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IL CASO

Ecco perché da grandi tutti vogliono fare l'attore

Il sogno di molti ragazzi e ragazze è, oggi, il palcoscenico, meglio se cinematografico. É la via più rapida per le tre mitiche tre “s”: soldi, successo, sesso. Per i più fortunati c’è il divismo, la walk of fame, la villa a Beverly, l’Oscar nella notte delle stelle. Divo, dal latino vuol dire divinità. Capito, no?

Cinema e tv 15_03_2016
Il sogno dei ragazzi è fare l'attore cinematografico

Il sogno di molti ragazzi e ragazze è, oggi, il palcoscenico, meglio se cinematografico. É la via più rapida per le tre “s”: soldi, successo, sesso. Per i più fortunati (si badi, non ho detto i più bravi) il divismo, la walk of fame, la villa a Beverly, l’Oscar nella notte delle stelle. Divo, dal latino divus, che vuol dire “divinità”. Che vuoi di più dalla vita? 

A vent’anni, folle che ti idolatrano (da “idolo”), la tua foto dovunque, giornalisti e anchorman che chiedono la tua opinione sui massimi sistemi. Naturalmente, visto che a quel punto campi di “immagine”, la tua opinione sarà invariabilmente spiaccicata sul pensiero “avanzato” del momento, sennò chi ti ha portato alle stelle farà presto a precipitarti nelle stalle. Allora esprimi un’opinione falsa perché in realtà la pensi diversamente? No, affatto. La pensi proprio così. Sì, perché un’opinione veramente libera richiede molta nozione previa, molto studio, molta riflessione su quel che si è appreso. E senza smettere mai di studiare, riflettere e informarsi. Ma gli attori non hanno tempo per questo. I più, l’unica cosa scritta che in vita loro hanno letto sono copioni. 

Se siete appassionati cinefili, andate a vedere che cosa facevano, di mestiere, i più grandi divi di Hollywood prima di entrare nell’empireo dello “starring”. Certuni un mestiere non l’avevano neanche, perché “bambini prodigio”, poi young adults e infine star arruolati dall’Unicef come testimonial di prestigio internazionale. Così, a carriera declinante, eccoli impegnati in “cause” che più politicamente corrette non si può, dal love is love all’ambientalismo. Ci sono, fortunatamente, forme di arte che richiedono molto studio preventivo e una grande disciplina quotidiana: la musica classica e lirica, soprattutto. Per questo tra gli artisti che di esse vivono i fenomeni di débâuche sono rarissimi. 

Non così nelle restanti arti, cinema in primis. Qui, sbracamento morale, droghe, suicidi, famiglie allo sbando e magari reati sono, invece, all’ordine del giorno. Però si continua a sognarli come esempi da seguire e invidiare. Per forza: li hai sempre sbattuti davanti agli occhi, sorridenti e griffati, chi si compra intere isole, chi jumbo-jet. Il meccanismo psicologico collaudato fa sì che tu guardi solo il bicchiere mezzo pieno, ed è quello che invidi. Solo che, tanto per dirne uno, il bicchiere di un Michael Jackson è anche mezzo vuoto; anzi, è un bicchiere d’oro colmo di veleno. Ma ognuno, si sa, vede solo quel che vuol vedere. 

Aneddoto personale: quando ero giovane e bello (e scemo) mi invaghii di un’attrice di teatro. Era smagliante, piena di verve, riempiva la scena e, infatti, era sempre protagonista. Io, tra il pubblico, mi ritrovai a pensare come D’Annunzio davanti alla Duse (ma ancora non lo sapevo): il Vate descrisse nel suo diario il delirio di onnipotenza che lo pervadeva al sapere che quella donna così desiderata e ammirata era sua, solo sua, l’aveva conquistata lui soffiandola a legioni di altri maschi. Fu così anche per me, nel mio piccolo. Corteggiamento, fiori in camerino, inviti a cena. E alfine cedette. Be’, la nostra storia durò un mese. 

Perché si atteggiava a diva? Perché ero geloso degli altri spasimanti? No, niente di tutto questo. Lei, prima di calcare le scene, era commessa in un supermarket. Io, assistente universitario, in breve mi ritrovai a corto di argomenti e il silenzio imbarazzato divenne pane quotidiano dopo l’iniziale (e disinformata) euforia. Calò il sipario e volsi la prora verso altri lidi. Questo episodio personale, risalente al tempo in cui ero agnostico, mi ritorna in mente ogniqualvolta vedo un Attore o un’Attrice di grido col nastrino arcobaleno al polso, o li vedo al Festival di Venezia (creazione del Duce) salutare col pugno chiuso. Pensierino della sera: anche dell’esempio che abbiamo dato risponderemo al Creatore. Éve Lavallière, superstar dei café-chantant nella Belle Époque, ebbe la fortuna di incontrare un giorno un vecchio parroco preconciliare che, di brutto, le chiese se pensava mai all’Inferno. L’attrice, dopo quell’incontro, lasciò le scene, donò tutto ai poveri e si fece missionaria laica in Africa.