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DISCORSO

Difendere la vita, la battaglia decisiva

Io odio l'aborto. Odio l'aborto e la legge assassina e ipocrita che lo promuove e lo declama. Odiare il male è conseguenza dell'amore per il bene. Lottare contro il male, contro chi distrugge vita e famiglia, è un imperativo. E tutti possono fare qualcosa.

Vita e bioetica 30_06_2014
Renzo Puccetti

Pubblichiamo il discorso di ringraziamento che il nostro collaboratore Renzo Puccetti ha pronunciato il 15 giugno scorso a Martinengo (Bg) in occasione del conferimento del premio Fede & Cultura per la difesa della vita.

Ci sono cose di cui non vado fiero. Di altre mi pento. Sono un uomo e la fallacia fa parte della nostra natura. Di tante cose sono certo non mi pentirò mai. L'amore per mia moglie e mia figlia, per i miei genitori, per i miei familiari. L'affetto per gli amici, la riconoscenza per quanti, in tanti modi, mi hanno aiutato ad essere chi oggi sono. Di alcuni sono stato allievo, di altri conservo un ricordo indelebile di appassionate e stimolanti discussioni: fatemi citare la professoressa Maria Luisa Di Pietro, monsignor Livio Melina, padre Gonzalo Miranda, padre Giorgio Maria Carbone, don Riccardo Nieri, il mio confessore. Con molti altri sono debitore per avermi parlato attraverso le pagine dei loro libri; Karol Wojtyla, Josef Ratzinger, mons. Sgreccia, mons. Caffarra, Francis Beckwith, Germain Grisez, Michael Schooyans, Robert George e tanti, tantissimi altri. 

C'è un'altra cosa di cui vado fiero.

Io odio l'aborto. Odio l'aborto e la legge assassina e ipocrita che lo serve, lo promuove e lo declama. Prendete i quattro uomini che dai punti cardinali d'Italia detestano di più l'aborto, moltiplicate quel loro odio per mille, aggiungetevi il lievito dell'odio, fatelo agire e alla fine, forse, avrete un'idea del mio odio per l'aborto e per le leggi abortiste.

L'aborto è male e noi cristiani se diciamo il vero quando affermiamo di amare il sommo bene, Dio, la Santissima Trinità, abbiamo il dovere di odiare il male: "Voi che amate il Signore, odiate il male!". (Sal 97,10)

San Tommaso insegna che l'amore per il bene precede l'odio per il male. Se non si odia l'aborto, vuol dire che non si ama abbastanza il primario bene della vita.

Odiamo sufficientemente il male dell'aborto? Lo odiamo nella sua essenza, nella sua interezza, o solo parti di esso? Lo odiamo in tutte le circostanze? Dopo uno stupro, continuiamo ad odiarlo? Lo odiamo con la fortezza e prudenza richieste dall'avere a che fare con una delle armi più potenti del principe di questo mondo? La lotta contro questo male abilissimo a simulare il bene richiede studio, applicazione, presenza, militanza, richiede fatica e sacrificio. E si deve avere umiltà. C'è sempre da imparare da chi da più e meglio di noi.

Le stesse, esattamente le stesse considerazioni si possono e si devono fare per il processo volto a distruggere la famiglia. I nemici sono gli stessi, impiegano le stesse tecniche di occultamento, distorsione, manipolazione della verità. Attaccare la vita significa attaccare la famiglia; una volta iniettato il veleno dell'odio alla vita, il veleno comincia a circolare nel corpo della famiglia. Attaccare la famiglia significa attaccare la vita. Privata del nido familiare la vita è più esposta ai predatori. 

In questa lotta, come diceva il cardinale Bernardin, il cardinale di cui il campione dell'abortismo Hussein Barack Obama si dichiara quasi discepolo, nel discorso della Seamless Garment, la tunica senza cuciture, non tutti devono fare tutto, ma tutti possono fare qualcosa.

Ha ragione il professor Robert George ad ammonirci che la lotta al male comporterà ferite, ferite personali, ferite dolorosissime. Dobbiamo sapere che a breve non ci sarà consentito di vivere da cristiani a buon prezzo. 

Io non so se avete la stessa sensazione che provo io, credo che la parola che la descriva meglio sia "soffocamento". Mi sento soffocare quando mi vedo privato del diritto di essere chiamato padre. Mi sento soffocare quando vedo i genitori privati del diritto di insegnare ai figli che cosa vuole dire maschio e femmina, di spiegare loro che cosa vuole dire veramente amare. Mi sento mancare l'aria al pensiero che il solo dire che che un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma sia un atto che mi può portare in galera. Non respiro al pensiero che messaggi osceni veicolati da soggetti che fanno della depravazione un vanto possano essere trasmessi ai nostri figli senza che noi ne sappiamo niente. Mi si stringe la gola al pensiero che debba essere obbligato ad indicare al paziente dove rivolgersi per ottenere da altri ciò che a me ripugna, nella prospettiva sempre più vicina di essere io stesso a doverlo fare in prima persona, oppure scegliere tra dimissioni e sanzioni.

Mi sento soffocare al pensiero che una persona che voglia semplicemente seguire la legge naturale, se non la propria fede religiosa, non possa scegliere di fare il medico, l'infermiere, l'ostetrica, il farmacista, che possa avere problemi se decide di fare mestieri come il sarto, il fotografo, il pasticciere, il fiorista, l'insegnante, che non possa ambire a cariche nella pubblica amministrazione, tutti fatti di cui abbiamo notizia dall'estero, ma a breve arriveranno a noi. La società della tolleranza della soppressione dell'innocente, della eliminazione del disabile, di ogni perversione in nome della libera scelta, la società della tolleranza di ogni male una sola cosa non tollera: il bene. La società inclusiva esclude chi osa proclamare la realtà. Perché chi desidera il vero, il bello, il buono costituisce per questa società una minaccia da liquidare, colpevole con la sua stessa presenza di attestarne la mendacia. Per dirla con Peter Kreeft, in un mondo dove la ribellione è la nuova ortodossia, l'ortodossia è la sola forma di ribellione.

Dobbiamo lottare per difendere la terra che abbiamo ricevuto dai nostri padri? Sì, dobbiamo lottare.

Dovremo combattere una guerra che non abbiamo cercato, non abbiamo voluto, non abbiamo desiderato e non avremmo mai pensato di vedere coi nostri occhi. Ma qui noi siamo, in una guerra ancora non dichiarata formalmente, ma che in Italia ha provocato un numero di morti 3 volte e mezzo più grande di tutti i caduti militari e civili delle due guerre mondiali del XX secolo. Una guerra che ha distrutto e lacerato più famiglie di quanto non abbiano fatto le bombe. Una guerra che ha portato ad una devastazione morale tale da rendere irriconoscibile un'intera civiltà. Una guerra che non risparmierà nessuno di noi; nessuno si illuda di potere rimanere tranquillo nel tepore del lettuccio nella sua casetta. Hanno già cominciato a strapparci i figli nella scuola statale per farne dei perfetti giannizzeri della rivoluzione.

La guerra è in corso, la chiamata alle armi è stata avviata. Abbiamo accumulato un tragico ritardo nei preparativi, ma nella nostra debolezza risplende la forza del Signore della storia. Chi darà battaglia usi l'arma che sa maneggiare meglio. Non basta fare il bene, non basta desiderare il bene, dobbiamo essere esigenti e fare bene il bene. Vi sono armi spirituali che non sono meno importanti di quelle intellettuali e testimoniali. La preghiera, la rinuncia, il sacrificio, la carità operosa, l'apostolato dello studio, della parola, della penna, della presenza, del finanziamento, dell'organizzazione. Tutto concorre, tutto è necessario.

Non illudiamoci, non sarà attraverso un "sim sala bim" che il nero cancello del regno di Mordor verrà abbattuto. No, dovremo valutare ogni suo punto debole e lì attaccare rischiando. Dovremo aiutare e implementare i medici che servono la vita, i giudici e gli avvocati che servono la giustizia, i giornalisti che servono la verità, i filosofi che servono la ragione, i politici che servono il bene comune, i teologi che servono Dio. 

Non abbattiamoci di fronte alle sconfitte, non rassegniamoci se il nemico ci sembra imbattibile. Sono le stesse sensazioni, gli stessi sentimenti di chi si è battuto contro le leggi schiaviste e contro i totalitarismi disumani della storia. Molti sono morti senza vedere i frutti del loro sacrificio. Ma la vittoria un giorno è arrivata. Sia che vinciamo, sia che perdiamo, se avremo combattuto grande sarà la nostra ricompensa, perché abbiamo combattuto la buona battaglia. Ricordiamo, siamo servi inutili.

Oggi mi date un premio per la difesa della vita, a Fede & Cultura e a voi va il mio grazie. Ma ogni volta che avrete fatto qualcosa contro l'aborto, quando avrete fatto qualcosa per la difesa della famiglia, ricordate di fare silenzio in voi stessi e siate gai, perché ci sarà una voce, è la flebile voce di 5 milioni e mezzo di bambini che oggi non hanno voce perché è stato loro impedito di averne una. Essa sussurrerà al vostro cuore una parola che vi riscalderà, nel silenzio vi dirà: "Grazie, per esserti ricordato di me". Vi ringrazio, ringrazio Giovanni Zenone ed invito tutti, ciascuno nel proprio ambito, a continuare questa battaglia, perché è una battaglia per il bene, per la vita e ci aiuterà ad essere uomini migliori. Grazie.