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L'EDITORIALE

Esiste una cultura cattolica?

L'apertura del Salone del Libro di Torino è stata l'occasione di una polemica sulla marginalizzazione degli editori cattolici. Ecco la provocazione di un editore laico che valorizza gli autori cattolici.

Editoriali 13_05_2011
In occasione della XXIV edizione del Salone del Libro di Torino, apertosi ieri, si è accesa una nuova polemica attorno all'editoria cattolica. Già alcuni mesi fa infatti gli organizzatori del Salone, dedicato quest'anno ai 150 anni dell'Unità d'Italia, stilando un elenco di editori di questo periodo avevano ignorato totalmente la componente cattolica. Dopo le polemiche, gli stessi organizzatori hanno "rimediato" allestendo un angolo per i "libri della fede", aperto peraltro a soli sette editori ed escludendo perciò marchi storici. Da qui la nuova polemica, lanciata dall'editore Cantagalli, che parla di marginalizzazione e chiusura in riserva per i libri cattolici. 
Prendendo spunto da questa polemica, e constatando che la marginalizzazione del libro cattolico va ben oltre il Salone di Torino, abbiamo voluto allargare il discorso chiedendo il parere del direttore editoriale della Lindau, una casa editrice laica che si distingue però anche per la proposta di autori cattolici, classici (prezioso il recupero di G.K. Chesterton) e contemporanei.

Ho una grande ammirazione per gli editori cattolici. I loro cataloghi sono spesso eccellenti, il loro modo di lavorare è improntato a serietà e abnegazione. Ma è un fatto che non sfondano nelle librerie generaliste, cioè in quelle librerie che realizzano la gran parte del fatturato dell’editoria italiana.

Le ragioni sono tante, due però sono davvero importanti. Innanzitutto, nel mondo della cultura e dei media esiste un forte pregiudizio anticattolico, che non sembra per altro importare a nessuno. Poi è anche vero che gli editori cattolici tendono a rinchiudersi nel proprio recinto (cioè in quello delle librerie cattoliche); è come se, sentendosi in una condizione di inferiorità, giocassero sempre in difesa, neppure di rimessa, soltanto in difesa.

Questo non serve a nessuno, né ai cattolici, né a tutti gli altri. Ed è tanto più grave in un momento, come l’attuale, di crisi profonda della cultura cosiddetta laica.

Non credo però basti un generico invito a fare meglio. O, forse, serve anche questo, ma a condizione che arrivi al termine di una riflessione approfondita e severa. Una riflessione che investa ciò che precede e accompagna il lavoro editoriale, cioè la produzione di cultura.
Pongo una questione – piccola piccola – che sarebbe bello venisse rilanciata da questo giornale.

Esiste, può esistere, deve esistere una cultura cattolica? E’ una domanda antica, che non bisogna smettere di porsi.

Rispondo per me: non mi interessa una cultura cattolica, ma una cultura fatta (anche) da cattolici. Vorrei che chi condivide una fede e un certo orizzonte di valori partecipasse con autorevolezza ed efficacia ai processi di elaborazione della cultura contemporanea, stesse dentro l’arena del confronto, anche aspro, tra modelli di vita differenti.
Può darsi che le riserve indiane siano servite, ma osservo che – anche grazie alle riserve – gli indiani sono divenuti attrazioni da circo, mentre la loro cultura rifornisce i supermercati della New Age. Hanno salvato la pelle (molti, non tutti); ma il resto?

Se i cattolici vogliono far valere ciò in cui credono (nell’interesse di tutti) devono smettere le etichette, abbandonare (almeno in parte) i terreni di caccia protetti e avventurarsi in quella che, per molti, è una terra incognita.

Io dirigo da parecchi anni una casa editrice molto piccola (Lindau) in una città bella e periferica (Torino). Da qualche anno dedico progetti ed energie alla valorizzazione di storie, argomenti e autori cristiani (soprattutto cattolici). E’ una scelta che nasce da un giudizio sullo “stato delle cose“, oltre che da convinzioni personali. Il nostro passato e il nostro modo di lavorare ci garantisce una presenza significativa sui media e nelle librerie di ogni tipo, anche quelle più connotate in senso laico. Vi assicuro che molti cattolici acquistano lì i nostri libri e che li acquistano anche molti non cattolici, catturati da un titolo, da una provocazione, da una tesi audace.

Forse è un piccolo seme gettato per un confronto futuro meno angusto e settario, in cui possano trovare spazio le idee in cui crediamo.

* Direttore editoriale Edizioni Lindau