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VENERDI' DI TENSIONE

Egitto, l'orgoglio dei carri armati

Ai cortei dei sostenitori di Morsi, il generale-ministro della difesa al-Sisi ha contrapposto i propri. Ma la sfida non è solo al Cairo. L'esercito egiziano ha preso di mira Hamas, che teme si trasformi nel baluardo dei Fratelli Musulmani. Contemporaneamente ci sono gli scontri nel Sinai con le bande jihadiste.

Esteri 27_07_2013
generale al-Sisi

Ricordate i dimostranti che in piazza Tahrir nel gennaio 2011 dimostravano con la Croce e il Corano e lo slogan “una sola mano” per invocare un Egitto unito oltre le divisioni settarie? Ieri sempre - sempre in piazza Tahrir - un dimostrante sfilava con quegli stessi due simboli associati però a un terzo un po' più ingombrante: un modellino di un carro armato. Un'immagine che non stonava affatto in mezzo ai poster del generale al-Sisi distribuiti ovunque e gli elicotteri dell'esercito con le bandiere egiziane a farsi vedere in cielo.  

Doveva essere il venerdì delle manifestazioni contrapposte: ai cortei dei sostenitori del deposto presidente Morsi, in piazza ininterrottamente ormai dal 3 luglio, il generale-ministro della Difesa, nuovo uomo forte del Cairo, ha contrapposto i propri con un invito esplicito a tornare in strada rivolto ai protagonisti delle proteste del 30 giugno che gli hanno offerto l'appiglio per la spallata al governo dei Fratelli Musulmani. Piazza contro piazza: nel momento in cui scriviamo non sappiamo se la notte porterà anche un bilancio di scontri pesanti, come purtroppo già successo altre volte in queste settimane. Di certo sia l'esercito sia i Fratelli Musulmani potranno dire di avere il sostegno della gente. E si caricherà di ulteriore tensione l'ennesimo ultimatum lanciato da el-Sisi: quello che vorrebbe entro oggi una risposta dagli islamisti sull'adesione al processo di transizione verso una nuova costituzione e nuove elezioni. Adesione che non arriverà mai, per cui nuove tensioni sono dietro l'angolo. 

Ieri è stata anche la giornata in cui sono state formalizzate le accuse contro Morsi e tra i capi di imputazione è spuntata fuori la collaborazione con Hamas. Basta questo per dire quanto ciò che sta succedendo stia rimescolando le carte in Medio Oriente. L'esercito egiziano ha preso decisamente di mira il movimento islamista dal 2006 al potere a Gaza: teme che possa trasformarsi nell'ultimo baluardo dei Fratelli Musulmani. E così improvvisamente la questione dei tunnel attraverso il quale nella Striscia entra di tutto è diventata un'emergenza: un rappresentante dell'Onu ha dichiarato che nelle ultime settimane l'esercito egiziano ne ha sigillato l'80 per cento. Il che significa che sta puntando a strangolare il governo di Hamas, cosa che non dispiace di certo a Israele.

Contemporaneamente è scontro sempre più aperto nel Sinai, la terra di nessuno diventata in questi anni zona franca per guerriglieri islamisti e trafficanti di immigrati. El Sisi sa che il confronto più duro che lo attende non è nelle strade del Cairo, dove i sostenitori dei Fratelli Musulmani sono comunque minoranza. Il pericolo vero viene dalle bande jihadiste che l'esercito egiziano ha a lungo tollerato e ora gli si stanno rivoltando contro. Nelle sole due ultime settimane nel Sinai vi sono state una quarantina di azioni terroristiche, che hanno lasciato dietro di sé sessanta morti.

Anche per questo il ministro della Difesa è sceso in campo con questo strano appello al sostegno popolare, che assomiglia molto a un mandato per poter usare la mano pesante. Solo che tutto questo avviene mentre le contraddizioni di questa transizione anomala sono tutt'altro che risolte. Lo ricordava proprio in questi giorni in un editoriale il settimanale copto Watani, citando le ampie concessioni fatte ai salafiti nella Costituzione provvisoria: un fatto che preoccupa molto le minoranze in Egitto, che temono di essere prese in giro ancora una volta. Va bene gli appelli a scendere il piazza, ma delle questioni vere che hanno portato tanti a opporsi agli islamisti l'Egitto dei generali ha intenzione di cominciare a discutere davvero? Si tratta di una domanda che il venerdì dell'orgoglio dei carri armati lascia tuttora aperta.