Damasco si riprende Palmira, l'Occidente chiacchiera
L’esercito siriano assume il “pieno controllo” del sito archeologico in mano allo Stato islamico. E' stato liberato dalle truppe siriane di Bashar Assad e dalle forze speciali russe mentre l’Occidente piangeva lacrime di coccodrillo per il patrimonio Unesco, per il quale non ha mosso un dito. E anche l'Italia si ricopre di ridicolo.
L’esercito siriano ha assunto il “pieno controllo” di Palmira, che nel maggio scorso era stata conquistata dallo Stato islamico. Lo hanno reso noto ieri fonti militari citate dai media di Damasco e l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), ong con sede a Londra legata ai ribelli filo-occidentali, secondo cui le truppe di Bashar Assad sono entrate a Palmira con il sostegno dei raid russi e l’appoggio delle milizie libanesi Hezbollah.
Le truppe governative e le milizie loro alleate hanno “ripulito” la città da tutti i miliziani dello Stato Islamico e “distrutto i loro ultimi covi”, ha riferito l’agenzia di stampa statale Sana, mentre gli artificieri hanno eliminato tutte le mine e gli ordigni lasciati dai terroristi. Gli attivisti dell’Ondus citando “più fonti attendibili”, hanno fatto sapere che i jihadisti hanno ricevuto l’ordine dal comando di Raqqa di ritirarsi probabilmente per sottrarsi all’annientamento da parte delle preponderanti forze nemiche.
Da quasi un anno l’Occidente piange lacrime di coccodrillo per le sorti di Palmira e del suo importante sito archeologico fingendo di dimenticare che Stati Uniti ed Europa hanno contribuito quasi quanto le monarchie sunnite del Golfo a indebolire il regime siriano e a facilitare quindi la conquista della città da parte del Califfato. In Europa abbiamo riempito molte pagine di giornale per stigmatizzare l’esecuzione sommaria del direttore del museo archeologico e la distruzione di molte reliquie ma non abbiamo fatto nulla per aiutare Damasco a liberare la città che l’Unesco ha definito patrimonio dell’umanità.
Così come non abbiamo fatto nulla per fermare l’Isis in Libia o per proteggere il Vecchio continente da terroristi, estremisti islamici, jihadisti e immigrazione selvaggia (musulmana) pilotata dalla Turchia e dal governo libico di Tripoli e affidata a criminali in combutta con Califfato e al-Qaeda.
Un’Europa immobile e in balìa degli eventi che lascia combattere gli altri. Palmira è stata liberata dalle truppe siriane di Bashar Assad, dagli aerei e dalle forze speciali russe, dai miliziani Hezbollah libanesi e dai pasdaran iraniani. Considerate le vesti stracciate in Europa per le sorti del sito archeologico dovremmo proporre Bashar Assad per una decorazione dell’ONU.
In questa guerra c’è chi combatte e muore per cacciare i jihadisti e chi produce aria fritta come fanno gli europei e soprattutto gli italiani. Nella sola giornata di sabato le forze aere russe basate in Siria hanno effettuato 40 incursioni nella regione di Palmira colpendo 158 obiettivi terroristici e uccidendo oltre 100 miliziani, distruggendo 4 carri armati, 3 postazioni di artiglieria, 4 depositi di munizioni, e 5 mezzi di trasporto, come ha reso noto il Ministero della Difesa russo. In un solo giorno hanno fatto più di quanto abbiano realizzato bombardieri e droni italiani presenti da un anno e mezzo in Kuwait e che volano sull’Iraq disarmati.
Secondo l’Ondus le tre settimane di battaglia per riconquistare Palmira sarebbero costate la vita ad almeno 400 miliziani dell’Isis e a 180 soldati siriani e loro alleati mentre l’agenzia siriana Sana riferisce che i jihadisti avrebbero causato diversi danni al castello di Palmira prima di ritirarsi: la scalinata che conduceva all’ingresso è stata fatta saltare in aria ed è stata completamente demolita, come molte altre parti della struttura.
Per ridurre i danni al sito archeologico l’offensiva lealista sarebbe stata effettuata con il solo appoggio dei mortai leggeri evitando l’uso di aerei e artiglieria: una scelta che ha esposto i militari siriani a maggiori rischi di perdite. Di fronte a queste valutazioni, con sprezzo del ridicolo il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ha colto l’opportunità della liberazione di Palmira (operazione a cui Roma non ha certo contribuito) proponendo durante la sua visita a Mosca di "testare l'iniziativa dei caschi blu della cultura e sperimentare un apporto attivo dell'Unesco''.
I "caschi blu della cultura" sono una task force di esperti italiani al servizio dell'Unesco per la tutela e la ricostruzione di siti culturali danneggiati da guerre e terrorismo, ma anche per il contrasto del traffico di opere d'arte e furono un’invenzione di Matteo Renzi per mostrare che l’Italia metteva in campo qualcosa pur rifiutandosi di fare davvero la guerra all’Isis. Qualcuno riesce a immaginarsi funzionari del Ministero dei beni Culturali col casco blu in testa a pochi chilometri dalle linee dello Stato Islamico?
E poi i siriani ora pensano a riconquistare Deir Azzor e Raqqa, non hanno mica tempo per le missioni di pace all’italiana. Già perché sabato Matteo Renzi ci ha spiegato che non è corretto dire che l’Italia è in guerra con l’Isis per “non fare il gioco dei nostri nemici". Perché "sono loro che vogliono parlare di guerra. Sono loro che hanno bisogno della nostra paura. Ci vogliono morti, ma se rimaniamo vivi ci vogliono paralizzati dal terrore”.
Eppure le cose stanno diversamente. E’ stato il governo Renzi a dichiarare guerra al Califfato aderendo alla Coalizione su richiesta degli Stati Uniti. Solo che lo ha fatto “all’italiana” inviando armi e munizioni a i curdi ma troppo poche per essere utili, istruttori invece che truppe da combattimento, bombardieri e droni ma disarmati. Il risultato è che siamo comunque belligeranti e quindi potenziali bersagli dello Stato Islamico ma certo con la “guerra all’italiana” e i “caschi blu della cultura” Palmira non sarebbe mai stata liberata.