Eutanasia infantile, il dilemma di Re Filippo
Saranno consegnate oggi a re Filippo del Belgio, cattolico praticante, le 210mila firme da tutto il mondo che gli chiedono di non firmare la legge sull'eutanasia infantile. Ma difficilmente potrà essere ripetuto l'espediente del predecessore Baldovino.
Il 13 febbraio scorso il Parlamento belga ha approvato l’estensione dell’eutanasia ai bambini, con 86 voti a favore, 44 contro e 12 astensioni. Come già anticipato su queste pagine, la cultura della morte che sembra permeare la società belga ha prevalso nella quasi totale indifferenza della popolazione. Poche ma chiare le voci contrarie, da parte di un folto gruppo di pediatri e delle principali confessioni religiose. Tra queste ultime, i buddisti si sono significativamente distinti, dichiarandosi favorevoli...
L’iter legislativo è ora giunto al suo termine: manca solo la firma di Re Filippo, cattolico praticante, salito al trono nel luglio scorso, succeduto al padre Alberto II che ha deciso di abdicare. È a lui che quest’oggi saranno consegnate le circa 210.000 firme di persone da tutto il mondo che chiedono di non firmare questa legge, degna dei nazisti. La petizione online è stata avviata al momento stesso dell’approvazione in Parlamento e vi si può ancora aderire cliccando qui. Molti osservatori tentano di sminuire una tale iniziativa, dal momento che i poteri del Re sono molto limitati e che la Costituzione odierna lo ha ridotto ad essere una sorta di “notaio del Governo”.
Nessuno lo dice, ma in realtà, queste 210.000 firme fanno tremare i palazzi del potere del piccolo Belgio, stato federale e multilingue, dall’equilibrio nazionale delicato. Al di là del suo ruolo costituzionale ridotto, il settimo Re dei belgi è oggi più che mai il simbolo dell’unità della nazione. Un suo palese disaccordo con il Governo del socialista di origini abruzzesi, Elio Di Rupo, significherebbe un colpo all’unità del popolo belga che è in realtà decisamente frammentato: il ricco nord fiammingo, il meno prospero sud francofono più legato alla monarchia, e la minoranza germanofona all’est.
La scelta di Filippo di non firmare la legge si appoggerebbe peraltro su di un precedente storico illustre: la decisione di suo zio, Re Baldovino, il quale al momento dell’approvazione della legge sull’aborto, nel 1990, scrisse al Primo Ministro: «Firmando questo progetto di legge e segnando il mio accordo nella mia qualità di terzo ramo del potere legislativo, stimo che mi assumerei inevitabilmente una certa responsabilità. E questo non posso farlo». Il processo legislativo fu in tal modo bloccato ed il Consiglio dei Ministri trovò un espediente giuridico per il quale il Re fu dichiarato «nell’impossibilità di regnare» e, due giorni dopo, una volta la legge sull’aborto ratificata, il Parlamento reintegrò il Re nel pieno delle sue funzioni.
Secondo molti, però, l’attuale Governo non sarebbe affatto ben disposto a ripetere questo espediente giuridico, che rappresenta tuttora un vero rompicapo per tanti costituzionalisti. Il Re sarebbe semplicemente considerato irrispettoso del suo giuramento sulla Costituzione, che gli impone di ratificare le leggi democraticamente approvate dai due rami del Parlamento. Si aprirebbe così una crisi istituzionale della quale potrebbero approfittare le forze repubblicane, in un panorama di grande instabilità sociale e finanziaria.
In pratica, Re Filippo rischia di dover scegliere tra il trono ed il macchiarsi le mani di sangue, mettendo la firma ad una legge che estende l’eutanasia ai bambini, normalmente considerati incapaci di guidare o di votare, ma incredibilmente ritenuti in grado di decidere di morire. Anche se questa petizione non bloccherà la ratifica della legge, essa dà l’occasione al Re di dare testimonianza concreta della sua fede di fronte al mondo, segnalando con forza l’ingiustizia incarnata da questo progetto mortifero. E qualora il Re sceglierà il quieto vivere e la sicurezza del trono, di fronte all’avanzare implacabile della cultura della morte, le 210.000 firme raccolte in questi giorni resteranno a testimonianza della viva speranza di uomini e donne di buona volontà.