ANNIVERSARIO
E per regalo al Papa sessanta ore di adorazione
Invito per i sessanta anni di sacerdozio di Benedetto XVI, ma è un'occasione per andare al fondo
della nostra esistenza.
Attualità
23_06_2011
Sessanta ore di adorazione in regalo al Papa. Nell’occasione dei suoi sessant’anni di sacerdozio, che cadono il 29 giugno, ogni diocesi è invitata dalla Congregazione del Clero a pregare in questo modo per la santificazione dei sacerdoti e per le nuove vocazioni. Un’idea semplice, che va alla sostanza del nostro rapporto quotidiano con Cristo, dal quale rinasce la Chiesa e la fede di ciascun cristiano.
Lo faremo anche noi in alcune parrocchie della diocesi di Chioggia, andando dritti dalla sera alla mattina. Nell’Eucaristia Cristo non parla, ma sempre tace, nel profondo di una presenza ininterrotta. Rimane in silenzio come quando sedeva sulla vera del pozzo a mezzogiorno: la stanchezza e l’attesa. La parola fiorisce di seguito, con domande, slanci, approfondimenti. La parola nasce dallo sguardo, perché si ascolta guardando e lasciandosi guardare. Ecco lo scambio vivace con la donna samaritana, in un intreccio di domande quasi provocatorie dall’una e dall’altra parte.
Accadde anche con i primi due discepoli, Giovanni e Andrea, che si fermarono da lui tutto il giorno. La parola che si apre sullo sguardo avvolge il corpo: la mente, il cuore, la decisione, il sentimento d’amicizia. Egli è qui, come il primo giorno. Lo scopo della Sua Presenza è di attrarci e farci amici: “Voi siete miei amici”, ha detto guardandoci uno per uno l’ultima sera della sua vita. “L’amicizia di Gesù è tutto quello che conta”, scrive Papa Benedetto, che ne è testimone dai suoi sessant’anni di sacerdozio. Questa è l’opera fondamentale, la prima e la più importante: opus Dei.
E’ la sfida da vivere nella vita personale e nell’azione pastorale. Per non smarrirsi in una montagna di cose e di orari, tra intrighi di persone e problemi; non si sa mai che cosa veramente si dovrebbe fare, non si sa da dove partire, quale iniziativa è più giusto prendere o mollare. Dice Gesù a Marta: “Una sola cosa è necessaria”. La migliore. Una cosa che non distacca dalla vita e non scioglie le responsabilità e i compiti, ma dà anima ad ogni impresa. A qual fine vivere e muoversi e inventare e progettare, se non per scoprire e rinnovare questo rapporto, questo incontro, questa amicizia? Che cosa salva il cuore e lo acqueta, se non l’aver trovato lo scopo della vita in Colui che ci si è fatto vicino?
Egli tenendoci per mano raccoglie in unità i tratti dispersi della nostra esistenza e corrisponde al nostro desiderio profondo. Questa nostra ‘strana’ religione non è fatta di riti e di imprese, e nemmeno innanzitutto di comandamenti e precetti, di morale e di buone azioni. Solo questo conta: Egli ci incontra e ci chiama nell’amicizia di una vita. Grazie a chi ce lo ricorda.