Donne "prete", s'apre il fronte rosa del Sinodo
Il Sinodo tedesco sta alimentando il fuoco delle ordinazioni femminili. Era ed è chiaro l’intento di fare pressione sul Sinodo amazzonico per ottenere porte aperte su certi “temi sensibili”. Gli interventi in questi giorni si sprecano.
Avevamo già dato notizia che in questa fase preparatoria del Sinodo tedesco si sta alimentando il fuoco delle ordinazioni femminili. Era ed è chiaro l’intento di fare pressione sul Sinodo amazzonico per ottenere porte aperte su certi “temi sensibili”. Non si capisce bene se sia il Reno a fecondare le acque del Rio delle Amazzoni o viceversa, ma sicuramente le correnti dei due bacini fluviali si stanno unendo per cercare di travolgere i “paletti” ancora in piedi nella Chiesa quanto a celibato sacerdotale ed ordinazioni femminili.
Ad aumentare ancora la forza d’urto è stato l’incontro del 3 ottobre scorso, dal titolo E tu sorella cosa dici?, pubblicizzato anche dal Coordinamento Teologhe Italiane, tenutosi alla Biblioteca Vallicelliana di Roma. L’incontro è stato voluto da Voices of Faith, associazione che ha come scopo, scrivono sul loro sito, «di mettere i dirigenti del Vaticano in contatto con la comunità cattolica mondiale affinché possano riconoscere alle donne le competenze e le abilità necessarie per ricoprire un ruolo guida nella Chiesa. Perché la Chiesa, per un puro problema di genere, continua a negare alle donne questo diritto?». L’associazione si dà poi un obiettivo concreto: fare in modo che entro il 2030, il «30% delle posizioni di leadership a livello mondiale nella Chiesa cattolica romana» sia «aperto e occupato da donne». Nientepopodimeno.
Per raggiungere l’ambiziosa quota rosa, le sorelle hanno ben capito che c’è bisogno che il Rio delle Amazzoni straripi e arrivi a fertilizzare anche i loro orti; in una lettera indirizzata ai partecipanti del Sinodo per l’Amazzonia esprimono confidenza «nella creatività dello Spirito e nella docile e coraggiosa obbedienza a quanto suggerirà. E che quanto si farà per l’Amazzonia possa, nei giusti tempi e modi, giungere fino a noi». Auspicio accompagnato da una “minaccia”: «Attendiamo con cuore aperto, ma senza timore di guardare negli occhi e chiedere ragione delle scelte che verranno prese dai fratelli vescovi, in unione con il vescovo di Roma».
Anziché ringraziare il Signore di aver preservato la metà rosa della Chiesa cattolica dalle grane del governo, le sorelle, in versione suffragette, lamentano «l’ingiusto impedimento, alle donne che prenderanno parte ai lavori, di votare il documento finale che pure avranno collaborato a elaborare».
Solo questione di diritto di voto durante i Sinodi? A leggere la relazione sul pezzo forte della giornata del 3 ottobre, ossia lo scambio (vedi qui) tra il vescovo di Basilea, Mons. Felix Gmür e la superiora del monastero benedettino femminile di Fahr (la cui foto, che le immortala per chiedere il diritto di voto delle donne nella Chiesa, ha fatto il giro del mondo), suor Irene Gassmann, sembrerebbe di no.
La priora ha infatti chiesto che la Chiesa possa incaricare «donne di Chiesa comprovate per la distribuzione dei sacramenti». Come ministre straordinarie dell’Eucaristia per il malati, penserete voi. E invece no. La suora ha esplicitamente menzionato «il sacramento dell’unzione degli infermi e della riconciliazione». Il che significa o domandare l’ordinazione sacerdotale o non capire niente dei sacramenti, anche se, di fatto, domandare l’ordinazione femminile non è che un corollario dell’incomprensione della natura dei sacramenti. La prospettiva funzionalistica di suor Gassman è semplicemente disarmante: «La chiesa ha il tesoro dei sacramenti. Se nessuno li può somministrare, scomparirà». Stessa logica presente nell’Instrumentum Laboris del Sinodo, per quanto riguarda l’ordinazione di uomini sposati.
Mons. Gmür, dal canto suo, anziché saltare sulla sedia, ha orgogliosamente fatto presente che nella sua diocesi l’equiparazione dei diritti tra quote rosa e quote blu è già una cosa ovvia; tuttavia nella chiesa Svizzera rimane ancora molto da fare e «questo è motivo di grande frustrazione»...
Che influenza avranno queste pressioni sul Sinodo per l’Amazzonia e sulla Chiesa universale?
Certamente l’intervento di suor Alba Teresa Cediel Castillo al primo briefing del Sinodo amazzonico nella Sala Stampa vaticana ha alimentato la speranza rosa; il racconto della suora ha messo in rilievo come in mancanza di sacerdoti, le suore presenti in Amazzonia «battezzino, siano testimoni dell’amore delle coppie che desiderano sposarsi, e poi ascoltano delle confessioni, spesso di persone malate e in punto di morte, anche se non possono dare l’assoluzione».
C’è poi un altro aspetto interessante, che sta galvanizzando il fronte femminista. Tra le nuove nomine cardinalizie, figura il teologo-poeta portoghese, S. E. José Tolentino de Mendonça, che l’anno scorso aveva predicato gli esercizi alla Curia romana. Amico ed estimatore della benedettina suor Teresa Forcades, una delle menti dell’incontro del 3 ottobre scorso, testa d’ariete delle più stravaganti richieste del mondo femminista “cattolico”, tra cui l’ordinazione delle donne e la “benedizione” di LGBTQ, Mendonça aveva scritto la prefazione ad un libro della Forcades, dal titolo A Teologia Feminista na História, con delle considerazioni che esprimono piuttosto chiaramente il pensiero del neo-cardinale: «Una delle convinzioni con cui questo libro ci lascia è che il futuro del cristianesimo dipende molto dal processo di sgombero che siamo capaci di fare del suo passato e del suo presente [...] Teresa Forcades i Vila ci ricorda la cosa essenziale: che Gesù di Nazareth non ha codificato né regolato. Gesù visse. Cioè, ha costruito un’etica della relazione; somatizzava la poetica del suo messaggio nella visibilità della sua carne; espose come premessa il proprio corpo». Adesso le sorelle femministe hanno anche un sostenitore esplicito nel collegio cardinalizio: chissà che di sgombero in sgombero, non si riesca a rimuovere il divieto per il sacerdozio femminile. Tanto Gesù non ha regolato né codificato niente.