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IRAQ

Fallujah, sarà resa dei conti tra sciiti e sunniti

Su Falluja assediata dalle forze regolari, incombe non solo la minaccia dell’Isis, ma pure quella di una liberazione seguita da una sanguinosa resa di conti tra sciiti e sunniti. Gli imam sunniti hanno chiesto al governo di Baghdad di «impedire che gli sciiti entrino a Falluja perché in caso di violenze non si riuscirebbe a capire la differenza tra loro e i terroristi».  Già le violenze sciite contro i villaggi sunniti hanno fatto fallire il lavoro svolto fino a quel momento dall’esercito.

Esteri 31_05_2016
Truppe irachene a Falluja

Dopo dieci giorni di costante, ma cauto avvicinamento al centro della città la vera battaglia per Fallujah ha preso il via l’altra mattina quando i 5 mila uomini dei quattro reggimenti delle forze speciali anti terrorismo dell’esercito di Baghdad hanno iniziato a muovere verso il centro della città in mano allo Stato Islamico.

L’operazione “Breaking Terrorism”, tesa a liberare la città, ha mobilitato 45 mila militari e miliziani iracheni; oltre ai 5 mila uomini dei reparto scelti, vi sono altrettanti miliziani delle tribù sunnite di al-Anbar, 20.000 poliziotti e 15.000 combattenti delle milizie popolari sciite affiancati da consiglieri militari iraniani. L’operazione mantiene la costante ambiguità a cui ci ha abituato la “strana guerra” contri lo Stato Islamico. I jet della Coalizione e i consiglieri militari americani appoggiano le forze regolari di Baghdad, ma non le milizie scite sostenute dall’Iran, che peraltro avrebbero un ruolo rilevate considerato che i piani per la riconquista di Fallujah pare siano stati messi a punto dal generale Qassem Soleimani, il comandante della Forza al-Quds dei pasdaran iraniani che nei giorni corsi ha ispezionato le truppe al fianco dell’ex premier iracheno Nouri al-Maliki.

Le operazioni di accerchiamento della città si sono concluse domenica e il portavoce del ministero della Difesa iracheno, il generale Rasool Yahya, ha detto che la prima fase dell’operazione per liberare Falluja è stata completata: «Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo». L'esercito iracheno ha bloccato gruppi di miliziani dello Stato islamico che stavano tentando di fuggire dalla città utilizzando barche lungo il fiume Eufrate. Solo pochi civili sono però riusciti a fuggire da Fallujah lungo i corridoi umanitari lasciati aperti dall’esercito di Baghdad. «La situazione all’interno della città si sta aggravando di giorno in giorno», ha dichiarato Narsuflahi, direttore del Consiglio norvegese per i rifugiati in Iraq. Da più parti si dice che l’Isis obblighi i civili a restare a Fallujah per farsene scudo ma vi sono almeno altri due elementi da valutare. 

Negli ultimi due anni e mezzo chi ha voluto fuggire dalla città per sottrarsi al dominio del'Isis avrebbe potuto farlo e non è escluso che gran parte della popolazione locale sostenga i jihadisti o comunque li preferisca al governo scita di Baghdad. Inoltre, a Fallujah vi sono i famigliari dei miliziani della guarnigione, stimata intorno a un migliaio di combattenti il cui compito evidente mente non è vincere respingendo l’offensiva di forze 45 volte superiori ma probabilmente solo di rallentare il nemico facendo pagare un pesante prezzo di sangue alle forze irachene con trappole esplosive, imboscate e kamikaze per poi fuggire dalla città mischiandosi ai civili.

Le milizie sciite hanno scoperto una rete di tunnel usati dall’Isis che «uniscono la periferia al centro, usati per spostarsi rapidamente tra le posizioni» e senza essere visibili dalla ricognizione aerea. Tattiche già adottate l’anno scorso a Tikrit, città natale di Saddam Hussein, dove del resto il massiccio impiego delle milizie scite ha determinato feroci rappresaglie sulla popolazione sunnita che in gran parte non è rientrata alle proprie case. Non a caso a Fallujah gli ordini prevedono che le milizie scite cedano subito il controllo di quartieri villaggi liberati dalla presenza dell’Isis alle forze regolari, per lo più alla polizia la cui massiccia presenza dovrebbe servire proprio a evitare saccheggi, vendette e violenze sulla popolazione.

Nel corso di una conferenza stampa tenuta nella città curda di Erbil, gli imam sunniti hanno chiesto al governo di Baghdad di «impedire che gli sciiti entrino a Falluja perché in caso di violenze non si riuscirebbe a capire la differenza tra loro e i terroristi».  Gli imam hanno chiesto di evitare «che si ripeta quanto avvenuto nella provincia di Salah al Din dove le violenze sciite contro i villaggi sunniti hanno fatto fallire il lavoro svolto fino a quel momento dall’esercito per riconquistare la zona».

L’attacco a Fallujah giunge dopo l’importante vittoria del 19 maggio scorso nella cittadina di Rutbah, strategico snodo nel cuore dell’Anbar che collega la capitale Baghdad con la frontiera giordana e siriana ma nonostante il Pentagono sostenga che l’Isis ha perso il 45% del territorio che controllava in Iraq e il 20% in Siria potrebbe essere troppo presto per dare per spacciate le forze di Abu Bakr al-Baghdadi. Pressate ad al-Anbar, a est di Mosul da un’offensiva curda e persino sul fronte di Raqqa, la capitale dello Stato Islamico in Siria minacciata dalle milizie curde, le unità dell’Isis sono al contrattacco a Hit (Iraq) e a nord di Aleppo.

Certo le migliorate capacità dei miliziani curdi e dei militari iracheni e siriani, uniti a una più forte presenza di consiglieri e forze speciali Usa (5 mila uomini tra Iraq e Siria), russi e iraniani hanno accentuato le difficoltà militari dell’Isis che però non sbanda e continua a combattere con perizia tattica strenue battaglie difensive e sembra avere ancora il supporto di un’ampia fetta della popolazione sunnita. La riconquista di Fallujah avrà probabilmente caratteristiche non dissimili dai feroci scontri casa per casa che caratterizzarono le due battaglie sostenute in quella città dalle forze statunitensi nell’aprile e novembre del 2004.

Fallujah del resto ha anche un valore simbolico per Baghdad poiché qui cominciò nel gennaio 2014 l’offensiva vittoriosa dell’Isis in Iraq, sei mesi prima della caduta di Mosul e della proclamazione del Califfato. A Fallujah l’esercito iracheno si sfaldò per la prima volta con oltre 10 mila disertori in due mesi, avvisaglia di quanto sarebbe accaduto l’estate successiva quando le milizie dell’Isis giunsero alle porte di Baghdad.