E la stampa fa i conti con un fatto nuovo
Repubblica, Corriere, Stampa danno grande risalto all'evento di piazza San Giovanni riconoscendo un "colpo d'occhio impressionante, oltre ogni aspettativa" e l'esistenza di un fronte che i media "non riescaono a immaginare". Defilato Avvenire, che dedica meno di una pagina all'evento e ci inserisce anche una polemica.
La folla che sabato ha riempito piazza S. Giovanni per la manifestazione “Difendiamo i nostri figli” un primo risultato lo ha prodotto, basta sfogliare i giornali italiani del day after. Praticamente tutti hanno messo in prima pagina la notizia.
Repubblica vince in quantità con ben 3 pagine dedicate all'evento (terza, quarta e quinta), più il fondo di Chiara Saraceno. Il Corriere non è da meno e, oltre alla notizia in prima, mette a disposizione le pagine 4 e 5, più un "interessante" intervento di Pierluigi Battista. La Stampa copre la manifestazione con 2 pagine, ottava e nona; Il Giornale offre quasi tutta la prima pagina e poi la seconda e la terza. Avvenire si defila e se la cava con pagina 9, neanche intera. Una menzione per il titolo più comico lo merita Il Fatto quotidiano che in prima spara:“Risorge la destra bigotta”.
I NUMERI
I due “giornaloni” italiani, Corriere e Repubblica, sono d'accordo: quella di sabato è stata una manifestazione che, per dimensione e convinzione, ha sorpreso tutti. “Una piazza enorme”, scrive la De Luca su Rep., mentre Conti, a pag. 5 del Corriere, deve annotare che “il colpo d'occhio su San Giovanni ricorda i tempi in cui il sindacato e la sinistra riempivano l'immensa piazza”.
Anche La Stampa concorda. Giacomo Galeazzi a pagina 8 scrive che “il colpo d'occhio era davvero impressionante, oltre ogni aspettativa”. Il Giornale riporta il dato di un milione di persone diramato dal portavoce Massimo Gandolfini, e comunque sottolinea l'immensa partecipazione della gente.
LA GRANDE NOVITA'
La vera novità però la coglie Pierluigi Battista che, nel suo fondo a pagina 29 del Corriere, ammette che quella piazza ha raccolto un fronte “che è più esteso di quanto i media non riescano a immaginare.”
“Una parte del mondo cattolico”, scrive, “fa da sé, riempie le piazze senza un comando ecclesiastico”, “senza input dall'alto”, mostrando una volontà di manifestare “la loro disperazione culturale per un modo di vedere le cose, il demonizzato “gender”, che a loro avviso sradica l'umanità da sé stessa”. Per questo dice che piazza San Giovanni “è stata la rinascita di un movimento di guerra culturale contro la modernità”.
Su questo fa un po' il pompiere monsignor Bruno Forte, vescovo di Chieti-Vasto, che sempre sul Corriere, a pag. 4, tiene a precisare che il “messaggio è positivo, che non va letto né contro qualcuno, né come espressione di una parte”. Il vescovo sembra quasi preoccupato di reiterare il concetto. La famiglia, dice, “noi non la vogliamo proporre 'contro' qualcuno”, anche perché, sottolinea, “non è che si dica: non bisogna garantire i diritti di altri”. E qui sembra svelarsi una posizione che divide non poco la gerarchia e il mondo cattolico in generale.
A pag. 5, sempre sul Corriere, interviene il teologo Salvarani, della Facoltà teologica dell'Emilia-Romagna, e prende le distanze dalla piazza dicendo che vanno “evitate criminalizzazioni, demonizzazioni, esprimendo posizioni che non sono percepite come proprie dalla grande generalità della Chiesa cattolica”. Un concetto, quest'ultimo, tutto da dimostrare.
Gianni Gennari, ex sacerdote e nota firma di Avvenire, invece, ricorda la frase del Papa - “chi sono io per giudicare” - per dire che la Chiesa “deve spiegare, a livello ecclesiastico, cos'è il vero amore, la vera famiglia, che il divorzio è una sconfitta. Ma deve lasciare alla politica le scelte sulle leggi”. Par di capire che per Gennari quello del popolo di San Giovanni, e soprattutto degli organizzatori, sarebbe solo “tragico moralismo”. “Buttato addosso all'altro”, dichiara, “per sottolineare la sua inferiorità”.
Ma la novità è talmente imponente che si fatica ad arginarla. La Stampa scrive che a differenza del Family Day 2007, oggi “sono i fedeli a trascinare i vescovi e non il contrario”. Quello di sabato “è stato un successo capace di fare a meno delle adesioni formali della CEI e delle principali sigle del laicato”.
IL CASO GALANTINO
“Il Segretario della CEI [mons. Galantino] ha detto altro, ma il Papa sta con noi”, più o meno queste le parole pronunciate sul palco da Kiko Arguello, fondatore dei Neocatecumenali e grande sostenitore della manifestazione. Tutti i giornali riportano la risposta data dal portavoce dei vescovi italiani don Ivan Maffeis, diffusa sul canale Twitter dell'AgenSir: “Kiko Arguello si è reso protagonista di una caduta di stile gratuita e grave. Contrapporre il Papa alla CEI, e in particolare al suo segretario generale, è strumentale e non veritiero”. Su questo Avvenire ha chiosato con un commento sibillino, per cui Kiko avrebbe “ceduto al vizio di emulare e assecondare chi cerca di seminare zizzania nella Chiesa”. Ma, forse, ha ragione Paolo Rodari che su Repubblica commenta scrivendo che “poco importa, ai presenti in piazza, che il Papa o i vescovi siano con loro. Anche perché, per la maggioranza dei presenti, la prudenza dei vescovi è soltanto formale”.
A questo proposito è interessante anche la dichiarazione rilasciata ad Avvenire da parte di due partecipanti, Paolo e Cristina, romani, due figli: “Non siamo venuti né con un gruppo, né con la parrocchia”, ma “perchè riteniamo che la famiglia vada difesa e, secondo noi, il ddl Cirinnà non la difende”.
L'IDEOLOGIA GENDER
Su cosa sia l'ideologia gender, quella per cui il Papa parla di “colonizzazione ideologica”, gli organizzatori hanno mostrato un video. Su queste filosofie è intervenuto dal palco l'avvocato Pillon che, pur nei limiti di tempo, ha spiegato di cosa si tratta. Ma per qualcuno l'ideologia di genere propagandata nelle scuole sarebbe solo un'invenzione degli organizzatori. Lo scrive Chiara Saraceno su Repubblica, arrivando a sostenere che “si generano timori paradossali e contraddittori in chi pensa che solo l'eterosessualità sia lo stato di natura”. Mentre Il Giornale, in un pezzo di Gian Maria De Francesco, fa un excursus delle norme che sono in cantiere “per destrutturare la famiglia tradizionale” e per “promuovere una sedicente educazione alla diversità con la quale scolorare l'identità sessuale di ciascun individuo”.
I POLITICI
Ivan Scalfarotto (Pd), sottosegretario alle Riforme, rilascia una dichiarazione non troppo democratica. Per il relatore del ddl che introduce il reato di omofobia, la piazza di Roma ha dato vita ad una “manifestazione inaccettabile”. Risponde Gaetano Quaglieriello (Ncd) che su Repubblica dice che “qui non si tratta di essere contro i diritti umani, ma contro il pensiero unico”.
Ma il governo, e specialmente il Pd, sembra convinto di portare a casa entro l'estate il ddl Cirinnà. Proprio Monica Cirinnà concede una lunga intervista a La Stampa dove mostra i muscoli. Impegnata ad una manifestazione Lgbt al padiglione Usa dell'Expo, e poi a Genova dalle famiglie arcobaleno, ha detto che “l'Italia che cammina a testa alta era lì, a Milano e a Genova, quella Medioevale a Roma”.
“Quella piazza lì”, ha aggiunto riferendosi al popolo di piazza San Giovanni, “oltre ad un'omofobia latente, dietro il mio nome nasconde una grandissima voglia di discriminare per poter continuare a godere dei privilegi di cui godono i genitori eterosessuali sposati”. “Questa piazza”, continua Cirinnà, “mi dà una forza ulteriore, e mi convince che tutti noi, il Pd, i senatori, il premier Renzi, siamo nel giusto”.
Staremo a vedere. La novità di piazza S. Giovanni è molto profonda e non è detto che i politici riescano a leggerla del tutto. Perché, come scrive Pigi Battista sul Corriere, “è la prima volta che una piazza viene mobilitata e riempita non semplicemente per quella che è chiamata unione tra coppie dello stesso sesso, ma in una sfera di interrogativi che hanno a che fare con la cultura, la concezione del mondo, l'idea stessa di natura”.