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San Colombano a cura di Ermes Dovico
DAL 2010 AL 2011

Dallo sfacelo attuale la riscoperta della Grazia

In questi tempi di barbarie sociale conviene tornare alla grande saggezza della Chiesa.
- DOSSIER: Cosa resta del 2010

Attualità 30_12_2010
CROCIFISSO Ho riletto in questi giorni di festività natalizie i sermoni del grande papa Leone Magno sul periodo del Natale e mi ha stupito che nell’esegesi del brano del profeta in cui si dice che è “un popolo che camminava nelle tenebre”, san Leone appunta così: «Altro che tenebre, il nostro mondo è in sfacelo. E a questo mondo in sfacelo soltanto il Signore Gesù Cristo può portare l’inizio della novità».

Credo che la parola sfacelo serva benissimo a dire il giudizio su questo anno che  finisce e - dal puro punto di vista naturale e umano - su quello che inizia. Io vorrei trovare una sola persona sensata, che abbia un minimo uso della sua ragione, che sia attenta al suo cuore, che possa affrontare l’inizio di questo anno con un minimo di positività.

Siamo assediati quotidianamente dalla barbarie: la barbarie di chi rapisce ragazzine e le fa sparire nel nulla.
La barbarie di questi delitti familiari, che dilagano nella vita della società e sono oggi il punto di maggiore incremento della cosiddetta criminalità.
La barbarie dell’attacco alla vita, di mancanza di rispetto della vita in tutte le sue stagioni, dall’inizio fino al momento della riconsegna della propria vita al mistero di Dio.
La barbarie della violenza sui bambini: io penso a tutti i bambini che quest’anno – non solo in Italia, ma certamente anche in Italia – non sono venuti al mondo, non sono stati ammessi alla vita, per affermare il principio totalmente irragionevole della violenza individuale dei loro genitori; penso a tutti i bambini che vengono violati nella loro innocenza e al terribile – e incredibile per la mia mentalità, per la mia generazione – commercio sessuale con i bambini.

E poi che dire? La miseria della vita politica ha raggiunto livelli di assoluta incredibilità. Viene la voglia di non vedere più queste facce da qualsiasi parte siano, perché il proprio istinto diventa l’unica ragione ammantata di bene comune; ma poi non hanno neanche più il coraggio di parlare di bene comune. Sono mesi che gli uomini politici non usano più questa espressione, forse con l’unica eccezione del presidente del Consiglio nella sua lettera di auguri al Santo Padre.

E il mondo culturale? Che litiga sulle prebende delle varie case editrici e sull’appalto dei treni? Che fa consistere il valore artistico di un’opera nella sua capacità di mettere in crisi questo presunto regime?

Della magistratura non dico niente, perché con il clima pesante che c’è, anche se vescovo, posso finire persino in galera solo perché osare dare un giudizio viene subito equiparato all’insulto, come è accaduto a personaggi politici ben più autorevoli di me.

Io vorrei che andassimo a cercare un punto di positività. E’ qui che emerge con chiarezza anche quest’anno l’assoluta inconsistenza dei sentimenti di benevolenza, di positività, di ottimismo che uno chissà perché in queste ore dovrebbe andare a trovare chissà dove. Anche perché cercando di penetrare nel profondo di quello che io chiamo coscienza e cuore, la maggior parte dei nostri fratelli uomini ci trova il vuoto. La coscienza e il cuore sono stati estirpati, al loro posto c’è una struttura di reazione alla mentalità massmediatica che viene sostanzialmente imposta come l’unica novità di vita possibile, Grande Fratello docet.

Allora, amici miei, converrà che noi ritorniamo alla grande saggezza della Chiesa che non ha mai festeggiato il primo dell’anno, il primo giorno dell’anno civile. Festeggia invece l’ottavo giorno della Nascita del Signore, che significa dunque che è l’Eterno diventato parte della nostra vita e della nostra storia che dà senso a questo scorrere del tempo mettendo dentro il mondo una minoranza. Una minoranza di persone però che credono nel mistero di Cristo e che dal Mistero di Cristo traggono la chiarezza dei loro giudizi, l’energia della loro azione, il senso dell’utilità della loro vita, la capacità di leggere le prove – anche quelle difficili – come strumento pedagogico – misterioso ma reale – per un cammino di verità, di bellezza, di bene, di giustizia.

Noi non festeggiamo il primo dell’anno, noi ci accingiamo ad affrontare questo primo giorno dell’anno civile con la consapevolezza che la positività viene prima di questo. E’ data dal mistero del nostro essere popolo di Dio, che proprio perché è popolo di Dio – e non nasce dalla carne e dal sangue, ma da Dio è generato – può mangiare e bere, vegliare e dormire, vivere e – ahimé – un giorno morire nella consapevolezza però che ha vissuto e vive una vita straordinariamente positiva perché abitata dal Mistero che fa buone tutte le cose.

Dico raramente Buon Anno, perché preferisco dire “A Dio”, cioè preferisco consegnare le mie giornate e le giornate di quelli che mi stanno accanto all’unico che può dare senso, significato e bellezza al nostro tempo. «Il tempo non produce nulla di buono»: non è l’agostinismo deteriore, è il realismo. Mai come in questi tempi si stanno avverando le più terribili profezie dei più pessimisti fra i profeti d’Israele. Ma forse questa terribile realtà in cui viviamo ci fa capire la Grazia della fede. Diceva il nostro grande Sant’Ambrogio, quello cui pur da lontano, da lontanissimo, cerco di ispirare la mia vita di vescovo: «Non sarebbe valsa la pena di nascere se Cristo non ci avesse poi salvati».

Tanti saluti ai lettori della Bussola quotidiana che mi auguro siano in aumento.

* Vescovo di San Marino-Montefeltro