«Dubia, appello lecito per salvare anime»
Prosegue il dibattito su Amoris Laetitia e sui dubia dei cardinali. Parla il teologo Woodall: «Confusione preoccupante, che alimenta la divisione. Il Papa fa bene a voler raggiungere le persone in difficoltà, ma se c’è confusione il suo primo compito è quello di unire nella verità del Magistero della Chiesa».
-KASPER HA GIA' RISPOSTO di S. Fontana
“Nessuno può porsi al di sopra del Vangelo”. Così George Woodall, professore di teologia morale e di bioetica alla Regina Apostolorum di Roma, spiega alla Nuova BQ perché è importante porre un freno a quelle interpretazioni dell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia” in contrasto con l’insegnamento millenario della Chiesa cattolica. Confermando la confusione generale in merito al testo, Woodall apprezza l’appello dei quattro cardinali che hanno sollevato dei dubbi in merito chiedendo al papa di ribadire pubblicamente la dottrina.
Sia i quattro cardinali sia altri teologi e sacerdoti da noi intervisti hanno parlato di una confusione dilagante fra i fedeli e i sacerdoti circa l’interpretazione dell’A.L. Conferma?
Questa confusione preoccupante è un dato assolutamente reale. Posso poi sostenere che sia nel mio ruolo di professore sia di pastore riscontro una crescente divisione alimentata da questa confusione. Perciò penso che l’intervento dei cardinali a precisare i loro dubbi sia un atto di carità lecito e anche giusto nei confronti del Santo Padre, il quale, è bene ricordare, ha il compito di custode della dottrina.
Perché intervenire pubblicamente se il papa stesso non ha ritenuto opportuno rispondere ai cardinali nemmeno in forma privata?
Questa domanda è da rivolgere a loro, ma penso che proprio la preoccupazione per una giusta pastorale necessiti un intervento. Si sente il bisogno di una parola chiara che spazzi via ogni ambiguità ribadendo una volta per tutte che l’unica ermeneutica è quella della tradizione.
Il papa ha la preoccupazione di non far sentire nessuno escluso, per questo, dice spesso lui stesso, non sopporta la rigidità sulla dottrina. Cosa ne pensa?
Confesso la gente nella parrocchia in cui abito, mi incontro con altri sacerdoti e con gli studenti e quello che vedo, lo ripeto, è un caos e una divisione crescenti. Ciò che il papa vuole fare con l’AL è chiaro: si capisce che vuole raggiungere le persone in difficoltà per integrarle e accoglierle nella Chiesa. E’ la sua intenzione ed è giusta. Questo però non è in contraddizione con la sequela alla dottrina. Sono stato parroco di un paese per dieci anni, conosco bene questa necessità di inclusione, motivo per cui ho accolto molte coppie di adulteri che si avvicinavano alla Chiesa. E li ho accompagnati, come suggerito dal Magistero, affinché si ravvedessero per accedere ai sacramenti. Non c’è discrepanza fra sequela alla dottrina e una giusta pastorale.
Perché è così grave una prassi in cui si accede alla Comunione in stato di peccato mortale?
Faccio un esempio: il Papa è giustamente duro con i corrotti e i pedofili e non ha neanche istituito un giubileo per loro. Però se una persona corrotta si converte è giusto perdonarla e concederle i sacramenti. Lo stesso vale per un pedofilo pentito che faccia il proposito di non peccare più. E’ da tale proposito infatti che si capisce se vuole davvero seguire Cristo e quindi se può riceverle il Suo corpo.
Uno dei quattro cardinali, Raymond Burke, è intervenuto sul National Catholic Register spiegando che ammettere ai sacramenti chi continua a vivere da adultero significa negare o l’indissolubilità del matrimonio o il fatto che la Comunione è realmente il Corpo di Cristo.
In ballo c’è proprio questa grave questione.
Per questo il cardinale parla di una possibile correzione pubblica dell’esortazione in mancanza di una risposta chiarificatrice. Cosa ne pensa?
Se ho capito bene ciò che Burke ha detto e che nel passato ci sono state già altre occasioni in cui i papi sono stati corretti dai cardinali. In questo caso posso confermare la veridicità storica di quanto affermato: si tratta di fatti accaduti in difesa della dottrina cristiana.
Molti, però, sostengono che quello dei cardinali sia un atto contro il papa.
Non è un atto contro il papa, ma un appello lecito al lui, affinché faccia pubblicamente chiarezza su punti fondamentali, di verità e di morale, per la vita della Chiesa e la salvezza delle anime. Concordo anche sul fatto che sia un atto di giustizia, visto che come cristiani siamo tenuti ad essere fedeli a Cristo e al suo Vangelo al di sopra di tutto. Questo vale per ciascun fedele, per il papa, per noi chierici, per i laici: nessuno può porsi al di sopra della tradizione e del Vangelo. E se c’è confusione in merito il primo compito del Santo Padre è quello di unire tutti nella verità del Magistero della Chiesa. Perciò spero che il papa risponda all’appello.