Devozione e fede patrimonio dell'umanità
La Basilica del Salvatore di Spoleto. Iscritta nella lista dei patrimoni dell’Umanità stilata dall’Unesco, a partire dal 2011, la chiesa resta segno mirabile della profonda devozione e della fede nutrita dal popolo longobardo nei confronti di Cristo Salvatore.
Concordio e Senzia furono due martiri cui il popolo di Spoleto era solito attribuire virtù taumaturgiche. Ai due santi, caduti sotto le persecuzioni di Marco Aurelio nel 175 d.C., era in origine dedicato il maggiore monumento dell’antichità della città umbra, la basilica che almeno dal IX secolo venne intitolata al Salvatore. A erigerla, sul luogo di una villa romana sul colle Ciciano, tra il IV e il V secolo, furono i monaci siriaci, profughi dall’Oriente. Le forme originarie paleocristiane del tempio, gravemente danneggiato da un incendio, vennero modificate nel corso del 700 dall’intervento dei Longobardi che, preso il controllo del territorio, fecero di Spoleto uno del centri più importanti di tutto il loro ducato.
La facciata a doppio saliente e coronamento piatto, probabilmente un tempo preceduta da portico, nel registro inferiore si apre in tre portali marmorei decorati da classici motivi vegetali a foglie d’acanto; a essi corrispondono, nella zona superiore, tre ampie finestre di cui quelle laterali sovrastate da timpano triangolare e quella centrale coronata da un arco a tutto sesto.
Tre navate definiscono la planimetria interna: il presbiterio, inquadrato da un arco trionfale e coperto da una struttura a volta a base ottagonale sorretta da colonne scanalate corinzie, è composto da abside semicircolare e dalle due absidiole quadrate in cui confluiscono le navate laterali: un tempo questi ambienti, coperti da volte a crociera, assolvevano a funzioni liturgiche come accadeva nelle tradizione architettonica orientale siriaca. I fusti dorici delle colonne che tripartivano l’aula erano sormontati da trabeazione: in seguito motivi statici hanno comportato la necessità di colmare lo spazio tra essi con una muratura di riempimento.
Dell’originale impianto pittorico restano tracce esigue: una croce monogrammata in una nicchia al centro dell’abside, dai cui bracci pendono delle catenelle con l’alfa e l’omega, e lacerti a finto marmo che racchiudono clipei. Completano il programma decorativo un frammento di affresco del XIII secolo, raffigurante la Madonna con il Suo Bambino, e una Crocefissione cinquecentesca.
Iscritta nella lista dei patrimoni dell’Umanità stilata dall’Unesco, a partire dal 2011, la chiesa resta segno mirabile della profonda devozione e della fede nutrita dal popolo longobardo nei confronti di Cristo Salvatore.