Ecco perché conviene a tutti aiutare la famiglia
Riconoscere l’importanza anche economica della famiglia e il suo ruolo nel superamento della crisi. Se ne parlerà sabato 29 novembre a Torino per analizzare a quali guai ha portato una politica nemica della famiglia. E per rilanciare la necessità di superare questa avversione e ricoscerne il suo ruolo per la società.
Sabato 29 novembre a Torino parteciperò al dibattito “Si alla Famiglia...” con Alfredo Mantovano, Massimo Introvigne e Stefano Commodo. Vorrei anticipare alcuni punti, magari per stimolare a partecipare all’incontro. Sinodo e sue conclusioni a parte, vorrei fare un semplice riferimento a un obiettivo auspicato: riconoscere l’importanza anche economica della famiglia e il suo ruolo nel superamento della crisi. Due riflessioni: la prima riguarda le conseguenze economiche dello “scoraggiamento” della famiglia. La seconda sulle ragioni, da capire e rimuovere, di questa avversione alla famiglia. Ragioni che certamente sono state trattate nel Sinodo sulla famiglia, ma trascurate mediaticamente.
La famiglia è stata accusata di provocare rotture sociali e disuguaglianze grazie all’educazione soggettiva dei figli. È stata accusata di privare la donna della libertà di esprimersi e lavorare, essendo destinata a fare figli, preparare minestroni e rammendare calzini. È stata accusata di privare i suoi membri della libertà di scioglierla con il divorzio, di ostacolare l’opzione di convivenza, di esser ossessionata dal sacramento del matrimonio. È stata abbandonata nella necessaria preparazione educativa e morale, diventando così precaria. È stata scoraggiata economicamente in mille modi a formarsi e crescere. È stata perfino accusata di esser culla di violenze inaudite e ivi coperte.
Avversando la famiglia si è creato un virus organizzativo ed economico che ha come effetto principale l’interruzione del ciclo economico virtuoso della famiglia nelle sue anime di superproduttore (e autoproduttore) di reddito e di redistributore al suo interno; produttore di risparmio, di investimenti e di consumi. Il secondo effetto che viene interrotto è quello della famiglia ammortizzatore sociale che sa assorbire al suo interno i costi sociali, presi in outsourcing dallo Stato, diminuendo la spesa pubblica, ma competendo con lo Stato stesso (istruzione figli, sostegno figli disoccupati, assistenza malati e anziani). Il terzo effetto interrotto sta nel minor stimolo competitivo nell'educazione e formazione dei figli e conseguente minor valore per la società. Il quarto effetto, conseguente alla crisi della famiglia, è il crollo della natalità e le sue conseguenze economiche dirompenti che non si vogliono ancora riconoscere (lo ha però fatto il ministro Lorenzin su Repubblica il 1° ottobre).
Ma quali le ragioni di questa avversione alla famiglia? La prima è morale: la famiglia viene considerata un prodotto della cultura cristiana ordinata alla Creazione ed al senso della vita. La seconda sta nel negare, negando la famiglia, gli obiettivi della Dottrina sociale della Chiesa, orientati a fede e opere e per una economia al servizio dell’uomo e della famiglia. La terza ragione sta nel fatto che l’esistenza della famiglia non permette il controllo (tecnocratico) della società. Senza famiglia la società non avrebbe più un'identità, fini responsabilizzanti i suoi membri e perderebbe perfino motivazioni vere di essere società.
Senza famiglia si diventa poveri, materialmente, intellettualmente e moralmente. Perciò, sarebbe auspicabile che non si pensasse che si deve diventare “ricchi” per poter, solo allora, formare una famiglia. Si diventa “ricchi” (e si fa prosperare la società) avendo il coraggio di formare una famiglia.
Post Sinodo: invece di dialogare sul sesso degli angeli, sarebbe bene si lavorasse anche per non confondere la famiglia, ma per incoraggiarla, valorizzarla e rafforzarla. Per il bene comune.