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L'ANALISI

E se Berlusconi fosse ancora il regista?

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Attualità 10_11_2011
berlusconi

Berlusconi ha subíto o ha programmato? E’ stato colto di sorpresa all’ultimo minuto dagli otto deputati del Pdl che non hanno votato la fiducia, oppure prevedeva questo frangente e aveva già pensato alle contromisure fino a pianificare una vera e propria road map per i prossimi mesi? La tesi di Berlusconi sprovveduto ha nettamente prevalso in questi giorni, sulla scia di un’altra interpretazione che da tempo va per la maggiore, ossia che il premier avrebbe dovuto gestire direttamente la transizione e non lo ha voluto fare. L’idea è quella di Berlusconi ultimo giapponese nell’isola sperduta del Pacifico, oppure del generale chiuso nel suo bunker con i nemici ormai arrivati a due passi da lui.


Se è lecito sostenere che Berlusconi avrebbe forse dovuto pensare per tempo ad una transizione politica, lo è molto di meno ritenere che egli non avesse in mente un piano B nel caso di non avere i numeri della maggioranza assoluta: 316 deputati alla Camera. In effetti, invece, le notizie di questi giorni, pur se confuse e incrociate, dicono che un piano c’era e c’è.


L’idea di non dimettersi se non dopo l’approvazione della legge di stabilità e del famoso maxiemendamento ottiene tre risultati positivi per Berlusconi: dimostrare all’opinione pubblica che egli ha lavorato fino all’ultimo per il bene della nazione al punto che la manovra economica che dovrebbe porci – almeno provvisoriamente – al riparo dagli attacchi finanziari internazionali porta la sua firma; proporsi come uomo di Stato garante della democrazia del maggioritario da lui  stesso creata a suo tempo e secondo la quale quando cade un governo si va democraticamente alle urne, senza papocchi; mettere in difficoltà l’opposizione che è costretta ad approvare in aula la legge proposta dal governo per non sfigurare davanti alla nazione. Equivarrebbe ad un suicidio presentarsi come nemici dell’Europa e del risanamento. Del resto, in questo modo, l’opposizione dovrebbe spiegare perché aveva accusato il governo di essere “commissariato” dall’Europa mentre ora dà il proprio voto ad una legge che è espressione proprio di quel “commissariamento”.


Va anche notato che, chiedendo a tutti i partiti responsabili quel voto, il premier ottiene anche il vantaggio politico di condizionare il riconoscimento del titolo di “forze politiche responsabili” a criteri scelti da lui. Ottiene anche di dividere l’opposizione, dato che non tutti i partiti di sinistra condividono le riforme proposte-imposte dall’Unione europea, che hanno molti caratteri che Di Pietro, e ancora più Vendola, chiamerebbe di “macelleria sociale”.


Certo, in questo piano un rischio c’è per il premier. Ma il rischio intanto prova che il piano c’è e che non può essere stata completamente una improvvisazione dell’ultima ora. Qual è questo rischio? Che l’appello al voto unitario del maxiemendamento, per esigenze di unità nazionale, prepari psicologicamente e politicamente il terreno del governo di unità nazionale. Qui bisognerà vedere cosa farà il Presidente Napolitano. Certo è che quando Berlusconi chiederà che tutte le forze politiche votino, per il bene della nazione, la legge di stabilità, creerà egli stesso il precedente dell’unità nazionale, che Napolitano potrebbe poi sviluppare istituzionalmente.


Molti dicono – con buone motivazioni -  che questo ultimo quadro è improbabile. Prima di tutto perché non tutte le forze di centrosinistra lo condividono: Bersani è disponibile ma Di Pietro e Vendola no. Poi perché non sembrano disponibili Pdl e Lega, nonostante qualche apertura di qualche esponente. Inoltre perché un simile governo avrebbe al massimo una maggioranza risicata in Parlamento. Infine perché il Presidente Napolitano avrebbe già dichiarato che un eventuale governo di unità nazionale non può essere contro chi ha vinto le elezioni: sistema parlamentare sì, ma teniamo anche conto di come abbiamo eletto le maggioranze.  Il che conferisce a Berlusconi un diritto di veto nei confronti di questa ipotesi.


Certo, tutto è possibile. E possibile che il Pdl si squagli e che aumentino i transfughi verso altri lidi. E’ possibile che Alfano si dimostri debole e insufficiente. E’ possibile che Napolitano si faccia convincere per un governo tecnico. E’ possibile che gli attacchi ai titoli di Stato italiani si facciano ancora più aspri nelle prossime ore e che l’ipotesi delle elezioni anticipate cominci ad apparire temeraria, nonostante un governo dimissionario possa comunque operare in situazioni di urgenza. Può darsi che le opposizioni presentino una mozione di sfiducia, a sostenere la quale non sembra però che abbiano i numeri. Comunque la cosa più probabile è che si vada ad elezioni entro breve. Scopo cui tende il progetto del Premier e che, strano a dirsi, teme il Pd, che invece lo aveva chiesto fino a ieri. Ecco un altro elemento a vantaggio di Berlusconi. Non male, in fin dei conti, per un programma improvvisato all’ultimo minuto o addirittura inesistente.