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CONGIUNTURE NEGATIVE

Draghi e cinesi spengono l'entusiasmo di Renzi

Il premier italiano non aveva neppure fatto a tempo a festeggiare la prevista ripresa dell'economia italiana. E subito arriva la doccia fredda di Mario Draghi, dalla Bce: è vero che ci sarà una crescita nell'eurozona, ma più lenta del previsto. Anche per colpa della crisi cinese.

Editoriali 05_09_2015
Mario Draghi

La crisi cinese spaventa i mercati e l’Europa prepara le contromisure. Due giorni fa il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi ha ammesso che la ripresa del Vecchio Continente continuerà, ma “ad un ritmo più lento rispetto a quanto previsto in precedenza”, e che, quindi, dovranno essere riviste al ribasso le stime fatte per il 2015.

La frenata di Draghi arriva proprio nei giorni in cui il baldanzoso premier italiano aveva trionfalisticamente osannato i timidi segnali di ripresa italiana sull’occupazione e aveva apertamente sfidato Bruxelles, preannunciando tagli consistenti alle tasse e confidando in una maggiore flessibilità da parte della Commissione europea. Le dichiarazioni di Renzi sul “funerale delle tasse sulla casa il prossimo 16 dicembre” hanno certamente rallegrato gli operatori del settore immobiliare e, più in generale, tutti i proprietari di case, ma hanno anche insinuato dubbi circa le effettive coperture finanziarie di una manovra del genere così massiccia e radicale. Dove Palazzo Chigi troverà le risorse per coprire il mancato gettito derivante dall’annunciata cancellazione di quei balzelli? A Bruxelles, peraltro, hanno accolto con freddezza e un tantino di fastidio gli annunci (elettoralistici?) del premier italiano sui tagli generalizzati delle imposte sulla casa e non è detto che tutto poi fili liscio come lo stesso Renzi ha assicurato. Di qui a dicembre, infatti, c’è di mezzo la legge di stabilità e bisognerà capire come andranno sistemati i vari tasselli che compongono il mosaico del bilancio dello Stato.

Se già durante il Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini perfino il ministro dell’economia Padoan aveva in parte “corretto” il Presidente del Consiglio, puntualizzando che una riduzione stabile e strutturale delle tasse deve necessariamente passare dalla spending review e dalla riduzione della spesa pubblica, ora anche Draghi sembra spegnere gli entusiasmi renziani e prova a riportare con i piedi per terra l’ex sindaco di Firenze, ponendogli di fronte uno scenario europeo tutt’altro che stabile e rassicurante. Il governatore della BCE ha deciso di lasciare invariato al minimo storico (0,05%) il costo del denaro e non ha escluso di prolungare anche oltre il termine previsto del settembre 2016 il “quantitative easing”, cioè il programma di acquisto di titoli di Stato per un valore di 60 miliardi di euro al mese avviato nel marzo scorso con l’obiettivo di far salire l’inflazione, superare la stretta creditizia e stimolare la crescita dell’Eurozona. Tutti questi traguardi, infatti, rischiano di allontanarsi proprio a causa delle incertezze legate alla crisi cinese.

Stando così le cose, l’Europa crescerà meno del previsto: l’area euro, nel 2015, dovrebbe progredire dell’1,4% (0,1% in meno del previsto), per poi salire dell’1,7% (contro l’1,9% della precedente stima) il prossimo anno e dell’1,8% nel 2017. E anche la crescita del livello dei prezzi, parametro fondamentale per valutare l’efficacia del quantitative easing, non sarà in linea con le attese: nel 2016 dovrebbe essere “solo” dell’1,1% (contro l’1,5% preventivato all’inizio), quella per il 2017 è tagliata all’1,7% dall’1,8% e quella per l’anno in corso è tagliata allo 0,1% dallo 0,3%. Il realismo di Draghi e del suo staff si basa, più in generale, sull’evoluzione dell’ultimo anno, cominciato con la crisi tra Russia e Ucraina, che ha congelato l’accesso dei prodotti europei a uno dei mercati più dinamici dell’ultimo decennio.

La crisi greca ha scaricato ulteriori incertezze sull’Europa e ha prestato il fianco a ulteriori speculazioni. Oggi l’impasse cinese, che ha indotto il governo di Pechino a svalutare la sua moneta, rende meno concorrenziali le merci europee.

Tutti fattori che sgonfiano le previsioni ottimistiche di qualche mese fa e fanno nuovamente sprofondare l’Europa in un limbo di incertezze dal quale può uscire fra un mese o fra un anno. Dipenderà moltissimo dalla Cina, ma anche dalle ricadute sui mercati mondiali della tempesta cinese. Renzi ha forse scelto il momento meno adatto per promettere drastiche riduzioni di tasse e potrebbe doversi rimangiare le promesse fatte. Dietro le scelte di Palazzo Chigi c’è una chiara strategia di fidelizzazione del ceto medio in vista del voto amministrativo in città come Milano, nelle quali quel ceto rappresenta il nerbo del tessuto sociale e l’elettorato decisivo per portare a casa un successo nelle urne. Senza contare che, in caso di mancata approvazione della riforma del Senato, potrebbe riaffacciarsi prepotentemente all’orizzonte lo scenario delle elezioni politiche anticipate. Presentarsi agli italiani dopo aver cancellato le tasse che in parte il centrodestra era riuscito a tagliare in anni passati significherebbe per Renzi erodere la base elettorale berlusconiana e ipotecare la vittoria. Ma se le condizioni europee e mondiali non lo consentiranno, il premier dovrà rassegnarsi a vivacchiare e a quel punto le proposte politiche alternative alla sua potrebbero guadagnare terreno. Questa volta più che mai saranno la congiuntura internazionale e, di riflesso, lo stato di salute delle tasche degli italiani a determinare il futuro di chi sta al governo.