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IRAQ

E' un flop la prima offensiva contro l'Isis

Poteva essere un'occasione per riscattare l'onore perduto dell'esercito iracheno. Invece l'offensiva lanciata contro gli jihadisti dell'Isis a Tikrit è finita con un nulla di fatto. Quasi tutti i reparti iracheni sono ormai costituiti da miliziani sciiti comandati da iraniani. E intanto in Siria altri ribelli confluiscono nell'Isis.

Esteri 06_03_2015
Battaglia a Tikrit

Doveva costituire il momento del riscatto delle truppe di Baghdad dopo le umilianti batoste subite negli ultimi sei mesi e rappresentare una sorta di prova generale in vista dell’attacco a Mosul. Invece l’offensiva lanciata da 30mila militari regolari, miliziani sciiti dell’Organizzazione Badr, sostenuti da molti ufficiali dei pasdaran iraniani contro Tikrit, città natale di Saddam Hussein, si è risolta, per ora, in un flop.

Scatenata il 2 marzo sotto la regia del generale iraniano Ghasem Soleimani, comandante della Forza al-Quds dei Guardiani della Rivoluzione,  l’offensiva su Tikrit si è conclusa, ufficialmente solo nella sua prima fase, due giorni dopo, con un  bilancio sproporzionato rispetto alle forze in campo. Il capo della polizia irachena, generale Raed Shaker Jawdat, ha reso noto che la fase iniziale dell’operazione si è "conclusa con successo" con la cacciata dei miliziani dello Stato islamico da “97 distretti e sotto-distretti nella provincia di Salahuddin" di cui Tikrit è il capoluogo. Riconquistati probabilmente anche i pozzi petroliferi da 25 mila barili al giorno di Ajeel, 25 chilometri a nord-est di Tikrit, nelle mani dei jihadisti dallo scorso giugno.

“La prima fase ha portato alla eliminazione di decine di jihadisti e attentatori suicidi e alla distruzione di laboratori per la costruzione di ordigni improvvisati" ha sottolineato il generale Jawdat. Il fatto che a guidare le operazioni sia il Ministero dell’Interno spiega molte cose dell’operazione in corso a Tikrit, che costituisce il terzo tentativo iracheno di liberare la città. Non sono i vertici dell’esercito a gestire l’offensiva ma il capo della polizia mentre il ministro degli interni, Mohammad Salem al Ghabban, è un esponente dell’Organizzazione Badr filo-iraniana ed è l’uomo che sta mettendo nelle mani delle milizie sciite non solo gli arsenali dello sconquassato esercito iracheno ma anche i destini della guerra, ormai a tutti gli effetti un conflitto tra sciiti e sunniti.  Secondo il generale Martin Dempsey, capo degli Stati maggiori congiunti statunitensi, le forze irachene che cercano di conquistare Tikrit sono composte “per tre quarti da miliziani sciiti e per il resto da soldati”.

Il bilancio dell’operazione non sembra essere molto confortante: le perdite tra i  miliziani dello Stato Islamico sono limitate e tra i caduti vi sarebbero molti kamikaze. L’impressione è che i jihadisti si siano ritirati dalle campagne circostanti dove erano molto esposti ai raid aerei per ritirarsi nei quartieri urbani dove è più difficile imporre la superiorità aerea ed emergono coraggio, addestramento, esperienza e tenacia dei singoli combattenti. Qualità che tra le forze di Baghdad non hanno mai abbondato. Secondo il "Comando delle operazioni di Salhuddin" le forze governative sarebbero giunte ormai alla "periferia della città ed a pochi metri dall'accademia della polizia", ma il Califfato ha fatto sapere di aver respinto l’offensiva.

Un dato che verrebbe riconosciuto anche dagli statunitensi che hanno scoraggiato Baghdad dal lanciare pesanti contrattacchi prima di disporre di nuove divisioni dell’esercito che i consiglieri militari Usa e alleati stanno addestrando. Le tensioni tra Baghdad e Washington riguardano soprattutto la tempistica: gli iracheni hanno fretta di riconquistare i territori e le città perdute ma gli americani temono che offensive affrettate o mal preparate portino a nuove disfatte e per questo sembra stiano valutando addirittura di rinviare all’autunno l’attacco su Mosul previsto per aprile e in ogni caso non attuabile in estate a causa delle altissime temperature.

L’offensiva delle truppe di Baghdad a Tikrit consiste in una serie di manovre di accerchiamento condotte da sud, est e nord ma finora sono stati bloccati nei sobborghi della città dopo aver riconquistato la base militare di Speicher, dove nel giugno scorso i miliziani dello Stato islamico uccisero oltre 1.500 cadetti delle forze aeree irachene. Riconquistata anche la base aerea di al-Qaiyarah", 65 chilometri a sud di Mosul e trasformata in comando e prigione dallo Stato Islamico.

Probabilmente solo nei prossimi giorni si potrà comprendere se le forze di Baghdad siano fermate per la terza volta a Tikrit o se la fase attuale di stallo preluda all’attacco alla città. In tal caso gli scontri si preannunciano violentissimi tenuto conto che la popolazione sunnita teme violente rappresaglie dalle milizie sciite Badr e che tra i difensori ci sono molti ex soldati della Guardia Repubblicana di Saddam Hussein: combattenti determinati che difficilmente verrebbero fatti prigionieri dalle milizie filo-iraniane che hanno diffuso la voce di esecuzioni di massa attuate dal Califfato nei confronti di miliziani restii a combattere. Notizie di propaganda tese a minare il morale del nemico e impossibili da verificare.

Di fatto il crescente ruolo dell’Iran e delle milizie sciite rafforza militarmente Baghdad, ma al tempo stesso cementa il fronte delle tribù sunnite con il Califfato vanificando le speranze di separare la popolazione irachena sunnita dallo Stato Islamico. Sul piano strategico resta il fatto che il Califfato perde un po’ di terreno ma continua a resistere nel nord dell’Iraq mentre in altre regioni addirittura avanza, come nella provincia occidentale di al-Anbar o in Siria dove le milizie moderate sono allo sbando e confluiscono nei gruppi estremisti islamici.

Basti pensare che il gruppo più vicino agli Usa, l'Harakat al Hazm che aveva ricevuto dal Pentagono i missili anticarro Tow, si è disciolto dopo aver subito pesanti attacchi da parte del Fronte qaedista al-Nusra e i suoi miliziani sono confluiti nella milizia Jabhat al Shammiya composto da estremisti islamici sunniti.

Sempre in Siria il Qatar sta sponsorizzando la scissione di alcune milizie dal Fronte al-Nusra per creare un nuovo movimento che non sarà certo né laico né moderato. Aspetti che dovrebbe preoccupare tenuto conto che l’emirato del Golfo è coinvolto nel programma di addestramento voluto da Washington per istruire 5mila miliziani “moderati” che dovrebbero combattere lo Stato Islamico.