Diciotti, toghe in tackle per un sequestro che non c'è
Una parte ideologica della magistratura vuole Salvini alla sbarra per sequestro di persona sulla nave Diciotti. Sequestrare una persona vuol dire privarla intenzionalmente del diritto di movimento. Ma quel diritto a bordo della nave non poteva essere riconosciuto.
-UN "REGALO" AL VICEPREMIER di Ruben Razzante
La posizione dei giudici di Catania che vogliono processare il ministro degli Interni Matteo Salvini ha tutta l’aria di essere una posizione ideologica piuttosto che giuridicamente fondata. Anzitutto per il capo d’imputazione con il quale si vorrebbe portarlo alla sbarra: il sequestro di persona.
Che i 177 occupanti della nave Diciotti non siano stati sequestrati è insito nel concetto stesso di sequestro di persona e sarà difficile per i giudici sostenere la tesi che Salvini abbia violato i trattati internazionali. La Diciotti fece il suo ingresso nel porto di Catania e agli occupanti venne negato lo sbarco fino a quando non si raggiunse il noto accordo. Ma non era in pericolo, non c'era un mare forza 8 a sballottarla nè rischi di epidemie in corso.
Quello che non torna è l’intromissione giudiziaria su una vicenda che ha avuto dei contorni eminentemente politici. E questo per il semplice motivo che la condizione giuridica di quei migranti non era quella di richiedenti asilo, bensì di meri irregolari. Richiedente asilo lo si diventa una volta sbarcati sul territorio nazionale, ma nell’ambito del diritto internazionale quelle persone erano semplicemente irregolari, piaccia o no la parola.
E’ per questo che la soluzione cui si giunse in virtù della scelta di Salvini permise la collocazione in Italia e in altri Paesi europei di quelle persone e il fatto stesso che di loro non se ne sia più parlato dimostra che la soluzione adottata deve essere stata soddisfacente anche per loro. Sennò ci sarebbero arrivati echi di qualche violazione dei diritti umani.
Invece, sequestrare una persona vuol dire privarla intenzionalmente del diritto di movimento. Il fatto è che in quel caso, come in tutti gli altri, quel diritto non poteva essere riconosciuto per il semplice motivo che non esisteva e non esisteva a causa della condizione di irregolarità. A questo si può derogare se sono necessarie cure mediche o prima assistenza, che, è agli atti, non mancarono a bordo della nave.
Dimostrare dunque il reato di sequestro di persona a fronte di una condizione assente sarà la vera sfida dei prossimi mesi, ma delinea già da subito il timore che, con questa richiesta di rinvio a giudizio, ancora una volta l’ideologia di una parte minoritaria e militante della magistratura, abbia vinto grazie all’egemonia, anche mediatica di cui gode.
Un conto infatti è individuare reati, un conto regolare la materia dell’immigrazione seguendo le leggi. E qui, ci si chiede come si possa sostenere che il sequestro di persona ci sia stato se esso consiste nella privazione della libertà di qualcuno da parte di chi non ha alcun potere per farlo. Ora, il ministro Salvini aveva il diritto di trattenere a bordo quei migranti perché irregolari, impedendo loro di sbarcare, da irregolari, sul suolo italiano? Evidentemente sì, stando alle leggi, ma secondo una vulgata ideologica, no, a quanto pare.
Se si fosse trattato di un sequestro di persona il Procuratore avrebbe potuto ordinare l’immediato sbarco, eppure lo stesso pg di Agrigento salì a bordo e non pose fine al presunto sequestro di persona. Come mai? Qual era dunque il reato che stava commettendo Salvini, forse un reato a tutti i costi?
Sembra di sì dato che si è provato prima anche con l’arresto illegale e poi con l’abuso d’ufficio per arrivare alla fine al “rapimento”. Davvero curioso, se si pensa che molti magistrati hanno sconfessato questo modo di procedere, che ha tutta l’aria di essere una invasione nel campo della politica da parte delle toghe.
Non è la prima volta, però è la prima volta che si cerca di inchiodare un ministro nell’esercizio delle sue funzioni e questo può rappresentare un pericoloso precedente in un preoccupante sconfinamento delle funzioni giudiziarie nei terreni che sono propri del governo e del Parlamento.
Se le regole europee sull’immigrazione hanno senso e validità – e ce l’hanno ancora – in Europa si entra con il permesso di soggiorno o con lo status di rifugiato e quindi di richiedente asilo. Ma per fare questo è necessario mettere in campo uno screening prima dello sbarco per vedere chi ha diritto o no a scendere. Sulla nave Diciotti, in controtendenza alla pratica abituale messa in campo negli anni scorsi, si stava appunto facendo questo. Infatti – come è stato fatto notare – è stato grazie a questo screening che sono stati individuati già a bordo i 4 scafisti dell’imbarcazione abbordata poi dalla nave della nostra Marina.
Ma allora, chiariamoci: era in atto un sequestro di persona o uno screening legittimo proprio della funzione politica che applica leggi e non se ne appropria a piacimento?
Un’ultima riflessione. La posizione di Salvini come sequestratore era già stata stralciata dalla richiesta di archiviazione da parte del pm. Ma il tribunale dei ministri, come un qualunque Gip, l’ha rifiutata. Questo dovrebbe avvenire quando sono stati trascurati elementi fondamentali nella raccolta delle prove o se c’è stato un grave errore di diritto. A fronte di questa divergenza di vedute sarebbe interessante conoscere in che cosa consista questa divergenza, perché il sequestro di persona è un reato abbastanza oggettivo per non essere compreso a prima vista. Ecco perché il timore che si stia procedendo più per ideologia che per dovere giurisprudenziale è oggi molto più concreto.