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EDITORIALE

Due uomini, un solo cuore

L'abbraccio fraterno e la preghiera insieme, sabato, di Benedetto XVI e Francesco spazzano via quel fiume di commenti interessati a mostrare contrapposizione tra i due pontificati, arrivando anche a grottesche esaltazioni di gesti semplici del nuovo pontefice.

Editoriali 25_03_2013
Papi in preghiera


Immagini indimenticabili quelle di sabato con i due papi che pregano insieme davanti all’immagine della Madonna Nera di Czestochowa; e indimenticabile l’immagine del loro abbraccio al momento dell’arrivo a Castelgandolfo di Francesco. Un incontro senza precedenti nella storia della Chiesa, su cui molto si è già scritto. Ma è stato anche un incontro consolante dopo il fiume di commenti letti e ascoltati in questi primi giorni di pontificato di papa Francesco, tendenti a creare una contrapposizione tra l’attuale pontefice e i suoi predecessori: povertà contro ricchezza, accoglienza contro rigidità, presenza tra la gente contro chiusura nei palazzi. Sciocchezze fondate su alcuni aspetti esteriori, sciocchezze spazzate via da quell’affetto sincero che Benedetto e Francesco si sono dimostrato.

In realtà già i primi discorsi e omelie di papa Francesco avevano messo in evidenza la sostanziale continuità, in particolar modo nel proporre la persona di Cristo al centro dell’annuncio, nell’individuare nella mancanza di fede la radice della crisi del mondo moderno e della Chiesa. Eppure, guardando a giornali e tv questi giorni emerge una interpretazione di rottura, l’avvento di un’era nuova, addirittura un papa “giustiziere”. Insomma un qualcosa di completamente nuovo, che poi però coincide con le solite vecchie aspettative: così i segni esteriori di povertà - come la rinuncia alla croce e all’anello d’oro o quella alle scarpe rosse – che appartengono alla personalità di papa Bergoglio, nell’immaginario collettivo sono già stati tradotti in sacerdozio per le donne, matrimonio dei preti e, ovviamente, sdoganamento del preservativo.

Sono anche fiorite leggende metropolitane fin da subito, come quella secondo cui papa Francesco, non appena eletto, rifiutando la mozzetta di velluto rosso bordata di ermellino, avrebbe apostrofato il cerimoniere monsignor Marini, dicendo: “Quella roba se la metta lei, il tempo delle carnevalate è finito”.  Oppure la cacciata dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, visitata la mattina dopo l’elezione a Papa, del cardinale americano Bernard Law, per via del suo ruolo nella copertura dei preti pedofili (in realtà ci sono le foto del loro cordiale incontro). Ma soprattutto si è assistito a un fenomeno totalmente nuovo: di solito la grande stampa laicista esalta i papi morti per colpire quello in carica. In questo caso invece, almeno per ora, si ha l’impressione che si esalti l’attuale pontefice per colpire il suo predecessore.

Così è sembrato che la grande folla fosse una novità senza precedenti, dimenticando che solo poche settimane fa sulla stessa piazza centinaia di migliaia di persone erano accorse per salutare papa Benedetto XVI agli ultimi Angelus e all’ultima udienza (e vogliamo ricordare che le udienze di papa Ratzinger hanno segnato in questi anni un’affluenza record?); idem per il giro di piazza San Pietro tra la folla a bordo della jeep scoperta, segno di una inedita vicinanza alla gente: eppure sono facilmente reperibili le immagini che mostrano anche Benedetto XVI girare in piazza San Pietro sulla stessa jeep scoperta, senza ricordare che la papamobile con i vetri blindati è stata la conseguenza dell’attentato a Giovanni Paolo II.

Con questo non si vuol dire che nel passaggio da Benedetto XVI a Francesco non sia cambiato nulla: personalità e modi di fare dei due sono molto diversi, sicuramente papa Francesco interpreterà a suo modo il pontificato e farà anche delle cose diversamente dal suo predecessore, ma non bisogna confondere i dettagli, le scelte contingenti, con ciò che è essenziale.

Tanto più che su giornali e tv l’operazione “viva Francesco” è quantomeno sospetta, tendente a incasellare il nuovo Papa in uno schema accettabile dal mondo. A cominciare dal nome, che ha scatenato descrizioni fantasiose di San Francesco, ridotto a pura macchietta. Di conseguenza è successo che molti quotidiani hanno ignorato completamente il passaggio del discorso di papa Bergoglio al Corpo Diplomatico in cui afferma che accanto alla povertà materiale c’è anche quella spirituale, identificabile con la “dittatura del relativismo” di cui tanto ha parlato Benedetto XVI. Così per milioni di lettori il Papa ha parlato solo di povertà materiale.

Se poi a questo coro fuorviante si unisce anche il direttore della tv dei vescovi italiani, allora la questione diventa sconcertante: nei giorni scorsi diversi lettori ci hanno scritto giustamente scandalizzati dai commenti fuori luogo ascoltati nelle dirette di Tv2000, come quando il direttore è esploso affermando che è “finita l’epoca del Papa-Re” (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI papa-re?) o che “finalmente la Chiesa apre le braccia a tutti”, la misericordia fa già avvicinare la gente che “prima era allontanata da una Chiesa rigida, che incuteva paura” (e quei milioni di giovani e famiglie, che da Giovanni Paolo II in poi accorrono ad ogni occasione per stare con il papa, ce li siamo sognati?).

Non ci illudiamo che l’incontro di sabato scorso faccia tornare in sé i grandi cronisti e opinionisti, ma almeno tanta gente avrà potuto vedere con i propri occhi in quell’abbraccio fraterno un’immagine vera di Chiesa, un’amicizia e una comunione profonda per cui le differenze culturali e caratteriali non solo non sono un ostacolo, ma addirittura una ricchezza, di cui gioire senza antagonismi.