Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Colombano a cura di Ermes Dovico
DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA

Dal Regno Unito all’Onu, quante umiliazioni per i rifugiati cristiani

Con il riaggravarsi della situazione in Siria, si teme una nuova crisi migratoria, nonché il verificarsi di altre discriminazioni in base alla religione. Dati alla mano, risulta che la schiacciante maggioranza di rifugiati raccomandati dall’Unhcr per l’Europa siano musulmani sunniti, mentre per i cristiani e altre minoranze (yazidi e musulmani sciiti) la logica dell’“accoglienza” e degli aiuti non funziona. Noto è lo scandalo del Regno Unito, dove tra i 1.112 siriani accolti nel primo trimestre del 2018 non c’era nemmeno un cristiano. Come ha indicato un recente rapporto, il motivo principale dell’indifferenza dell’Occidente verso i rifugiati cristiani sta nel politicamente corretto.

Libertà religiosa 31_10_2019

Adesso che il focolaio della guerra in Siria torna a bruciare, è la minaccia di una nuova crisi migratoria a spaventare l’Europa. Eppure, pare esista una classifica tra quanti meritano “accoglienza” e quanti no. Proprio in questi giorni, l’ex arcivescovo di Canterbury, George Carey, ha sollevato il problema di una “discriminazione politicamente corretta nei confronti dei rifugiati cristiani”. Rilanciato sulle pagine del Telegraph, è lo scandalo che coinvolge soprattutto la Gran Bretagna e che inizia nel 2015, l’anno zero delle nuove ondate migratorie.

Il reinsediamento nel Regno Unito di 16.000 rifugiati per il precedente conflitto ha visto quasi nessuna delle minoranze più brutalizzate ottenere un permesso di soggiorno. Dei rifugiati che hanno bussato alle porte della Gran Bretagna nel 2015, nell’ambito del “Programma per le persone vulnerabili”, solo l’1,6% erano cristiani. Questo nonostante i cristiani rappresentassero il 10% della popolazione siriana. E soprattutto sebbene la persecuzione conclamata ai loro danni. “Persecuzione cristiana a livelli vicini a quelli di un genocidio”, è quello che si legge persino in un recente rapporto firmato da fonti non sospette: pochi mesi fa ne scriveva, infatti, la BBC a proposito di uno studio ordinato dal ministro degli esteri Jeremy Hunt e realizzato dal vescovo anglicano di Truro, Philip Ian Mounstephen.

Il rapporto inglese della scorsa primavera identifica nel politically correct il principale motivo dell’indifferenza dell’Occidente rispetto ai rifugiati cristiani: atteggiamento visto come paradossale, dal momento che, come spiega Hunt, le popolazioni cristiane perseguitate sono anche le più povere al mondo.

Il Medio Oriente è stato teatro negli ultimi anni di bombardamenti di chiese, omicidi e persecuzioni ai cristiani. Oppressione che ha provocato un esodo fuori misura: la popolazione cristiana siriana è precipitata da 1,7 milioni nel 2011 a soli 450.000 l’anno scorso. Ad Aleppo ne sono rimasti probabilmente meno di 50.000. Nel vicino Iraq, i cristiani sono quasi scomparsi, passando da 1,5 milioni nel 2003 a 120.000, 61 le chiese bombardate, 23.000 le case sequestrate. 

Dati alla mano, risulta che la schiacciante maggioranza di rifugiati raccomandati dalle Nazioni Unite per l’ingresso in Europa sono musulmani sunniti, prevalentemente siriani, mentre per cristiani e altre minoranze, da anni, c’è solo discriminazione e mortificazione. Nel 2015, su 2.637 immigrati - il cui status di rifugiati era stato dato per certo - c’erano solo 43 cristiani, 13 yazidi e un solo musulmano sciita. Nel 2016 le statistiche sono andate solo peggiorando. Su 7.499 rifugiati c’erano solo 27 cristiani, 5 yazidi e 13 musulmani sciiti.

Nel primo trimestre del 2018, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha raccomandato 1.358 rifugiati siriani per il reinsediamento nel Regno Unito, ma di questi solo quattro erano cristiani. Dei 1.112 rifugiati siriani effettivamente reinsediati nel Regno Unito nei primi tre mesi del 2018, secondo quanto ammesso dal Ministero degli Interni, non c’era nemmeno un cristiano, ma solo musulmani. 

Nessuna porta aperta, insomma, per i cristiani, sebbene dal 2011 ad oggi, in Siria, siano passati dal 10% al 5%. I musulmani sunniti - il 74% della popolazione siriana - costituisce il 99% dei rifugiati che ammettiamo. I funzionari britannici hanno sempre sostenuto che la “selezione” è guidata solo da un mero indice della “sofferenza”. Tuttavia, alla fine dei conti il processo di scelta è stato ogni volta affidato all’UNHCR nei campi profughi e le autorità di competenza inglesi hanno finito con l’ammettere l’ovvio: i rifugiati cristiani sono “riluttanti” ad entrare nei campi. Un rifiuto di vecchia data e che deriva anche dal fatto che hanno subito persecuzioni persino là, come più volte segnalato. 

Era il 2016 quando l’allora segretario di Stato americano John Kerry giudicava lo Stato islamico come “responsabile del genocidio” contro i cristiani nelle aree da esso controllare in Siria e in Iraq. E negli Usa ci si domandava perché l’amministrazione Obama affidasse la sopravvivenza - e tanti preziosi aiuti - di queste persone a un ufficio delle Nazioni Unite all’epoca in profonda crisi e che, come la sua organizzazione madre, non riconosce l’esistenza del genocidio?

Gli Stati Uniti hanno inviato oltre metà dei 5,6 miliardi di dollari di aiuti umanitari destinati ai siriani dal 2012 alle Nazioni Unite; tuttavia, l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di aiutare i rifugiati, l’UNHCR, discrimina i cristiani e altre minoranze vittime dell’islamismo, soprattutto per quanto riguarda gli alloggi e il reinsediamento dei rifugiati siriani all’estero. Nel 2016, su 12.587 rifugiati siriani ammessi negli Stati Uniti solo 68 erano cristiani. Da maggio a fine ottobre di quest’anno, su 257 rifugiati, solo 18 sono stati i cristiani.

Eppure ci sono prove che suggeriscono che il problema si trovi all’interno dell’UNHCR. Citando le notizie di molti sfollati cristiani, un rapporto di gennaio sui rifugiati cristiani in Libano del Catholic News Service dichiarava: “Le opzioni di uscita sembrano senza speranza poiché i rifugiati lamentano che i membri dello staff dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati non seguono i loro casi”. Un fallimento che potrebbe essere l’ennesimo esempio del motivo per cui il rapporto della Divisione Internal Audit delle Nazioni Unite dell’aprile 2016 ha rimproverato all’UNHCR una gestione “insoddisfacente”.

In una conferenza stampa, nel 2016, a Washington fu chiesto all’ex Alto commissario per i rifugiati, António Guterres, di spiegare il numero sproporzionatamente basso di cristiani siriani trasferiti all’estero. Le risposte furono scioccanti e illuminanti allo stesso tempo. Guterres affermò, infatti, che generalmente i cristiani siriani non dovrebbero essere reinsediati, perché fanno parte del “DNA del Medio Oriente”. E aggiunse che il presidente del Libano gli aveva chiesto di non rimuovere i rifugiati cristiani. Il signor Guterres sembrava quindi esprimere chiaramente quel che equivale a una politica di discriminazione religiosa, per fini politici.

Per quanto riguarda il motivo per cui così pochi cristiani e yazidi trovano rifugio nei campi profughi regionali dell’UNHCR, secondo testimonianze dirette dei membri di questi gruppi, in genere è la sensazione di non sentirsi al sicuro a farla da padrona. Stephen Rasche, funzionario del reinsediamento dell’arcidiocesi cattolica caldea a Erbil, in Iraq, ha dichiarato che a Erbil “non ci sono cristiani che entreranno nei campi delle Nazioni Unite per paura della violenza contro di loro”.

L’arcidiocesi di Erbil, che sovrintende alle cure di oltre 70.000 sfollati dall’Isis, tra cui metà dei cristiani di Ninive, ha riferito che gli aiuti delle Nazioni Unite li aggirano. Come ha detto Rasche al Congresso parecchio tempo fa, “da agosto 2014, oltre alle forniture iniziali di tende e teloni, la comunità cristiana in Iraq non ha ricevuto nulla in aiuto da alcuna agenzia di aiuti degli Stati Uniti o dalle Nazioni Unite”.

Nel Regno Unito succede anche che un funzionario del Ministero degli Interni respinga la domanda di asilo di una donna iraniana scrivendo: “Ha affermato che Gesù è il suo salvatore, ma poi ha affermato che non sarebbe stato in grado di salvarla dal regime iraniano. La sua fede in Gesù è scriteriata”. Tali opinioni non possono nascere dal nulla. E che si tratti di politicamente corretto o meno, di discriminazione politica o religiosa, i cristiani orientali, marchiati con la nun di nazareni, sono trattati come i cani randagi dell’Occidente