"Eravamo irregolari. Oggi aiutiamo le coppie con Gesù"
Si raccontano alla Bussola gli autori di "Lui con Noi": i coniugi Cristina Righi e Giorgio Epicoco, ginecologo con un passato a praticare aborti. Un lungo cammino di conversione, fino al matrimonio in chiesa e al mettere al centro Gesù, l’unico che «ci rende liberi di diventare ciò che Dio ha voluto per l’uomo e la donna». Oggi guidano dei corsi prematrimoniali nella diocesi di Perugia e sono tante le coppie che si rivolgono a loro.
Ci sono coppie che - con la loro luce - diffondono altra luce. La Nuova Bussola ha incontrato i coniugi Cristina Righi (1963) e Giorgio Epicoco (1956), genitori di quattro figli e punto di riferimento per la pastorale familiare diocesana di Perugia. Per vocazione sono sposi, per missione svolgono servizio di accompagnamento delle coppie in difficoltà. Sono, infatti, responsabili dell’Associazione A.Mar.Lui, legata ai beati coniugi Quattrocchi. Giorgio ci parla della sua conversione - da ginecologo, ex non obiettore di coscienza - nel credere alla Vita. La storia di Giorgio e della moglie - la cui esperienza è diventata un tesoro per altre coppie anche grazie ai loro corsi prematrimoniali - è raccontata in due volumi, editi dalla Tau: “Noi. Storia di una chiesa domestica” (2018) e “Lui con Noi. Piccoli sentieri per la coppia” (2020). Abbiamo intervistato i due coniugi.
Giorgio Epicoco, la tua vita è un alternarsi di luce e buio, fino ad arrivare alla luce piena, quella del Signore Gesù. Puoi dirci come hai deciso di diventare ginecologo?
Giorgio: Da piccolo pensavo sempre in grande, credo come tutti i bambini. Sono nato nel ’56 e ho vissuto innanzitutto la conquista dello spazio, dunque la mia immaginazione mi portava a vedermi astronauta. Poi, nel vedere in giro molte donne incinte - eravamo nel pieno del boom demografico - nasceva in me il desiderio di far nascere bambini. Dopo la morte di mio padre, quando avevo 13 anni, mi sono sentito però un po’ perso: da famiglia molto numerosa - eravamo sei ma frequentavamo molto la famiglia paterna, diventando quasi una tribù - rimanemmo soltanto in due (io e mia madre) e da molto benestanti diventammo più che modesti. Allora mi sono dato da fare…
E poi è giunto l’incontro con Cristina. Lei arriva in un particolare momento della tua esistenza, giusto?
Giorgio: Dopo aver conosciuto Cristina, molto motivato, anche nel pensare ad un futuro insieme a lei, raggiunsi la laurea in medicina. E sempre grazie alla sua presenza - ero un po’ indietro con gli esami ma nel giro di pochissimo mi “riallineai” - mi specializzai in ostetricia. Nei primi anni Ottanta cresceva la diagnostica ecografica e sentivo che sarei diventato il “mago” dell’ecografia in gravidanza. L’inizio della mia vita professionale è però passata attraverso la scelta più difficile: l’aborto. Negli anni Settanta si faceva falsa propaganda parlando di migliaia di donne morte per aborto clandestino, e perciò, cadendo in una grande menzogna, decisi che il mio dovere di medico fosse quello di impedire che delle donne potessero morire per aborto. Così non feci obiezione di coscienza, nonostante fossi consapevole (in fondo sono stato educato dai gesuiti) del terribile peccato che commettevo. L’idea che si faceva strada in quei tempi era che la Chiesa dovesse adeguarsi e “aggiornarsi”. In questa scelta ovviamente non ero mai tranquillo: sapevo di essere scomunicato, e sentivo il dolore di quello che facevo. Ciò comportava che il matrimonio non potesse essere celebrato in chiesa, ma soprattutto che Gesù sarebbe sempre rimasto fuori della porta che non volevo ancora aprire.
Ma, poi, tutto è cambiato. Come?
Giorgio: Poi le cose iniziarono a prendere una piega totalmente diversa perché, attraverso l’esperienza spirituale che Cristina stava iniziando a vivere (lei aveva già riaperto uno spiraglio al Signore da un po’ di tempo) e con l’impossibilità di continuare a soffrire così intensamente, riaprii la porta della mia vita a Gesù. Mi fu chiaro che, crescendo la mia realizzazione professionale, mi ero allontanato sempre più da Cristina. Avevo costruito un castello di sabbia abbandonando le fondamenta di una casa sulla roccia. Piano piano, sono cadute le scaglie dagli occhi e ho visto chiaramente quale fosse la mia vocazione (come quella di tutti): la vita eterna con e per Cristina, che era il mio femminile, il mio completamento, la metà che Dio aveva creato per Noi.
E, oggi, è tutto diverso.
Giorgio: Sì, oggi è tutto diverso. Insieme, serviamo la Famiglia. Io sempre accanto a Cristina. Lei ha il carisma dell’accompagnamento. Io, a parte quando sono al lavoro come primario di ginecologia, sono sempre presente in questa missione.
Cristina Righi, puoi parlarci del tuo fidanzamento con Giorgio? In fondo, proprio questa esperienza è alla base del vostro impegno ad accompagnare molte coppie verso il Sacramento del Matrimonio, giusto?
Cristina: Quando ci siamo conosciuti ero una diciannovenne con una vita “normale”. Ero una studentessa. Avevo tutta la spensieratezza di un fidanzamento iniziato già nel 1982 secondo i canoni del fare ciò che ti piace. Così sono trascorsi sette anni di vita molto condivisa in tutti gli aspetti. Dal quotidiano, vissuto insieme tra un esame e l’altro, ai viaggi, agli interessi più ludici, fino all’intimità. Vivevamo come fossimo due sposi senza ancora esserlo. Questo modo errato di impostare le fasi cruciali delle proprie vocazioni lo annunciamo sempre quando siamo chiamati ad accompagnare le giovani coppie: avevamo costruito un fidanzamento su un terreno sbagliato e i primi frutti non sono stati buoni.
Poi il matrimonio, ma non in chiesa, almeno in un primo momento.
Cristina: Quando abbiamo deciso di sposarci, non potendo farlo in chiesa, per i motivi prima descritti, abbiamo vissuto tre anni di matrimonio civile dal 1989 al 1992. Nel ‘92 abbiamo celebrato il Sacramento, sposandoci finalmente in Cristo e sanando la scomunica relativa alla precedente non obiezione di coscienza di Giorgio. Da allora, poi, sono passati altri sette anni perché diventassimo una vera coppia, due sposi felici. Eravamo incapaci di comunicare, di comprendere le differenze tra noi, non ci sentivamo gratificati, i nostri litigi erano distruttivi, condizionati dalle rispettive famiglie d’origine. Il fatto è che si tende a cavarsela solo con le proprie forze.
Solo più avanti, poi, siete entrati in una concezione diversa del matrimonio. Puoi spiegarci come?
Cristina: Fu soltanto nel 1999 che, grazie ad esperienze di conversione profonda (soprattutto nel vivere un cammino per la coppia), capimmo cosa volesse dire il Matrimonio, quello con la “M” maiuscola. Altro non è che l’incontro di due poveri dove l’uno deve solo comprendere di voler arricchire l’altro, non da solo ma con Chi deve essere messo al centro, cioè Gesù! Ricostruimmo la nostra relazione personale con Dio e soprattutto la ricostruimmo come coppia. E nel giro di pochissimo tempo il Signore ci ha posto al servizio di tante persone e famiglie, soprattutto ferite. Tante persone venivano per chiedere aiuto e pian piano siamo diventati accompagnatori, padri e madri di tante coppie. Questo ha reso Giorgio e me padrino e madrina di Battesimo, finora, di 55 figliocci.
Cosa fate nei vostri corsi di preparazione al matrimonio?
Cristina: Il corso di preparazione al matrimonio che ci siamo “inventati” diversi anni fa consiste in un tempo lungo (otto mesi, suddivisi in weekend mensili) in cui ci si prende cura delle coppie attraverso l’ascolto personale, la guarigione dalle ferite che possono condizionare la relazione, partendo dalla famiglia d’origine, l’annuncio della verità sulla sessualità, sapendo che solo questo ci rende liberi di diventare ciò che Dio ha voluto per l’uomo e la donna nel suo piano creativo. Diventare una sola carne, cioè generare il Noi della coppia significa celebrare il Sacramento del Matrimonio e questo appartiene solo ai coniugi. Dal rinascere della nostra coppia abbiamo cominciato a servire le famiglie a tutto campo. Io ho scelto di lasciare il lavoro in banca per dedicarmi a Giorgio, ai nostri quattro figli e alla missione, ora cospicua, di accompagnamento spirituale alle famiglie. Questo è ciò che raccontiamo nel libro “Noi, storia di una chiesa domestica”. L’esperienza spirituale si è poi approfondita sempre più, soprattutto in una particolare amicizia con i Santi. E così, solo dopo aver chiesto l’intercessione alla prima coppia di coniugi beatificati dalla Chiesa in età contemporanea, i Beati Beltrame Quattrocchi, si è concretizzata una realtà nella nostra diocesi di Perugia.