Fernández toglie ogni dubbio: la rivoluzione è alle porte
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Il neo-prefetto della Dottrina della fede mescola rassicurazioni e anticipazioni del nuovo corso. Per ora l'unica sicurezza è che reinterpreterà la dottrina nel modo stesso in cui intende guidare il dicastero: «a modo mio».
In una intervista pubblicata ieri da InfoVaticana, il nuovo prefetto per la Dottrina della fede ha già chiarito molte cose del suo prossimo operato nel palazzo del Sant’Uffizio: attuerà la benedizione delle coppie omosessuali in chiesa, spera che dal sinodo tedesco arrivi qualche eresia da utilizzare per progredire nella fede, la dottrina non si tocca ma si reinterpreta, la conduzione del Dicastero avverrà «a modo mio», ossia a modo suo.
Ancora a La Plata (saluterà la diocesi in una celebrazione eucaristica il 5 agosto) il vescovo Victor Fernández concede già la sua prima intervista da prefetto. Lo scopo è rassicurare e smorzare i toni, ma l’effetto è esattamente il contrario, esacerbarli e togliere ogni ragionevole dubbio sulla rivoluzione che ci aspetta. Intervistato dal quotidiano online spagnolo InfoVaticana, Fernández ha detto che il suo famoso libretto sul bacio non era che un tentativo pastorale di quando era giovane parroco, che il riferimento ai metodi immorali della Congregazione per la dottrina della fede nei tempi passati è dovuto alla sua convinzione che il male sia male in ogni caso, che la dottrina non si cambia e che il cardinale Ladaria, che lui ora sostituisce, ha guidato bene il dicastero.
Ha anche assicurato di essere contro l’aborto, ha ricordato di aver dedicato moltissimi dei suoi libri a parlare di Dio e di avere scritto anche «molti libretti di preghiere, o semplici catechismi». Ha rivendicato di avere i titoli per occupare il nuovo posto e di non dovere la sua carriera alla protezione di Francesco. Molte, fin troppe, le autodifese. L’obiettivo di sanare gli animi però non è riuscito e i molti mondi della Chiesa cattolica che sono perfino insorti dopo la notizia della sua nomina ora possono confermare le loro apprensioni.
InfoVaticana chiede subito cosa pensi della benedizione delle coppie omosessuali. Fernández risponde che queste relazioni non possono essere paragonate al matrimonio e quindi vanno evitate azioni che, adoperando le stesse parole, esprimano però qualcosa di diverso. E conclude: «Per questo penso che la massima cura che si debba avere sia quella di evitare riti o benedizioni che possano alimentare questa confusione. Ora, se una benedizione è data in modo tale da non causare quella confusione, dovrà essere analizzata e confermata».
Si tratta della nota tesi secondo cui la relazione omosessuale va accolta e disciplinata purché non la si confonda col matrimonio. Francesco ha già espresso questa posizione a proposito del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali da parte dello Stato, qui Fernandez applica il criterio alle benedizioni in chiesa. Ambedue fingono di non vedere che la relazione omosessuale è un disordine in sé, e quindi sbagliata, anche se non viene paragonata al matrimonio.
Il 15 marzo 2021 la Congregazione per la Dottrina della fede aveva pubblicato un Responsum, firmato dal prefetto Ladaria e dal segretario Morandi nel quale si vietava la prassi della benedizione delle coppie omosessuali, già ampiamente utilizzata in Belgio, in Germania e altrove. Il documento fu pubblicato dopo un considerevole braccio di ferro in Vaticano. Tutti sanno che il Papa era contrario. Alla fine, fu scelta la scappatoia di concludere il documento con una formula circa l’approvazione che non suonasse come una vera approvazione. Il Papa dava «il suo assenso» dopo essere «stato informato». Dopo questo triste fatto, monsignor Morandi, da non molto segretario del dicastero, fu “promosso” a vescovo di Reggio Emilia.
Ora la storia si chiude: ci saranno le benedizioni, il nuovo prefetto le vuole e anche il Papa le vuole. Staremo a vedere se le applicheranno i vescovi e i sacerdoti. Staremo a vedere se ci sarà resistenza. Il fatto è in ogni caso e fin da ora dirompente. È molto pesante che, immediatamente dopo la comunicazione della sua elezione, il nuovo prefetto si sia sentito in dovere di chiarire dove si andrà a finire.
Non poteva poi mancare la domanda sul sinodo tedesco. Qui Fernández si è districato abilmente. Dapprima se ne è tenuto fuori, sostenendo di essere stato occupato in altro in questo ultimo tempo. Poi ha detto che dovrà aggiornarsi sulla questione, infine ha concluso dicendo che «per ora devo dirvi che non credo che ci sia qualcosa di buono in questo movimento». Quel «per ora» lascia uno spiraglio aperto a possibili diverse valutazioni dopo l’aggiornamento necessario. Poi aggiunge: «Una volta il cardinale Ladaria mi disse che sperava ci fosse qualche eretico che ci costringesse ad approfondire la nostra fede». Qui lo spiraglio si allarga di molto e prefigura una possibile futura valutazione positiva delle eresie del sinodo tedesco che provocherebbero la riflessione e sarebbero utili al cammino della Chiesa. La posizione espressa è simile a quella del Papa: si dice di essere contrari, ma si lascia fare; quindi si approva.
Non poteva nemmeno mancare la domanda sulla dottrina della fede, dato il posto che Fernández occuperà. L’intervistatore chiede infatti se la dottrina debba essere riformulata o accolta così come essa ci è stata trasmessa. Ecco la prevedibile riposta: «La dottrina non cambia, perché è in fondo il mistero insondabile, meraviglioso e immutabile della Trinità espressa in Cristo. Tutto è lì e non può essere migliorato o modificato. Non c'è niente da aggiungere. Un'altra cosa è la nostra comprensione di quella dottrina, e che in effetti è cambiata e continuerà a cambiare. Ecco perché nella Dei Verbum si dice, ad esempio, che l'opera degli esegeti può maturare l'opinione della Chiesa». Siamo al solido sì … ma. L’interpretazione (ermeneutica) diventa fondativa di cosa sia la dottrina qui e oggi, e non solo esplicativa. Non solo gnoseologica ma ontologica direbbero i tecnici. Quindi la dottrina cambia.
Superata la prima impressione di una volontà di rassicurare, l’intervista risulta molto dura. Fernández per tre volte ribadisce che condurrà il dicastero «a modo mio», indicando con chiarezza indubitabile che la rivoluzione è alle porte.
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