Declassamento dell'Italia, con vista su una patrimoniale
La spaccatura tra Lega e Cinque Stelle rientra, ma le preoccupazioni per l’economia italiana crescono. Ma sono in molti, dopo le considerazioni delle agenzie di rating a prevedere un prelievo forzoso sui risparmi, una sorta di patrimoniale di Stato, al fine di sanare i conti pubblici, nonostante le smentite da parte del governo.
La spaccatura tra Lega e Cinque Stelle rientra, ma le preoccupazioni per l’economia italiana crescono. Due giorni fa l’agenzia di rating Moody’s ha declassato da Baa2 a Baa3 la valutazione assegnata ai titoli di Stato italiani, giudicando l’outlook – cioè la previsione sul loro andamento futuro – come stabile. A Palazzo Chigi la notizia è stata accolta, almeno all’apparenza, con serenità, con un serafico "ce l’aspettavamo", ma questa reazione ricorda tanto quelle degli esponenti del governo Berlusconi nel 2011, di fronte ai primi segnali di sfiducia dei mercati, alla vigilia della “tempesta perfetta” che costrinse quell’esecutivo alle dimissioni e portò alla formazione di un governo di emergenza guidato da Mario Monti.
In questo caso l’agenzia di rating ha motivato la decisione del declassamento italiano con l’innalzamento del deficit previsto dal governo nei prossimi anni, e con l’assenza di un “piano coerente di riforme” da un punto di vista fiscale ed economico che possa favorire la crescita.
Secondo Moody’s, l’Italia ha ancora dei "punti di forza nel credito che bilanciano l’indebolimento delle prospettive fiscali". Nella sua valutazione, Moody’s parla della manovra finanziaria del governo sostenendo che le previsioni sulla crescita siano troppo ottimiste, e che l’innalzamento dei tassi di interesse "smorzerà probabilmente gli effetti positivi dell’ammorbidimento fiscale".
Ora l’Italia rientra, secondo Moody’s, nella categoria più bassa tra quelle degli investimenti consigliati. La categoria immediatamente inferiore, la Ba1, rientra già tra quelle dei titoli di Stato definiti “spazzatura”, sui quali l’agenzia sconsiglia di investire. Va detto che le regole di molti fondi impongono di vendere i titoli quando finiscono al di sotto della categoria Baa3.
Venerdì prossimo arriverà un’altra importante valutazione, quella dell’agenzia Standard & Poor’s, che secondo le previsioni manterrà stabile il rating ma cambierà l’outlook a negativo. Moody’s ha mantenuto l’outlook stabile soltanto in considerazione dell’elevata ricchezza delle famiglie italiane, alla quale si potrebbe potenzialmente attingere in caso di necessità.
Sono in molti, dopo queste considerazioni a prevedere un prelievo forzoso sui risparmi, una sorta di patrimoniale di Stato, al fine di sanare i conti pubblici, nonostante le smentite da parte del governo Conte. Troppi campanelli d’allarme, quindi, destinati peraltro a moltiplicarsi già a partire da domani, con la riapertura dei mercati, che mostrano crescente scetticismo nei confronti della manovra finanziaria italiana, già bocciata da Bruxelles.
C’è poco da rimanere calmi e sereni malgrado Lega e Movimento Cinque Stelle abbiano trovato l'accordo sulle modifiche al decreto fiscale. Dal testo saranno cancellati lo scudo fiscale e il condono penale per il rientro dei capitali all'estero. Resta invece il rapporto deficit-pil al 2,4%. Sia Matteo Salvini che Luigi Di Maio, nel tentativo di rassicurare i mercati, hanno convocato una conferenza stampa per annunciare la ritrovata sintonia. "Non c'è e non ci sarà nessun proposito di uscire dall'Unione europea o dal sistema della moneta unica. Stiamo bene in un continente, tranne ai confini della Francia. Ma là mando le pattuglie della Polizia e il problema è risolto", ha assicurato il leader della Lega.
"Finché resterò capo politico del M5S e finché ci sarà questo governo non c'è nessuna volontà di lasciare Ue o la zona euro, c'è la volontà di sedersi con le istituzioni Ue", gli ha fatto eco il capo dei grillini.
Ma il fuoco cova sotto la cenere. Dagli alleati europei potrebbe presto partire una nuova offensiva per tentare di scardinare l’impianto della manovra finanziaria messa in piedi dal governo Conte e di acuire le divisioni Lega-Cinque Stelle, per ora gestite con astuzia dai due vicepremier, e quelle, più silenziose ma non meno insidiose, all’interno del Movimento Cinque Stelle, tra chi appoggia la linea filogovernativa di Di Maio e chi, più vicino al Presidente della Camera, Roberto Fico, guarda con crescente interesse a sinistra per costruire in tempi brevi un’alternativa di governo con il Pd e con le altre forze della sinistra, al fine di non dover continuare a soccombere ai diktat della Lega.
La fronda interna al movimento pentastellato non è una invenzione della stampa, ma si percepisce ogni qual volta Fico apre bocca e marca le distanze dall’alleato leghista, lasciando intendere di considerare una parentesi (breve?) questo cammino di governo con il Carroccio. Di Maio e Salvini al momento hanno bisogno l’uno dell’altro perché devono evitare questa eventualità, cioè che possa nascere un’alternativa di governo tra Cinque Stelle e sinistra, magari benedetta dal Quirinale, in nome della necessità di scongiurare un ritorno alle urne “al buio”, anche in ragione dell’emergenza finanziaria e delle turbolenze dei mercati.