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ESPRESSO-REPUBBLICA

Dopo Crocetta giù anche dall'aereo del Papa. Doppio ko

Prima il caso Crocetta-Borsellino con quella telefonata pubblicata dall’Espresso ma sconfessata dalla procura di Palermo. Poi la decisione della sala stampa vaticana di non ammettere l’inviato di Repubblica al viaggio del Papa a Cuba, come sanzione per aver violato l’embargo sull’enciclica. Per loro uno smacco doppio.

Politica 26_07_2015
La prima pagina di Repubblica

«Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati». Come il povero Bertold Brecht, pure il vaticanista di Repubblica, l’impavido Marco Ansaldo, dovrà trovarsi uno strapuntino su un altro volo. Tutto solo e  senza poter godere dei passaggi sull’Air One di papa Francesco in rotta per Cuba, come faranno invece tutti gli altri giornalisti al seguito. Un indignato pezzullo di spalla in prima pagina avverte lettori e simpatizzanti del grave sgarbo all’etichetta e alla democrazia gazzettiera che lascia a terra la testata fondata da Eugenio Scalfari, grande amico e sedicente confessore di Sua Santità. Fine di un’amicizia tra il Papa della misericordia e il Barbapapà delle finte interviste, oppure clamorosa sconfessione di un millantato credito già troppo a lungo sopportato dalla sacre stanze vaticane?

Scrive una seccatissima Repubblica che trent’anni dopo, un suo vaticanista «viene nuovamente escluso dall’aereo papale (…). Allora toccò a Domenico Del Rio, estromesso per aver scritto articoli critici sul pontificato wojtyliano. Oggi è la volta di Marco Ansaldo, che segue la Santa Sede da 5 anni, e ha viaggiato con due pontefici in19 occasioni». Insomma, sottolinea il quotidiano, mica uno che viene dalla campagna con i pantaloni corti e la penna in bocca, come quello stralunato disturbatore che si vede sempre in tv e che qualche reporter, prima o poi, si deciderà a prendere a calci, come fece il compianto Frajese con Paolini, molestatore di professione (e non soltanto di giornalisti). A prendere metaforicamente a calci “il disturbatore” di Repubblica e a buttarlo giù dall’aereo papale, ci ha pensato padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, con una decisione che replica quella di 30 anni fa. Il motivo? Sta scritto nella lettera inviata a Marco Ansaldo dallo stesso padre Lombardi. In realtà, anche stavolta, il capo ufficio stampa del Papa ha pasticciato un po’ ma alla fine ha chiarito: l’esclusione di Ansaldo dal volo papale è una “sanzione” per la pubblicazione anticipata dell’enciclica Laudato sì da parte dell’Espresso (settimanale dello stesso editore di Repubblica), che aggirando l’embargo ha fatto uscire il testo prima della presentazione ufficiale. 

Giusto, sbagliato? Decidete voi, ma non è questo il punto. A fare andare in bestia la pia Repubblica non è stato il portello del jet papale chiuso  in faccia al suo inviato. No, quel che gli è andato di traverso è che la Santa Sede si è presa il diritto di erogare sanzioni contro lorsignori: «non le riconosciamo questo titolo», ha scritto il direttore, «difendiamo il nostro lavoro e pretendiamo di non essere discriminati nel farlo, al servizio dei lettori e nel comune interesse alla verità».  Beh, a parte l’involontaria comicità dell’affermazione (ma quando è stata l’ultima volta che Repubblica s’è messa a servizio della verità?), il fatto è che questi autonominati intoccabili maestri dell’informazione non tollerano che qualcuno possa mettere in discussione i loro metodi e modi. Possono pubblicare, finché la magistratura glielo consente e l’Ordine pure, di tutto e di più: documenti protetti da embargo, intercettazioni private e telefonate coperte dal segreto istruttorio o addirittura inesistenti. Come è avvenuto con il caso Crocetta-Borsellino. Bravi, finché nessuno li ferma e riescono a farla franca. Ma una volta sgamati, facciano almeno il piacere di non fare le verginelle offese: si accomodino pure dalla parte del torto senza urlare alla libertà calpestata. 

Con il quotidiano ch fu di Scalfari, il Vaticano ha più di un conto in sospeso. Per ben due volte ha pubblicato interviste farlocche al Papa allegramente inventate per avvallare i pensieri del suo fondatore. Poi l’enciclica, coperta da embargo, pubblicata il giorno prima della presentazione. Vero, colpa dell’Espresso e non di Repubblica, ma, come si dice: se non è zuppa è pan bagnato. Alla fine il buon padre Lombardi s’è stufato di quei poco simpatico scherzetto e chi bara paga: Ansaldo strilli pure alla discriminazione, ma vada a prendersi l’aereo in un altro terminal. Che la coppia di carta debenedettiana abbia il vizietto di raccontare i fatti con le regole della fiction non stupisce più nessuno: ne sa qualcosa il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, linciato via Espresso per un colloquio telefonico che ben quattro procure siciliane hanno smentito, liquidandolo come “bufala”. Evidentemente, nel giochetto che il quotidiano intrattiene da sempre con  giudici e procure compiacenti, qualcosa si deve essere guastato e e così gli stracci han preso a volare. E così, nel giro di pochi giorni, Repubblica-Espresso incassano un doppio schiaffone incrociato: dal Vaticano e dai giudici. Micidiale ko, papale papale. Ma a loro non dovrebbe dispiacere: sedersi dalla parte del torto è sempre motivo di vanto.