Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Natale del Signore a cura di Ermes Dovico
EDITORIALE

Dopo il Sinodo, fedeli ancora più confusi

Dopo tanti dibattiti e polemiche, la disillusione è forte. L'amplificazione del fenomeno Sinodo ha messo in evidenza un grave problema nella gestione dei mezzi di comunicazione. E la relazione finale contiene tante affermazioni che dal punto di vista operativo non significano nulla.

Editoriali 29_10_2014
Conferenza stampa al Sinodo

Trascorsi dieci giorni dalla chiusura del Sinodo, la disillusione è forte. Le attese di molti si sono infrante. I comunicati e le conferenze stampa avevano alimentato dibattiti e polemiche anche accese. Ma alla fine a una prima impressione sembra che si sia trattato di «una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla» per usare un’espressione di Shakespeare (Macbeth 5,5).

Il Sinodo appena concluso può essere considerato sotto molti punti di vista. Mi limito brevemente a considerarne solo due. Il primo, il fenomeno Sinodo, cioè la manifestazione esterna che del Sinodo è stata prodotta da alcuni membri e da parte della stampa. Il secondo aspetto è il Sinodo dei documenti, cioè il dato oggettivo del testo finale, la Relatio Synodi.

Sotto il primo aspetto, cioè il fenomeno Sinodo, bisogna rilevare che l’assemblea sinodale è stata caricata di aspettative. Alcuni hanno parlato del Sinodo come di una sorta di Concilio ecumenico. Altri hanno accostato Giovanni XXIII e la convocazione del Concilio ecumenico Vaticano II a papa Francesco e al Sinodo sulla famiglia appena concluso. Ma inevitabilmente tutte queste aspettative si sono presto scontrate con la realtà. Si sono rivelate esorbitanti e infondate perché come stabilisce il Codice di diritto canonico: «Spetta al Sinodo dei vescovi discutere sulle questioni proposte ed esprimere dei voti, non però dirimerle ed emanare decreti su tali questioni, a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del Sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa» (can. 343).

Molti si attendevano svolte epocali. Alcuni giornalisti hanno parlato di una rivoluzione nella pastorale. Ma molto più sommessamente il canone 343 ricorda che l’assemblea del Sinodo «discute sulle questioni proposte», «esprime voti», ma non dirime le questioni e non emana leggi.

Queste attese in parte sono state orchestrate con mesi di anticipo grazie anche alla sponda data dalla stampa, non specializzata, ma sicuramente interessata: si pensi alle interviste rilasciate a più riprese sia dal Papa che da alcuni cardinali.

Nel corso del Sinodo, poi, queste attese hanno trovato singolari interpreti/fautori. Ad esempio abbiamo appreso dalla voce del cardinale Erdö che alcuni numeri della Relatio post disceptationem corrispondevano al parere di uno o due membri del Sinodo, su circa 180 membri. Quindi si trattava di pareri davvero singolari. Eppure hanno trovato posto nella Relatio post disceptationem e hanno fatto il “giro del mondo” in ragione dell’enfasi datagli dalla stampa.

Il fatto di aver reso pubblica la Relatio post disceptationem ha generato grande confusione nell’animo di molti fedeli e da molti circoli sinodali è stato giudicato gravemente imprudente proprio per la natura stessa della Relatio, che è un documento meramente provvisorio, interno all’assemblea sinodale, funzionale solo a guidare la discussione.

Quindi, guardando al Sinodo come fenomeno, questo è stato fortemente amplificato. Il che pone un problema grave: la gestione e il governo dei mezzi di comunicazione, i quali non si propongono come obiettivo la comunione con Cristo e la salvezza delle anime, che sono invece obiettivi pastorali della Sposa di Cristo. «Una favola piena di rumore e di furore».

Quanto al secondo aspetto, il Sinodo dei documenti, cioè il dato oggettivo del testo finale, la Relatio Synodi, per amore di brevità mi limito a fare degli esempi. «La complessa realtà sociale e le sfide che la famiglia oggi è chiamata ad affrontare richiedono un impegno maggiore di tutta la comunità cristiana per la preparazione dei nubendi al matrimonio. È necessario ricordare l’importanza delle virtù. Tra esse la castità risulta condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale» (n. 39). «Un particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente i separati, i divorziati, gli abbandonati» (n. 47). «Un grande numero di padri ha sottolineato la necessità di render più accessibili e agili, possibilmente del tutto gratuite le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità [matrimoniale]» (n. 48).

Affermazioni verissime. Ma ci voleva un Sinodo per scriverle? E anche l’enfasi generalizzata sull’accoglienza che la Chiesa deve avere verso gli uomini e le donne? Ma forse per qualche tempo la Chiesa non è stata Madre dei credenti, ma matrigna? O forse non sono quegli stessi mezzi stampa che dipingono, quando vogliono, la Chiesa come matrigna? Oppure – penso io – ci deve essere stato qualche parroco che ha sbattuto la porta in faccia a qualcuno e allora anziché intervenire in modo puntuale nei suoi confronti si è pensato a un documento che riguardi tutti. Sistema che dal punto di vista operativo e concreto è garanzia di un’efficacia quasi nulla.

Quindi, guardando al Sinodo come documento, ritorna in mente la citazione: «Una favola piena di rumore e di furore, che non significa nulla». Ma anche questo aspetto è significativo. L’enfasi mediatica e l’ignoranza di molti avevano generato la convinzione che il Sinodo avrebbe redatto un documento decisivo di svolta. Ma, posto il canone 343, questo oggettivamente non è possibile. Anche se dopo il Sinodo il Papa pubblicasse una esortazione post-sinodale – è questa la tipologia di documento che recentemente i papi hanno adottato –, l’esortazione post-sinodale per il suo genere letterario non ha il valore magisteriale di una costituzione apostolica, di una costituzione conciliare, di un decreto o di una dichiarazione. Poi, è bene ricordare che le interviste e le conferenze stampa non sono atti di magistero, sia che le rilasci il sommo Pontefice, sia che le rilasci un vescovo. Poi, un conto sono le opinioni di un singolo membro del Sinodo (semplice parere con possibilità che la proposizione contraria sia vera), altro è il testo finale, la Relatio Synodi, la quale però per natura sua non ha valore di atto di magistero.

Dai resoconti ufficiali, cioè dalle relazioni dei circoli sinodali e dalla Relatio Synodi, leggiamo che i lavori dei gruppi linguistici e dell’assemblea generale sono stati molto fraterni ed edificanti. La risonanza esterna è stata quella di una confusione «piena di rumore e di furore». E il semplice fedele, caso mai divorziato o abbandonato, che giovamento ne ha tratto? Se non c’è uno di noi che gli si fa prossimo per lui «non significa nulla».