Educare i propri figli è un diritto. L'Ungheria si difende dall'Ue
"Chi ha il diritto di decidere su quale tipo di educazione sessuale devono ricevere i suoi figli? Noi crediamo i genitori". Nemeth Zsolt, presidente Commissione Esteri nel Parlamento dell’Ungheria.
Dire che l’Ungheria è “nel mirino” dell’Ue non è un’esagerazione. In questi giorni potrebbe essere addirittura un eufemismo. Proprio mentre infuriano le dichiarazioni contro la legge sull’educazione sessuale ungherese che è stata subito ribattezzata “anti-Lgbtq”, l’Ue ha sospeso il Recovery Fund che doveva essere destinato a Budapest. Due crisi su questioni differenti, ma con un tempismo sospetto, a cui si aggiungono anche le punizioni calcistiche contro la nazionale ungherese, la cui tifoseria è tacciata di comportamento anti-sportivo, razzista e omofobo (altre tifoserie si sono comportate peggio, ma non hanno fatto notizia). Ursula von der Leyen, la settimana scorsa, ha usato parole forti contro Budapest, definendo “vergognosa” la sua nuova legge.
Qui sono in gioco valori molto importanti per il futuro dell’Ue e del suo rispetto per i principi non negoziabili. Chi deve legiferare sulle questioni che riguardano l’educazione dei minori: il parlamento nazionale di uno Stato membro o la Commissione dell’Ue? L’Ue si ritaglia un diritto di intervento perché ritiene che la legge ungherese, “equiparando l’educazione Lgbtq alla pornografia”, vietata ai minori, stia discriminando un pezzo di popolazione e quindi sia da condannare sulla base dei principi fondamentali di uguaglianza. Ma gli ungheresi si chiedono: chi, a questo punto, deve educare i figli, i genitori o la scuola di Stato? Sono battaglie universali, appunto, che oggi sono combattute sul caso ungherese, ma che riguardano tutti noi, da molto vicino.
Sulla tempesta perfetta che nell’Ue si sta scatenando contro l’Ungheria sentiamo quasi sempre e solo una campana, quella allineata a Bruxelles. La Nuova Bussola Quotidiana ha invece intervistato il deputato ungherese Nemeth Zsolt, del partito di maggioranza Fidesz, Presidente Commissione Esteri nel Parlamento dell’Ungheria e capo della delegazione ungherese nel Consiglio d’Europa.
Onorevole Zsolt, la prima accusa rivolta da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, all’Ungheria è di promuovere la discriminazione ai danni delle persone Lgbtq…
Questa legge non riguarda gli adulti. Ciò che essi fanno è un loro affare privato ed è una questione di libertà personale. La legge ungherese proteggere il loro diritto di libertà. La legge in questione riguarda esclusivamente i minorenni. La domanda può essere formulata in questi termini: chi ha il diritto di decidere su quale tipo di educazione sessuale devono ricevere i suoi figli? Noi crediamo che questo diritto appartenga, prima di tutto, ai genitori. Devono essere consapevoli a quali influenze sono esposti i loro figli e devono essere in condizione di poter decidere se vogliono o meno esporli a queste influenze. Questo principio è in linea con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che dichiara esplicitamente che i genitori hanno il diritto di educare i figli «conformemente alle loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche». La visione del mondo progressista, liberal, dall’altra parte, stabilisce che delle Ong debbano poter condurre la loro propaganda Lgbtq ad ogni grado di istruzione, anche all’asilo e nelle scuole elementari. Non abbiamo alcun problema su questo. Riguarda i loro figli, è loro la responsabilità. Ma non permetteremo che questi attivisti arcobaleno vengano, come dicono loro, a “sensibilizzare” i nostri figli.
Ursula von der Leyen ha dichiarato di credere “fortemente in un’Unione Europea in cui sei libero di amare chi vuoi e che abbraccia la diversità”. La Costituzione ungherese protegge matrimonio e famiglia naturale. Sono principi in conflitto con quelli dell’Ue?
La Costituzione ungherese è probabilmente una di quelle che sono state controllate più a fondo, in tutto il mondo. La prestigiosa Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa ha pubblicato il suo parere sugli ultimi emendamenti alla Costituzione appena due settimane fa e non ha trovato alcuna discriminazione nelle disposizioni che riguardano l’educazione dei minori. Ovunque vi sia stato un esame sul piano legale, lo abbiamo passato agevolmente. Non c’è nient’altro che un attacco puramente politico.
Ma sempre la von der Leyen ha affermato che intende “usare tutti i poteri della Commissione per assicurare che i diritti di tutti i cittadini dell’Ue siano garantiti, chiunque essi siano e ovunque vivano”. Che tipo di reazione l’Ungheria si attende da Bruxelles?
Così dicendo si riferisce, da quanto ho compreso, a una procedura di infrazione, cioè l’unico mezzo legale a disposizione della Commissione. La Commissione ci informerà delle sue obiezioni, sulle quali, molto probabilmente, noi non concorderemo, dunque le gireranno alla Corte di Giustizia a Lussemburgo. Qualunque sia il suo giudizio, noi lo applicheremo, come abbiamo sempre fatto. Ma non sono preoccupato su questo punto: l’educazione è di esclusiva competenza degli Stati membri.
Si discute anche sulla sospensione del Recovery Plan per l’Ungheria. Ufficialmente la legge sull’educazione non c’entra. Ma pensa che le due questioni siano correlate?
Il dibattito è in corso e dobbiamo attendere l’esito. Ma ultimamente stiamo sicuramente assistendo ad un atteggiamento più conflittuale da parte della Commissione.
L’Ungheria non è l’unico Paese contestato dalla Commissione europea, c’è anche la Polonia…
La Polonia è il principale attore nell’Europa centrale, con il 60% della popolazione, così come del Pil, del nostro gruppo dei quattro Paesi di Visegrad. Non è dunque una sorpresa che sia finita nel mirino.
Ma come è possibile difendere il principio di sussidiarietà nell’Ue, dunque l’autonomia degli Stati membri, dato l’attuale rapporto di forze?
È in corso un dibattito molto importante sul futuro dell’Unione Europea, in cui il primo ministro Orbán ha delineato un programma in sette punti molto chiaro (lo si può leggere anche in italiano a questo link). Il problema principale è che molte delle istituzioni dell’Ue, soprattutto l’Europarlamento, non rappresentano gli interessi europei o nazionali, ma solo se stesse e i loro interessi istituzionali. Di conseguenza vedono nella creazione di un vero e proprio impero europeo un bene in sé. Ma la modifica dei trattati richiede l’unanimità e anche noi abbiamo voce in capitolo.