L'EDITORIALE DI OGGI
Due cose che Alfano deve sapere
Domani primo discorso di Alfano da segretario del Pdl, in cui dovrà fornire la sua visione. Ma avrà imparato il centrodestra la lezione delle amministrative e dei referendum?
Editoriali
30_06_2011
Venerdì 1 luglio si riunisce l’Assemblea nazionale del Pdl per aggiornare lo Statuto del partito in modo da rendere possibile la nomina del suo primo segretario politico, l’on. Angelino Alfano. E’ la prima conseguenza delle due “sconfitte” rimediate in occasione delle elezioni amministrative di maggio e dei referendum di giugno.
C’è attesa per il discorso che Alfano terrà in questa sua prima uscita come segretario di un partito che non è mai stato un partito nel senso classico del termine, ma un movimento carismatico, che fino ad oggi, dal 1994, ha governato ed è stato all’opposizione, ma sempre e soprattutto nel segno di Silvio Berlusconi.
Prima di commentare un discorso che sarà comunque indicativo, se non importante, vorremmo attirare l’attenzione sul fatto che il nuovo segretario politico non potrà contare soltanto sul carisma del leader che lo ha scelto. Dovrà dare indicazioni politiche e soprattutto culturali, pur avendo tutti presente che viviamo una stagione post-moderna nella quale non possono avere spazio partiti ideologici come quelli che hanno segnato la Prima repubblica.
IL PIANO POLITICO
Il Pdl (e la Lega) ha subito indubbiamente una sconfitta politica che però non va drammatizzata. L’Italia era divisa in due sostanzialmente anche quando il centro-destra vinse le elezioni politiche nel 2008, così come quando le perse due anni prima. E’ dal 1994, dalla discesa in campo di Berlusconi, che le due coalizioni di centro-destra e di centro-sinistra si affrontano e si alternano al governo del Paese ed è sempre un numero limitato di elettori che di volta in volta segnano la vittoria elettorale di uno dei due schieramenti orientando il proprio voto da una parte o dall’altra.
Non ci si deve dimenticare quanto di positivo è accaduto in questi quasi vent’anni, anche se poco si è realizzato da un punto di vista legislativo. Si è cominciato a parlare di “buono scuola”, cioè di restituire alle famiglie italiane il diritto alla libertà di educazione, e in alcune regioni italiane i governi di centro-destra hanno potuto realizzare, seppure parzialmente, quanto nella Prima repubblica non era mai stato neppure all’ordine del giorno. Sono stati impediti ulteriori passi avanti nella prospettiva del secolarismo, con lo stop imposto al governo di Prodi dalle forze di centro-destra, allora all’opposizione, ai matrimoni fra coppie di fatto etero e omosessuali (i cosiddetti “dico” fermati soprattutto dalla grande manifestazione del Family day organizzata dalle associazioni cattoliche nel 2007). Con l’introduzione della legge 40 (pur non essendo una legge rispettosa del diritto naturale) si è posto qualche “paletto” nel far west della fecondazione artificiale, tanto da suscitare i continui tentativi di alcuni magistrati di vanificarla. Al contrario, nella gran parte dei paesi europei la secolarizzazione ha potuto procedere indisturbata verso le mete proposte dall’ideologia di genere, anche grazie all’assenza di qualsiasi resistenza culturale da parte delle locali forze politiche.
Non sarebbe vero dunque negare la realtà di questo positivo cambiamento di clima culturale e politico che fa dell’Italia un Paese anomalo rispetto alla maggioranza degli altri Stati europei. Un cambiamento avvenuto soprattutto grazie alla spinta missionaria del pontificato di Giovanni Paolo II, espressa nel famoso discorso al convegno ecclesiale di Loreto nel 1985 e nella Preghiera per l’Italia nel 1994, una spinta raccolta dal mondo cattolico italiano con la guida del card. Camillo Ruini e che in qualche modo è stata ereditata elettoralmente soprattutto dalle forze politiche del centro-destra dopo la fine della Dc.
IL PIANO CULTURALE
Il Pdl (e la Lega) ha subito indubbiamente una sconfitta politica che però non va drammatizzata. L’Italia era divisa in due sostanzialmente anche quando il centro-destra vinse le elezioni politiche nel 2008, così come quando le perse due anni prima. E’ dal 1994, dalla discesa in campo di Berlusconi, che le due coalizioni di centro-destra e di centro-sinistra si affrontano e si alternano al governo del Paese ed è sempre un numero limitato di elettori che di volta in volta segnano la vittoria elettorale di uno dei due schieramenti orientando il proprio voto da una parte o dall’altra.
Non ci si deve dimenticare quanto di positivo è accaduto in questi quasi vent’anni, anche se poco si è realizzato da un punto di vista legislativo. Si è cominciato a parlare di “buono scuola”, cioè di restituire alle famiglie italiane il diritto alla libertà di educazione, e in alcune regioni italiane i governi di centro-destra hanno potuto realizzare, seppure parzialmente, quanto nella Prima repubblica non era mai stato neppure all’ordine del giorno. Sono stati impediti ulteriori passi avanti nella prospettiva del secolarismo, con lo stop imposto al governo di Prodi dalle forze di centro-destra, allora all’opposizione, ai matrimoni fra coppie di fatto etero e omosessuali (i cosiddetti “dico” fermati soprattutto dalla grande manifestazione del Family day organizzata dalle associazioni cattoliche nel 2007). Con l’introduzione della legge 40 (pur non essendo una legge rispettosa del diritto naturale) si è posto qualche “paletto” nel far west della fecondazione artificiale, tanto da suscitare i continui tentativi di alcuni magistrati di vanificarla. Al contrario, nella gran parte dei paesi europei la secolarizzazione ha potuto procedere indisturbata verso le mete proposte dall’ideologia di genere, anche grazie all’assenza di qualsiasi resistenza culturale da parte delle locali forze politiche.
Non sarebbe vero dunque negare la realtà di questo positivo cambiamento di clima culturale e politico che fa dell’Italia un Paese anomalo rispetto alla maggioranza degli altri Stati europei. Un cambiamento avvenuto soprattutto grazie alla spinta missionaria del pontificato di Giovanni Paolo II, espressa nel famoso discorso al convegno ecclesiale di Loreto nel 1985 e nella Preghiera per l’Italia nel 1994, una spinta raccolta dal mondo cattolico italiano con la guida del card. Camillo Ruini e che in qualche modo è stata ereditata elettoralmente soprattutto dalle forze politiche del centro-destra dopo la fine della Dc.
IL PIANO CULTURALE
Tuttavia si ha l’impressione che questa resistenza sul piano culturale oggi sia diventata debole e comunque non presente nelle continue fibrillazioni che hanno agitato il centro-destra in questo mese di giugno.
I principi non negoziabili sembrano non avere nessuno che li voglia assumere e mettere al centro della propria cultura e azione politica, anche se spesso, come abbiamo già fatto notare su La Bussola Quotidiana, sono stati proprio i cattolici, pastori e laici, a dimostrare di non credere veramente nella centralità politica dei principi non negoziabili. Avrà la forza e il coraggio, l’on. Alfano, di metterli al centro della proposta politica che si prepara a indicare alla classe dirigente del suo partito? Ci sono stati episodi importanti nella recente storia del nostro Paese e del centro-destra che non devono essere dimenticati, perché in qualche modo hanno espresso un comune sentire destinato a rimanere nella storia, anche del centro-destra. E’ il caso della difesa della vita di Eluana Englaro, che ha visto il governo compattarsi con forza e dignità, anche rischiando lo scontro istituzionale con la Presidenza della Repubblica. Ma è anche stato il caso del referendum sulla legge 40 e della lotta contro i dico, quando il governo, o comunque la coalizione di centro-destra, sono riusciti a suscitare e raccogliere entusiasmo reale nella parte della popolazione che si era impegnata in queste battaglie.
Si dice che le elezioni si vincono sull’economia e in particolare sulla ventilata riforma fiscale. Sarà pure vero e nessuno vuole negare l’importanza di questo aspetto, sia per il bene di una comunità sia perché la popolazione oggi sembra essere veramente preoccupata di fronte a una crisi economica reale. Tuttavia queste riforme sembra che non si possano realizzare, almeno a breve termine, a causa della crisi economica, dei limiti imposti dall’Unione europea, dell’enorme debito pubblico ereditato. E allora perché insistere sulla promessa di abbassare le tasse se non la si può mantenere? Inoltre, non bisogna mai dimenticare qualcosa che la storia del nostro Paese dovrebbe mostrare con grande evidenza.
I consensi che rimangono nel tempo sono quelli che nascono da profonde ragioni culturali. Non è compito dei partiti svolgere questa opera di trasmissione culturale sul corpo sociale, ma i partiti devono mostrare con chiarezza “da che parte stanno” rispetto ai valori: soltanto così erediteranno consensi reali, che non svaniscono di fronte alla prima crisi economica.
Rimarrebbe così ancora più inspiegabile un silenzio sui principi non negoziabili da parte di un partito che ha bisogno di un rilancio ideale, prima che organizzativo. Speriamo che Alfano se ne ricordi.
I principi non negoziabili sembrano non avere nessuno che li voglia assumere e mettere al centro della propria cultura e azione politica, anche se spesso, come abbiamo già fatto notare su La Bussola Quotidiana, sono stati proprio i cattolici, pastori e laici, a dimostrare di non credere veramente nella centralità politica dei principi non negoziabili. Avrà la forza e il coraggio, l’on. Alfano, di metterli al centro della proposta politica che si prepara a indicare alla classe dirigente del suo partito? Ci sono stati episodi importanti nella recente storia del nostro Paese e del centro-destra che non devono essere dimenticati, perché in qualche modo hanno espresso un comune sentire destinato a rimanere nella storia, anche del centro-destra. E’ il caso della difesa della vita di Eluana Englaro, che ha visto il governo compattarsi con forza e dignità, anche rischiando lo scontro istituzionale con la Presidenza della Repubblica. Ma è anche stato il caso del referendum sulla legge 40 e della lotta contro i dico, quando il governo, o comunque la coalizione di centro-destra, sono riusciti a suscitare e raccogliere entusiasmo reale nella parte della popolazione che si era impegnata in queste battaglie.
Si dice che le elezioni si vincono sull’economia e in particolare sulla ventilata riforma fiscale. Sarà pure vero e nessuno vuole negare l’importanza di questo aspetto, sia per il bene di una comunità sia perché la popolazione oggi sembra essere veramente preoccupata di fronte a una crisi economica reale. Tuttavia queste riforme sembra che non si possano realizzare, almeno a breve termine, a causa della crisi economica, dei limiti imposti dall’Unione europea, dell’enorme debito pubblico ereditato. E allora perché insistere sulla promessa di abbassare le tasse se non la si può mantenere? Inoltre, non bisogna mai dimenticare qualcosa che la storia del nostro Paese dovrebbe mostrare con grande evidenza.
I consensi che rimangono nel tempo sono quelli che nascono da profonde ragioni culturali. Non è compito dei partiti svolgere questa opera di trasmissione culturale sul corpo sociale, ma i partiti devono mostrare con chiarezza “da che parte stanno” rispetto ai valori: soltanto così erediteranno consensi reali, che non svaniscono di fronte alla prima crisi economica.
Rimarrebbe così ancora più inspiegabile un silenzio sui principi non negoziabili da parte di un partito che ha bisogno di un rilancio ideale, prima che organizzativo. Speriamo che Alfano se ne ricordi.