Dopo il siluramento di McCarthy, la guerra al Congresso continua
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Per la prima volta, nella storia del Congresso degli Stati Uniti, un presidente della Camera è stato deposto, sfiduciato dal suo partito. Cosa succede fra i Repubblicani? Il siluramento di Kevin McCarthy si spiega solo in una logica di guerra civile fredda.
Per la prima volta, nella storia del Congresso degli Stati Uniti, un presidente della Camera è stato deposto a seguito di un voto di sfiducia del proprio partito. Kevin McCarthy non è più “speaker” della camera bassa del parlamento americano ed è iniziata la competizione per eleggere il suo successore.
La vicenda singolare è sorprendente ma al tempo stesso non è una sorpresa. Non la è, perché McCarthy, all’inizio della legislatura, a seguito delle elezioni di metà mandato del 2022, era stato scelto dopo ben 15 votazioni. Le numerosissime fumate nere, anch’esse da record imbattuto, erano motivate dall’opposizione del Freedom Caucus (l’ala del partito attualmente più vicina a Trump) e in particolare di Matt Gaetz, per il quale si inizia a parlare direttamente di rivalità personale. McCarthy è stato eletto ad una condizione: di introdurre la regola in base al quale un solo deputato potesse chiederne la sfiducia. Per gli osservatori più attenti, quella è stata la sua condanna politica.
Tuttavia, la vicenda resta sorprendente perché McCarthy aveva tecnicamente vinto il confronto con i Democratici, evitando all’ultimo minuto la chiusura del governo con l’approvazione di un nuovo bilancio temporaneo (la votazione si rinnoverà a novembre), in cambio di tutte le maggiori concessioni chieste dai Repubblicani, fra cui la discussa esclusione dal budget degli aiuti militari all’Ucraina, un nuovo tetto sull’aumento del debito e l’incremento delle risorse per la gestione dell’immigrazione al confine meridionale. A votare la sfiducia per McCarthy sono stati otto deputati repubblicani, assieme all’intero Partito Democratico che ha colto la palla al balzo per disfarsi di un avversario scomodo. L’ex speaker della Camera non è stato sicuramente bocciato per infedeltà a Trump, considerando che aveva addirittura votato contro la certificazione della vittoria di Joe Biden nel 2021, dopo l’assalto al Campidoglio.
Otto deputati sono il 4% del partito, ma sufficienti a far pendere la bilancia dalla parte dell’opposizione. Perché hanno votato la sfiducia dopo aver ottenuto la vittoria? Per sette degli otto dissidenti, McCarthy ha dimostrato, evidentemente, di essere già troppo incline ai compromessi. Il solo fatto di aver raggiunto un accordo per evitare la chiusura del governo è considerato un tradimento. Per l’unica deputata centrista ed ex Democratica che ha votato contro, Nancy Mace (della Carolina del Sud), perché non ha rispettato le promesse anche “sull’accesso alla salute riproduttiva”.
Ma prima ancora di affrontare la competizione per la scelta del successore, i Repubblicani devono farsi ora un esame di coscienza. Kevin McCarthy era già considerato dai media come un “fanatico pro-Trump”, ma non è bastato. I rappresentanti che gli hanno votato contro, a loro volta devono rispondere ad un elettorato che ormai (soprattutto dopo le elezioni del 2020) vuole la guerra contro i Democratici. Dai voti uscirà quasi certamente un successore ancora più intransigente e meno incline al dialogo con l’opposizione, in tutte le questioni sul tappeto. Alcuni deputati, fra cui Marjorie Taylor Greene, hanno proposto di eleggere direttamente Donald Trump. Tecnicamente si può fare: non è necessario avere un seggio in Congresso per essere eletti alla presidenza della Camera. Ma è lo stesso Trump, candidato alla presidenza, che ha declinato l’invito, almeno per ora.
Questo clima già fa presagire cosa saranno le elezioni del 2024. Saranno una lotta pro o contro Trump senza compromessi e senza esclusioni di colpi. Spettacolari, per chi le osserva da casa, in un altro Paese. Ma ciò vuol dire che da qui al novembre del prossimo anno le istituzioni americane tenderanno alla paralisi, per colpa di questo scontro muro-contro-muro. E dopo la vittoria di Trump, o del suo avversario (Biden, o chi per lui), sarà probabilmente peggio, perché nessuno, in questo clima, ammetterebbe la sconfitta. L’ex presidente repubblicano (con quattro cause in corso e una, civile, appena iniziata) è considerato un fuorilegge dai Democratici, mentre Biden è un usurpatore agli occhi di più della metà dell’elettorato repubblicano che non considera valide le elezioni del 2020. Se la politica è l’arte del compromesso, vuol dire che negli Usa la politica è morta.