Dico No, nel nome del padre
Perché mai dovrei rischiare la carriera e i contatti battendomi a favore del NO al referendum, quando dall'altra parte la potenza mediatica e politica è così forte? La risposta è in mio padre, che seppe resistere alla minaccia e poi alla tentazione del comunismo. E in San Giuseppe Moscati, il medico santo. "Ama la verità, mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala".
Perché un professionista il cui bene economico dipende dalla disponibilità delle persone a rivolgersi a lui dovrebbe esporsi per il NO al referendum sulla riforma della costituzione? Cosa ci guadagni a metterti dalla parte sbagliata in un territorio dove non c'è un granello di potere che non sia saldamente nelle mani del partito di Renzi? Ma perché non te ne stai un po' in pace a pensare alle tue cose invece di passare ore e giorni e notti a studiare per controbattere chi dice di volere soltanto rendere l'Italia un paese più moderno al pari degli altri paesi dell'Europa?
Sono le domande e i dubbi che talora fanno capolino dalla soglia della coscienza con la loro carica d'inquietudine e capacità di fiaccare lo spirito. Ieri, a tre giorni dal referendum, in un momento di pausa sono ricomparsi stringendomi lo stomaco assieme alle immagini di un Renzi festeggiante, la Boschi sorridente, Luxuria e la Cirinnà a brindare, la Bonino a rivendicare l'eutanasia e la droga libera, Scalfarotto a pretendere l'approvazione della sua legge e De Giorgi l'utero in affitto. Tutto l'impegno mi è sembrato nella mia mente essere stato travolto dalla formidabile macchina da guerra mediatica e clientelare di Renzi. Eravamo stati dei pazzi a pensare di poterglisi opporre, gli sforzi sovrumani dei miei amici del comitato Famiglie per il NO al referendum erano stati vani. Ad aggravare lo sgomento si è aggiunta la lettura di qualche post.
Uno diceva che il timore di una deriva autoritaria è ingiustificato perché Renzi ha promesso di modificare l'Italicum, la legge elettorale da lui approvata con la fiducia che consente ad un partito col 20% dei voti capace d'imporsi al ballottaggio di aggiudicarsi il 54% dei seggi alla camera. A costoro vorrei domandare: "Comprereste una macchina usata da Renzi?". Certo, il leader di Rignano sull'Arno sarà costretto a una modifica se non vuole finire impallinato al secondo turno dallo spostamento dei voti del centro-destra ai cinquestelle come già avvenuto alle amministrative, ma è indubbio che Renzi cercherà la formula a lui più favorevole, non certo la più equa. Qualcuno, pur sinceramente pro-life e pro-family, mi ha gettato nello sconforto sostenendo la tesi che è bene avere un governo forte, giacché non si deve collegare il voto al referendum al giudizio su questo Governo; c'è sempre la possibilità, aggiungeva, di lavorare affinché s'insedino governi migliori. Ho posato il tablet immaginando un uomo che vedendo il figlio innocente con la testa sotto la lama della ghigliottina, si premura di oliare il meccanismo nella speranza che il tribunale rivoluzionario che lo ha condannato sia sostituito in futuro da giudici giusti ed imparziali che abbiano a disposizione una ghigliottina ben ingrassata per giustiziare i veri assassini. Geniale no?
Preso dall'angoscia, quasi incapace di respirare, volgendo gli occhi intorno alla ricerca di una qualche consolazione, lo sguardo si è posato sulla foto di mio padre, anche lui per quarant'anni medico nel paese dove sono cresciuto. Nel 1948 era ancora uno studente, eppure di fronte al pericolo della dittatura non ebbe dubbi a schierarsi per la libertà e lo fece apertamente, rischiando la propria incolumità. Qualche anno dopo un suo amico d'infanzia divenuto un ras della sanità locale gli disse: "Lorenzo, vieni con noi, avrai praterie". Mio padre gli rispose: "No, non la penso come te". Perdente nel referendum sul divorzio, perdente in quello sull'aborto, mai prono al politicamente corretto, eppure ebbe sempre il rispetto della controparte tanto che la maggioranza della propria clientela gli veniva dalle fila dei comunisti; loro volevano bene a lui e lui voleva bene a loro, non alle loro idee. Mio padre mi ha insegnato il dovere di difendere il bene, o questo verrà travolto via dal male. Ho imparato da lui che se ti batti con valore e integrità, qualsiasi sia l'esito della lotta, meriterai rispetto e persino ammirazione. Poi mi sono girato ed alla parete ho visto il quadretto con una frase del mio protettore San Giuseppe Moscati, il medico santo. Dice così: "Ama la verità, mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio".
Fare non la cosa facile e conveniente, ma quella giusta. Improvvisamente ogni angoscia è svanita, l'animo si è rasserenato, tutto era chiaro e semplice. Era necessario battersi contro Renzi, il suo gruppo di potere e i suoi progetti. Oggi siamo di fronte ad un passaggio storico dove la vera ciccia in gioco è l'accentramento del potere nelle mani di un centro decisionale non per suo incremento, ma per abbattimento dei contrappesi ad esso. Ed il centro del potere non è rappresentato da un despota benevolo ed illuminato, ma da un cinico e mediocre mandatario di una tirannide impalpabile, oligarchica e sofisticata che intende prosciugare l'Italia demograficamente, sterilizzarla economicamente vessando il ceto medio, stuprarla etnicamente con l'invasione migratoria e completare il programma di "normalizzazione" etica per instaurare il dominio incontrastato dei grandi gruppi economici. Quello di Domenica è un crinale decisivo per la vita nostra e ancor più dei nostri figli perché è la battaglia decisiva per l'Italia tra identitari e mondialisti, tra chi vuole vivere la propria vita pur tra i rischi richiesti dalla libertà e chi si accontenta di sopravvivere, consumando il pasto precotto e standardizzato ed infine morire senza creare disturbo. No, non potevo tacere. Avevo visto la stessa fortezza da piccolo e quello che me l'aveva mostrata era mio padre.