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LUTTO

Don Fabio, una vita offerta a Dio

La morte di don Fabio Baroncini, 78 anni, uno dei pilastri su cui è cresciuto il movimento di Comunione e LIberazione, ci lascia la testimonianza di un sacerdote che nella lunga malattia ha reso ancora più vera l'offerta della vita a Dio che ha caratterizzato il suo sacerdozio.

Editoriali 22_12_2020
Don Fabio Baroncini

È salito al cielo ieri mattina alle 7 mentre recitava le lodi con don Ottavio, il parroco lecchese che lo ospitava da qualche anno, da quando la malattia gli aveva reso troppo complicato vivere da solo a Milano. Don Fabio Baroncini ci ha lasciato così, a 78 anni, nel gesto che riassume tutta la sua vita, una lode a Dio.

A molti questo nome non dirà molto, ma don Fabio Baroncini è stato uno dei pilastri su cui è cresciuto il movimento di Comunione e Liberazione. La sua figura di sacerdote appassionato di Cristo, di parroco ed educatore, lo rende però significativo ben oltre i confini di un movimento ecclesiale. Un esempio di luce in questo panorama ecclesiale grigio.

Aveva conosciuto don Luigi Giussani nel 1956, quando lui aveva solo 14 anni, e quell’incontro gli aveva cambiato la vita: don Giussani «ha significato la possibilità di scoprire che Gesù Cristo è la salvezza per gli uomini (…) e l’orgoglio di essere cristiani, la profonda verità umana dell’essere cristiani», ci aveva detto in una intervista quattro anni fa, in occasione del suo 50esimo anniversario di sacerdozio.
Quell’incontro gli aveva dilatato la vita, l’aveva resa un’affascinante avventura: lui che prima di entrare in seminario aveva fatto gli studi di ragioneria, era diventato esperto di Dostojevski, Eliot, Milosz, Peguy, Dante, Manzoni… E aveva la capacità di renderli attuali, familiari nel continuo paragone tra la loro proposta e la nostra vita, cogliendo in loro quel giudizio di fede che trapassa i secoli e le circostanze.

Migliaia e migliaia sono i giovani che hanno conosciuto Cristo attraverso di lui, che sono cresciuti nella fede affidandosi a quella paternità un po’ spigolosa ma appassionata. Venti anni in una parrocchia a Varese e trenta anni parroco nel quartiere di Niguarda a Milano, la dimostrazione che il movimento di CL è per servire la Chiesa, diceva.

Ma la testimonianza più grande è venuta nella malattia che lo ha accompagnato in questi ultimi anni, o meglio: il modo come ha vissuto la malattia ha reso ancora più vero ciò che già prima era evidente. Vale a dire che ha vissuto tutta la vita come offerta a Dio. Quante volte a noi che avevamo la grazia di frequentarlo ha ripetuto che nella vita bisogna imparare ad offrire. Un concetto difficile da comprendere, serviva una testimonianza, un tutorial come si direbbe oggi in tempi di social.
E questi ultimi anni ci ha fatto vedere come si fa, cosa significhi offrire tutto a Dio.

Non ha lottato contro la malattia degenerativa che lo aveva colpito per guarire, piuttosto l'ha affrontata con la curiosità e la passione di scoprire il disegno di Dio su di lui e ha usato fino all’ultima goccia di energia che gli restava per continuare a educare, sostenere, spronare le tante comunità e singole persone che lo avevano come padre: sempre indicando Cristo come compimento del nostro destino, spendendosi fino all’ultimo per l’unità dei figli generati dal carisma di don Giussani, in anni di difficile travaglio per CL.

«Noi non dobbiamo essere fedeli alle nostre idee, ma a ciò che ci è accaduto», ci aveva detto quattro anni fa. E don Fabio questa fedeltà l’ha dimostrata fino all’ultimo respiro.