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CONTRAPPUNTO

Emma Bonino, la tragedia della libertà senza verità

In una lunga intervista al Corriere della Sera, la leader radicale Emma Bonino rilegge la sua vita politica e quella dell'Italia: ha ragione nell'indicare nella legge sul divorzio l'inizio del cambiamento dell'Italia, un successo per lei, la rovina per l'Italia. Così come l'affermarsi dell'idea di una libertà fondata solo su se stessa, che ha distrutto lo Stato di diritto. Un'operazione a cui anche tanti intellettuali cattolici hanno partecipato.

Editoriali 14_07_2020
Emma Bonino

Domenica scorsa 12 luglio il Corriere della Sera ha pubblicato una lunga intervista ad Emma Bonino. Una specie di retrospettiva della vita politica sua e dell’Italia laudativa di sé e dei Radicali. In questa scontata esaltazione dei grandi risultati ottenuti da una sparuta pattuglia di militanti - Aglietta, Spadaccia, Pannella, Bonino… - c’è tuttavia qualcosa di vero: aver cambiato l’Italia.

La Bonino è molto chiara a questo proposito e non si può darle torto: “La vittoria sul divorzio, di cui Mauro Mellini fu un protagonista, è stato uno dei più importanti cambiamenti della storia civile italiana. Da lì in poi la società si è come liberata da catene antiche. E non si è più tornati indietro… È difficile negare che le nostre battaglie abbiano cambiato il volto e il modo di vivere di milioni di italiani”. Questo giudizio è in sé assolutamente vero anche se la valutazione del processo che da lì è partito è opposta a quello della Bonino.

Togliendo il matrimonio come base della famiglia è finita a poco a poco anche la famiglia, e con la famiglia una visione umana e non tecnica della sessualità, la natalità, i legami non artificiali, l’idea stessa di un ordine naturale da rispettare nelle politiche e nelle leggi, e un rapporto essenziale e non accidentale della Chiesa con la società. Dopo l’approvazione del divorzio è rimasto solo l’individuo come unità numerica e con relazioni diversamente fungibili, interscambiabili, reversibili, artificiali, a tempo, una società usa-e-getta, liquida e pagana. Tutte le altre forme di post-naturalismo per le quali anche la cultura gay risulta essere ormai troppo rigida, ne sono state la conseguenza.

Secondo Emma Bonino, Pannella e Spadaccia erano molto interessati alla religiosità “come diritto individuale. Il diritto a credere in quello che si vuole, il contrario dell’integralismo”. Si ritorna quindi al “diritto di scelta”, come nel divorzio o nell’aborto: “L’obiettivo della mia esistenza è sempre stato di combattere gli ostacoli alle possibilità, di ciascuno, di scegliere in modo autonomo e sovrano la propria vita. Per questo ho combattuto le mutilazioni genitali femminili, per questo sento tanto la questione dei migranti”. Un motivo del successo radicale, allora, è stato di proporre una libertà fondata solo su se stessa, ossia senza ragioni, un diritto di scelta coerente solo con se stesso, ossia privo di coerenza [perché le mutilazioni genitali no e la mutilazione esiziale dell’aborto sì? Al nascituro il diritto di scelta è stato concesso?].

Una libertà senza verità. Emma Bonino si vanta di aver sempre lottato per lo Stato di diritto, in realtà i Radicali hanno distrutto lo Stato di diritto se con tale espressione si intende lo Stato che risponde ad un ordine indisponibile di fini e di valori.  

I Radicali, che erano un piccolo gruppo di cultura liberale, avevano bisogno di un partito radicale di massa. Questo fu il PCI. Nell’intervista al Corriere la Bonino dice che con i comunisti il rapporto era difficile perché i Radicali parlavano dei diritti dell’individuo e i comunisti di quelli delle masse e consideravano divorzio a aborto “frivolezze radical-chic”. Ma sbaglia sapendo di sbagliare. Il PCI era in potenza un partito radicale di massa e lo diventò progressivamente e in modo sempre più radicale.
I voti nei referendum del 1974 e del 1981 non vennero dai pochi liberali, ma dai comunisti e da un popolo italiano che il comunismo – con il considerevole aiuto dei democristiani - aveva secolarizzato. Come per la modernità, anche in questo caso i Radicali si posero all’avanguardia di processi più grandi di loro, stimolandoli a loro volta e godendone i frutti, al punto che oggi non ce n’è nemmeno più di bisogno: Partito Democratico e Cinque Stelle fanno delle “frivolezze radical-chic” l’essenza della loro politica.

Circa i rapporti col mondo cattolico, la Bonino glissa. In realtà i Radicali furono molto sostenuti dai progressisti cattolici della contestazione che scesero in piazza e in parlamento con i comunisti, ma poi spinsero per i diritti borghesi dei Radicali. Il 23 marzo 1974 si tenne a Roma il Convegno “I cattolici democratici contro l’abrogazione della legge sul divorzio” e gli Atti pubblicati allora dalla Coines Edizioni fanno un elenco di intellettuali cattolici aderenti che da solo occuperebbe lo spazio di questo articolo. I due referendum su divorzio e aborto divisero il mondo cattolico – e la stessa Chiesa - in modo da toccare con mano e da allora la ferita si è sempre più allargata.

La piccola pattuglia ha sfruttato l’onda lunga di processi molto più grandi di essa: l’”impulso alla libertà assoluta e alla pienezza assoluta come individuo” (come scrisse Baget Bozzo) propria della modernità, la transizione opulenta, irreligiosa e borghese del comunismo italiano, il progressismo cattolico postconciliare. Più approfittatori che creativi anticipatori, più esecutori testamentari che produttori di nuove risorse.