Eterologa, le Regioni mentivano sapendo di mentire
Nessun ospedale pubblico italiano (tranne uno) ha cominciato il trattamento per la fecondazione eterologa. Neppure in quelle Regioni che avevano promesso l'accesso gratuito a tutte le coppie che ne facevano domanda. Tacendo, però, che avrebbero escluso le donne over 43, cioè il 70% di quelle che l'hanno richiesta.
L’illustrissimo dottor Giuseppe Tesauro e gli esimi togati della sua Corte Costituzionale dovrebbero adesso dire qualcosa, non certo fare autocritica, ma almeno abbassare un po’ le ali della loro onnipotenza e decidersi a dialogare con la realtà. Quella che continua a procedere in direzione ostinata e contraria alle presunzioni dell’ideologia e se ne impippa bellamente anche di codici e pandette. Ricordate? Gli ermellini dell’Alta Corte, solo qualche mese fa, hanno sentenziato che produrre figli attraverso la fecondazione eterologa è un diritto delle donne e che ogni divieto in tal senso è illegittimo e contrario alla civiltà. Ipse dixit Tesauro, tra gli applausi della stampa amica e le fanfare dei governatori della neo sinistra gender. Primo tra tutti il toscano Enrico Rossi, il più svelto a salire sul carro dei nuovi diritti promettendo eterologa gratis e illimitata. L’unica Regione ad apporsi, fu la Lombardia: senza una legge nazionale, non ne avrebbe mai preso in carico i costi, sottraendo risorse a ben più urgenti emergenze. Come quella dell’assistenza agli anziani o ai giovani disoccupati. Per questo il governatore Roberto Maroni venne subissato di fischi e insulti ( “bigotto” e “oscurantista” i più gentili) da parte dei colleghi del Pd.
A soli due mesi di distanza, quei fischi ritornano in gola ai fischiatori: nessun ospedale pubblico, salvo un solo caso, ha cominciato il trattamento: i soldi per garantire gratis l’eterologa non ci sono, ma, soprattutto, non tutte le donne che ne hanno fatto richiesta potranno accedere alla tecnica di fecondazione artificiale, nemmeno a pagamento. Lo dice l’accordo stipulato tra le Regioni (quindi anche dalla Toscana dell’imprudente Rossi) che esclude dall’eterologa le donne con più di 43 anni, età limite alla rimborsabilità della prestazione. Sopra quell’età, la coppia deve pagare la tariffa piena: 3.500- 6.000 euro (ma l’intera procedura in realtà costa almeno il doppio). Molte Regioni, poi, hanno già deciso di non intervenire comunque su chi ha superato i 43 anni, preferendo le coppie più giovani che hanno diritto al ticket. Perché quel limite dei 43 anni? Perché le possibilità di avere un figlio dopo quell’età sono troppo basse. E non sarebbe etico, si aggiunge, fornire una prestazione con un altissimo tasso di fallimento facendola pagare a tutti i cittadini.
A questo punto, occorre aggiungere che le over 43 sono circa il 70 per cento di quelle che chiedono l’eterologa e che, dunque, la potranno ottenere solo rivolgendosi ai privati. Pure questa ingloriosa fine era stata prevista, insieme agli affari d’oro di centri e cliniche trasformati in gametifici. Restano, in ogni caso, insoluto il problema della mancanza di donazioni: la procedura non è così semplice come i fan della fecondazione eterologa hanno fatto credere. Pochissime le donne disposte a sottoporsi a trattamento ormonale e relativo intervento per aiutare chi ha problemi di infertilità. L’unico trattamento di eterologa eseguito fino ad oggi nel pubblico, all’ospedale di Careggi di Firenze l’altra settimana, è avvenuto grazie all’acquisizione di liquido seminale da una banca estera. Inoltre, i gameti crioconservati in questi anni per la fecondazione omologa non potranno essere utilizzati per l’eterologa perché sono cambiati gli standard di sicurezza previsti nelle nuove linee guida. E allora, l’ultima chance è cercare aiuto all’estero. Molte coppie già lo fanno, incoraggiate dai legali delle associazioni pro eterologa che promettono loro assistenza nel caso volessero intentare causa alle Asl e chiedere il rimborso delle spese.
Così stanno le cose: dopo i trionfali annunci dei governatori delle Regioni rosse, ora il contrordine compagni viene appena sussurrato. Ma lo sapevano fin dall’inizio che sarebbe finita in malo modo, eppure hanno giocato in modo irresponsabile sul dramma di tante coppie, mentendo per coltivare gli interessi della loro botteguccia politica. Certo, l’educazione alla consapevolezza che la genitorialità è svincolata dal concepimento e che l’impossibilità ad avere figli non è una malattia, sono cose troppo grandi per pretenderle dalla politica. Ma che almeno non trucchi le carte, creando illusioni e false attese. Forse dipende anche da questo se il numero delle adozioni avvenute in Italia nel primo semestre del 2014 sia calato di quasi il 30 per cento. Le bugie spacciate a piene mani in questi mesi sulla facilità all’accesso alla fecondazione potrebbero aver contribuito al disarmo di tante coppie di fronte alle prospettive di adozione. Con risultati disastrosi su entrambi i fronti. Le coppie in cerca di maternità e paternità hanno il diritto di sapere e sui loro drammi nessuno, tantomeno i governatori, può più permettersi di scherzare.