino al 26 maggio per non perdere voti alle europee e alle amministrative, è altrettanto evidente che le opposizioni non possono stare a guardare. L'eurodeputato del Pd e presidente della Commissione Affari Economici e Monetari, Roberto Gualtieri, ha commentato così le stime dell’Istat: "Dati che fotografano un Paese immobile, o meglio immobilizzato dalle politiche di questo esecutivo che, oltre a litigare e dividersi su tutto, è riuscito a far crollare gli investimenti, a far crescere lo spread e a predisporre per dopo le elezioni una colossale stangata di tagli e tasse di cui faranno le spese tutti gli italiani".
Non meno drastiche le valutazioni dell’altra opposizione, quella di centrodestra: "L'Italia resta il fanalino di coda dell'Europa per livello di crescita - rileva il deputato di Forza Italia Renato Brunetta - l'Italia è ferma, mentre il resto dell'Europa torna a crescere". Insomma, c’è poco da stare allegri. E’ assai probabile che dopo il voto del 26 maggio inizi un’altra partita piena di incognite e di rischi per il sistema Italia.