TRA LE RIGHE
Eva
Intrighi, passione, colpi di scena. La storia di due amanti diventa la trama per una riflessione sulla Bellezza. Nell'ultimo romanzo di Giorgio Montefoschi protagonista è ancora la speranza, l'anelito verso una redenzione che viene incontro a tutti gli esseri umani.
Tra le righe
18_06_2011
Eva è sposata con Fabrizio ma lo tradisce con Giovanni. E' lui, Giovanni, il protagonista-voce narrante sotto cui si cela l'autore Giorgio Montefoschi, classe 1946, giunto al suo sedicesimo romanzo; un uomo di mezza età, giornalista, romano, che sembra vivere a rimorchio, anche questa storia amorosa lo vede passivo: «“Tu stavi aspettando qualcuno?” domandò. “No” risposi. “Non aspetto nessuno”» (p.19).
Ecco, Giovanni non aspetta nessuno. Però è lui che ha un'apertura verso la fede religiosa perchè Eva invece sembra aver chiuso la questione: «”Io”, rispose, aggrottando la fronte, “penso che, morendo, finisce tutto.” “Finisce tutto e non c'è più niente?” “Sì, non c'è più niente. Perché, te invece credi che c'è un'altra vita?” “Io vorrei” dissi, “che ci fosse un'altra vita. Vorrei, che non finisse tutto. Vorrei che le persone che si sono amate si rincontrassero”. (p.104). Più che fede si tratta di un desiderio di fede, ma che però “aiuta a sperare” dirà sempre Giovanni.
La speranza, l'anelito verso una redenzione che viene incontro agli esseri umani è il sentimento che si muove sotto tutte le 275 pagine di questo romanzo, prova matura di uno scrittore vero e “classico” come Montefoschi che, sulla scia di Bassani, Cassola e, a livello europeo, di Thomas Hardy, fugge ogni sperimentalismo fine a se stesso (e viene da pensare che è forse per questo suo “classicismo” - o per la sua dichiarata adesione alla fede cristiana? - che il vincitore del premio Strega del 1994 con La casa del padre sia diventato oggi un autore defilato e fuori dai “giri” che contano). Questa scelta così “letteraria” di Montefoschi non è una posa, vagamente retrò, ma è la consapevole decisione a favore di una scrittura nitida, scarna, capace di illustrare un mondo forse piccolo ma autentico, raccontandone (dolentemente) tutti i vizi e le ipocrisie.
Giovanni ed Eva si muovono incessantemente tra casa di lui e casa di lei, tra i Prati e Parioli (la Roma di Montefoschi), tra amplessi furtivi, urgenti e silenziosi i due si lasciano e si prendono quasi per inerzia, cedendo al flusso della vita con rassegnazione. Lei prima lascerà il marito per l'amante, ma la cosa non durerà perchè il primo non si darà per vinto e tornerà ad assediarla. Il dramma improvviso di una malattia grave di Fabrizio farà precipitare la situazione e tornare Eva al tetto coniugale. Il lettore resta quasi ipnotizzato dal flusso narrativo di queste odissee romane dei due protagonisti che sono sempre “in giro” ma come a vuoto, in un tornare sempre allo stesso punto, mentre quello che manca loro è uno “stare”, un “rimanere” (che per il classico saggio del '68 con cui Joseph Ratzinger introduceva al cristianesimo è l'essenza della fede). Eva e Giovanni sono sempre lì, a “fare qualcosa”, e non riescono a fermarsi, a – semplicemente – stare. Giovanni avrà modo di sperimentare questa dimensione in un'occasione, quando in un'escursione in montagna incontrerà un sacerdote, Alexander e insieme sperimenteranno la bellezza incontaminata della natura.
La contemplazione della Bellezza è qualcosa di fugace ma destinata a restare nel cuore del protagonista ormai toccato (quasi a sua insaputa e suo malgrado) dalla Grazia. Un contatto che striscia sotto traccia per tutto il romanzo e ritorna come un fiume carsico nell'epilogo, di grande intensità, in cui le parole di Alexander su Cristo che “sta alla porta e bussa” ci rivelano in controluce la trama profonda della storia, di ogni storia umana, una trama fatta dell'attesa di un volto che possa donarci un riscatto possibile.
Giorgio Montefoschi
Eva
Rizzoli, 2011, pagine 275, euro 18,50.