Dalla RU 486 a Monti La vera storia di Dellai
Si può sbandierare la propria appartenenza cattolica e contemporaneamente essere favorevoli alla pillola RU 486? In teoria no, ma a Trento può capitare. Ecco la storia di una delle figure chiave del sostegno cattolico a Monti.
Si può sbandierare la propria appartenenza cattolica e contemporaneamente essere favorevoli alla pillola RU 486, fortemente voluta, anche in Italia, da tutti coloro che si battono contro la vita nascente e che nel mondo ha prodotto 32 morti accertate di donne che ne hanno fatto uso? Non si potrebbe, ma succede.
A partire dal 2006, la Provincia Autonoma di Trento, presieduta dal cattolico Lorenzo Dellai - insieme ad Andrea Riccardi, Raffaele Bonanni e Andrea Olivero, tra i maggiori promotori di una aggregazione cattolica a sostegno della “Lista Monti” - è stata tra le primissime in Italia ad appoggiare la sperimentazione della pillola abortiva e solo dopo la direttiva del Ministero della Salute, che obbligava il ricovero per la sua assunzione, ha provveduto in questa direzione, nonostante le sollecitazioni ricevute dal movimento pro-life e da numerose interrogazioni all’Assessore alla Salute della giunta presieduta da Dellai. Fino ad allora, la pillola veniva assunta in day-hospital. Quasi un fai da te.
Anche questi piccoli fatti, fanno comprendere perché il Presidente del Consiglio, nella sua “agenda”, non abbia inserito alcun richiamo ai “principi etici” e perché il suo mentore, Andrea Riccardi, dica che i temi eticamente sensibili non costituiscono un’urgenza. Sarebbe troppo imbarazzante e insidioso parlarne in questa campagna elettorale.
La storia politica di Lorenzo Dellai incomincia a fianco di Bruno Kessler, il leader locale della sinistra democristiana, al quale si deve la nascita di quell’Università di Sociologia nella quale insegnarono Paolo e Romano Prodi, Flores D’Arcais e Norberto Bobbio e in cui mosse i suoi primi passi e maturò le sue idee Renato Curcio, futuro leader delle Brigate Rosse.
Dellai, che da circa vent’anni guida il Trentino, prima da Sindaco, poi da Governatore, si è formato in questa cultura catto-comunista - che ancora in questi giorni ha trovato espressione in un accordo con il Pd per il governo della provincia autonoma di Trento - ereditando col tempo la solida struttura democristiana, svuotata dei valori cristiani e popolari, ma non dell’abilità politica e della capacità di creare consenso.
Del Presidente della Provincia di Trento e del periodo in cui il potere di Dellai prendeva forma e consistenza, ha scritto recentemente un cattolico di sinistra che scrive sul “Trentino”, quotidiano locale del gruppo “Repubblica-Espresso” e sul settimanale diocesano “Vita Trentina”: Piergiorgio Cattani, co-fondatore del PPI trentino, poi confluito nella Civica Margherita ideata e guidata da Dellai. Dice Cattani: «In questi anni ho conosciuto Lorenzo Dellai, dal quale non si può prescindere, poiché solo lui è stato il vero motore di tutte le vicende politiche trentine di questo periodo. In verità sono venuto a contatto e ho creduto al mito Dellai.
Purtroppo, nel corso del tempo e sotto i colpi delle reali consuetudini, per alcuni, me compreso, questo mito è crollato e le illusioni sono svanite. Oggi esiste già una storia ufficiale della Margherita in cui vengono esaltate le grandi intuizioni del fondatore, soprattutto le meravigliose novità, mai viste prima, di metodo e di prassi: i cittadini riscoprono l'impegno, tutta la "comunità trentina fu coinvolta nell'elaborazione e nell'integrazione del progetto e dei contenuti programmatici", i candidati vennero "selezionati nell'ambito di momenti aperti di confronto". Qualcosa di epocale era nato, "la Civica Margherita ebbe l'effetto di modificare radicalmente e probabilmente in maniera irreversibile, il rapporto tra politica e cittadinanza".
Questa mitologica ricostruzione contrasta apertamente con la realtà dei fatti e soprattutto con quanto ho potuto sperimentare di persona. La falsità più evidente si coglie nella modalità della scelta delle candidature in cui non solo non si attuò qualsiasi tipo di elezione primaria, ma, quel che è peggio, esse vennero decise attraverso le solite procedure. L'obiettivo finale era quello di raccogliere il maggior numero di voti e meglio distribuiti su tutto il territorio, a prescindere dalla compattezza ideale e programmatica della squadra. Il futuro candidato o fa parte della cerchia del capo o dispone di voti propri o custodisce qualche ingombrante segreto o è pronto a esibire contanti, oppure deve farsi avanti a minacce, spintoni, appoggi e quant'altro. Chi magari ha qualche competenza, ma è fuori dal gioco, non può sognarsi di avere ambizioni, chi è intelligente ma contraddice il capo, non è adatto. Chi è giovane e quindi dispone di un esiguo numero di voti, è invitato e quasi costretto a legarsi a un potente ed aspettare il proprio turno.
Mi stavo accorgendo che Dellai e i suoi accoliti, vinti da una sorta di delirio di onnipotenza e di presupponenza, si infastidivano per ogni tipo di confronto democratico, sicuri come erano di poter dare lezioni di politica a tutti... Con orrore, una volta ci accorgemmo di essere capitati in un'allegra brigata di dipendenti dell'Azienda Margherita: segretari particolari, assistenti del gruppo consigliare, ingegneri decorati con decine di appalti pubblici, consiglieri di amministrazione di vari Enti e portaborse vari in attesa di una qualifica o di un premio, passato alla storia come "premio Margherita"» (da "Ho un sogno popolare. Il racconto di una esperienza politica in trentino tra il PPI e la Margherita", edizioni Ancora, 2001).
Per il suo governo provinciale, Dellai ha adottato una spending review all’incontrario. In Trentino, è soprannominato “il Principe” e, come i principi, Dellai dispensa incarichi. Il 31 gennaio ’08, il quotidiano “L’Adige” rilevava: «Se si sommano gli incarichi esterni affidati dalla Provincia con quelli dei suoi enti e società si scopre che sulle casse pubbliche negli ultimi due anni questo costume di dare lavoro a chi dipendente pubblico non è, ha pesato per 53.184.000 euro. Un altro elemento significativo che emerge da questa pratica diffusa della consulenza è il fatto che i "beneficiati", ovvero coloro che ricevono gli incarichi, sono un vero esercito.
Nell'elenco dei "collaboratori" della Provincia, ovvero coloro che al momento hanno un incarico in corso con l'ente pubblico, è di 695 nomi, ai quali si aggiungono 493 consulenti. In totale dunque si tratta di 1.188 persone. A questi si possono aggiungere anche i 1.368 incarichi affidati dagli enti funzionali nell'ultimo biennio, anche se tra questi va considerato che possono esserci nomi che ricorrono con più di un incarico esterno». E gli incarichi che distribuisce Dellai sono sempre ben retribuiti. Nei mesi scorsi, rispondendo a un'interrogazione presentata dai consiglieri del Pdl, Dellai ha pubblicato gli stipendi mensili dei dirigenti della sua provincia, corredati dalle retribuzioni di risultato.
Sono 28 dirigenti generali, che guidano dipartimenti e progetti speciali e i 76 dirigenti “semplici”, a capo dei servizi. Per quanto riguarda i responsabili di dipartimento lo stipendio mensile lordo varia tra i 9.368 euro e i 12.283. Tra i 5 mila e i 7 mila gli stipendi dei secondi. Per non parlare degli emolumenti che Dellai concede a se stesso: uno stipendio lordo mensile di 21.539 euro, che – come ha sottolineato tempo fa il quotidiano sudtirolese “Neue Südtiroler Tageszeitung”, supera di quasi tremila euro lo stipendio della cancelliera Angela Merkel.