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TERRORISMO

"Fare come a Londra", lo jihadismo a Venezia

Per una incomprensibile regola non scritta, l’Italia non è ancora mai stata colpita da attentati jihadisti. Questo non vuol dire, però, che il terrorismo abbia scelto deliberatamente di non colpirci. E lo dimostra l’arresto, ieri notte, di una possibile cellula jihadista kosovara a Venezia.

Cronaca 31_03_2017
Venezia, controlli di polizia

Per una incomprensibile regola non scritta, l’Italia non è ancora mai stata colpita da attentati jihadisti, nonostante sia ripetutamente minacciata nella propaganda dell’Isis. Roma, Bologna, Pisa e altre città storiche, infatti, compaiono di frequente nei video del Califfato negli ultimi tre anni. Ma ad essere colpite, finora sono altre metropoli dell’Europa occidentale. Questo non vuol dire, però, che il terrorismo dell’Isis abbia scelto deliberatamente di non colpirci. E lo dimostra l’arresto, ieri notte, di una possibile cellula jihadista kosovara a Venezia.

“Con Venezia guadagni subito il Paradiso, se metti una bomba a Rialto, per quanti miscredenti ci sono qua” è la frase intercettata che ha fatto più scalpore. Non è una “pistola fumante”, ma poco ci manca. E’ stata intercettata nelle conversazioni fra i tre uomini e un minorenne, finiti in manette dopo il blitz della polizia a Venezia. Il procuratore Adelchi d’Ippolito ha dichiarato: “Abbiamo controllato ogni loro rapporto, ogni loro contatto con il mondo esterno e siamo riusciti anche ad inserirci e controllare il loro mondo telematico e tutto quello che riuscivano a comunicarsi e ad indottrinarsi”. Sulla loro ideologia, il procuratore dice: “Da parte di tutti c’era una grande adesione all’ideologia dell’Isis e ai recenti attentati, in particolare quello a Londra del 22 marzo scorso che ha ricevuto grandi consensi e apprezzamenti”. Di fronte alla notizia della strage del ponte di Westminster, i quattro avevano manifestato l'intenzione di “fare qualcosa di simile anche a Venezia”. L’indagine era comunque partita un anno fa, quando uno degli indagati era rientrato da un viaggio in Siria dove pare abbia combattuto nelle file dell’Isis.

Il magistrato ha spiegato che si allenavano “per mantenere efficiente la forma fisica”. Guardavano i video “promozionali dell’Isis” nei quali venivano spiegate le “tecniche di aggressione” come si uccide con coltelli e quali sono le tecniche di lotta più efficaci. Ma anche video sulla costruzione di bombe. In alcuni intercettazioni gli indagati si mostravano impazienti di agire: “Non vedo l’ora di prestare giuramento ad Allah”. Non sono stati trovati esplosivi, però. La perquisizione ha portato al sequestro di alcune pistole, di cui ora si sta verificando l’efficienza. Come spiega il procuratore, l’elemento delle armi è “secondario”. Gli attentati di Nizza, Berlino, Londra, dimostrano come non servano armi per compiere una strage. Esplosivi e pistole, poi, possono essere procurati immediatamente prima della strage. Servono, invece, indottrinamento e addestramento. E quelli, a quanto risulta dalle indagini, c’erano eccome.

I vicini di casa sono cascati dalle nuvole. Come quasi sempre, nelle interviste dei condomini, la frase ricorrente è: “Erano brave persone” e “non davano nell’occhio”. “Facevano degli orari diversi dagli altri perché facevano i camerieri – dichiara a Venezia Today l’amministratore del loro condominio - non potevo immaginarmi qualcosa del genere. Anche perché non davano nell'occhio. L'affitto era intestato a una sola persona, tramite agenzia. Quindi non avevo grandi rapporti nemmeno da quel punto di vista”. Il titolare di un ristorante vicino li descrive al Mattino di Padova come giovani allegri, che non facevano pensare a nulla di male. Ultimamente, però, riferisce, “c'era un via-vai di persone nel loro appartamento. Una sera ne ho contati una quindicina, perché si erano fermati a chiacchierare proprio davanti all'entrata di servizio del mio locale”

Il Kosovo è una zona ad alto rischio di jihadismo: 300 i volontari partiti dal Kosovo per i fronti della guerra santa del Califfato, secondo le stime dell’Ispi. Ma i quattro giovani fermati erano persone insospettabili fino a ieri, avevano un regolare permesso di soggiorno, due lavoravano come camerieri. Non erano i classici barbuti coi baffi rasati e in mimetica desertica che vediamo nei servizi sull’Isis. Fra di loro c’è, appunto, un minorenne. Che fa pensare come possa, nel prossimo futuro, essere usata (in mala fede) la massa degli immigrati minorenni non accompagnati, più di 6500 dei quali sono “irreperibili”. Un vero esercito che potrebbe essere impiegato dai peggiori malintenzionati, come già puntualmente avviene su tutti i fronti del jihad, dalla Nigeria al Pakistan.