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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

RIPENSARE LA POLITICA

Elezioni locali: e dietro la democrazia il vuoto

Questa democrazia segnala il proprio vuoto. Da un lato la politica, anche amministrativa locale e non solo nazionale, tocca ormai questioni etiche fondamentali, dall’altra si riduce a procedura priva di motivazione

Dottrina sociale 25_09_2020

Le elezioni viste da un piccolo paese di provincia manifestano tutta la loro inconsistenza che, nel panorama nazionale, dati gli interessi politici coinvolti e la grancassa della stampa, rimane nascosta. Ne vien fuori tutta la pochezza della nostra democrazia, il suo vuoto e il suo declino. La Dottrina sociale della Chiesa non contrasta la democrazia ma nemmeno la battezza, la sua chiave di lettura è che la democrazia sia solo un metodo per governare, ma che non sia il fondamento della vita sociale. Il baricentro su cui poggia la democrazia è fuori della democrazia, essa sta in piedi per i suoi fini e i suoi contenuti non per i suoi metodi.

Abito in un paese di provincia di 16 mila abitanti. Si è recato in cabina elettorale il 60 per cento degli aventi diritto, Il candidato sindaco vincente ha superato solo di qualche decimale la metà dei voti espressi. Quindi quel signore è sindaco con il 30 per cento dei voti dei cittadini. Un altro trenta per cento gli è contro e un altro trenta per cento gli è quantomeno indifferente. Anche solo dal punto di vista della rappresentanza, è evidente che la cosa non regge. Anche ammettendo che sia il voto a legittimare il potere politico, in questo caso il voto non legittima nulla perché rimane di grande minoranza. Quel sindaco è tale per un insieme di regole che sembrano democratiche ma che non lo sono.

Ho assistito alla campagna elettorale, anch’essa costruita sul nulla. A sostegno del candidato vincente c’era un stuolo di liste civiche dai nomi più disparati e dai programmi più nebulosi. Dietro le liste civiche non si sa mai cosa e chi ci sia. Spesso sono cordate di appoggio ad un candidato, ma senza motivazioni programmatiche chiare. I simboli dei partiti almeno indicano una qualche storia e un minimo di identità politica, ma le liste civiche dietro di sé hanno solo il vuoto: sotto il simbolo niente. Sono cordate di clientele locali che fanno da contorno al candidato sindaco con un effetto fumogeno sulle sue vere idee.

I volantini, i pieghevoli con i programmi, i camion-vela con i grandi manifesti contenevano solo slogan generici: da “per una città a misura di bambino” a “lavoro per i giovani”. Ho chiesto in giro perché vivo qui da poco e qualcuno dice di aver votato il sindaco poi risultato vincente perché “abita lì”, un altro perché è “una brava persona e ha cinque figli”. Quando poi il sindaco è stato eletto, ha formato la giunta con nomi che nella campagna non erano emersi.

Il paese in cui abito è nel profondo veneto e qui la frequentazione religiosa è ancora abbastanza significativa. Ma le parrocchie non solo non hanno dato indicazione, come è ovvio, ma non hanno in cinque anni nemmeno mai fatto un momento di formazione alla vita sociale e politica, nemmeno un incontro sulla Dottrina sociale della Chiesa. La Chiesa è completamente assente da questo ambito. Altre istituzioni religiose in loco hanno guardato più i propri interessi nei rapporti amministrativi col comune che non i contenuti.

In questo modo capita che un comune affidi l’amministrazione ad un nuovo gruppo senza sapere perché. Il voto democratico risulta immotivato: i candidati non esplicitano i motivi per i quali vogliono il voto e gli elettori non hanno motivi che vadano al di là di una epidermica opinione o di un minuscolo interesse privato. La cosa contrasta con il fatto che ormai le amministrazioni comunali hanno competenze in settori eticamente molto delicati riguardanti il matrimonio, la vita, la famiglia, la scuola. Il programma “aiuti a tutte le famiglie” può nascondere attività arcobaleno. Gli aiuti alle scuole possono anche riguardare il finanziamento di progetti contro la famiglia naturale. L’assessorato alla cultura può organizzare eventi sui rapporti tra i sessi, sulla procreazione o sulla donna fortemente caratterizzati ideologicamente. Ma niente di tutto ciò traspare nelle campagne elettorali e dietro gli specchietti delle liste civiche.

Questa democrazia segnala il proprio vuoto. Da un lato la politica, anche amministrativa locale e non solo nazionale, tocca ormai questioni etiche fondamentali, dall’altra si riduce a procedura priva di motivazione. Un popolo mette nelle mani di un certo gruppo dirigente questioni di fondo senza nemmeno sapere il perché.

Davanti a questo quadro, la prima cosa da fare è di togliere spazi di decisionalità ad una politica di questo genere. Occorre dar vita a iniziative dal basso che si svolgano “senza il comune”, al di fuori della dipendenza dalle istituzioni democraticamente elette. Bisogna costruire reti alternative che non ricorrano a sussidi della pubblica amministrazione, che non cerchino certificazioni istituzionali, che possano rimanere se stesse anche se cambia amministrazione. Scuole che non dipendano più, né per i progetti educativi né per i trasporti degli alunni, dai finanziamenti comunali. Gruppi di solidarietà che non dipendano più dai servizi sociali del comune. Opere economiche e produttive che non abbiano più bisogno di sostegni dei vari assessorati. Comunità cattoliche che non abbiano bisogno di “andare d’accordo” con il nuovo sindaco eletto per poter sopravvivere, ma che siano in grado di fare da sé (Stefano Fontana).