Dal Marocco allo Yemen, la paura del contagio
2Omila persone in piazza stamane contro il governo dello Yemen. Non mancano però i sostenitori del regime.
In Tunisia la “rivolta del pane” ha rovesciato in breve tempo il regime di Zine El-Abidine Ben Ali, varando un governo di unità nazionale presieduto dal primo ministro Mohamed Ghannouchi che, se tutto va bene, traghetterà il Paese a nuove elezioni, previste per l’estate. In Egitto la “piazza araba” sta mettendo alle corde il regime di Muhammad Hosni Mubarak. L’effetto contagio ha indubbiamente sortito i primi effetti. Si estenderà adesso all’intera regione nordafricana e quindi mediorientale, dove diffusissimo è il malumore popolare nei confronti di regimi semidittatoriali al potere da lungo, spesso lunghissimo tempo e dove però l’incognita della deriva islamista allarma più di un osservatore?
Marocco
Il Paese, una monarchia costituzionale retta da re Mohammed VI, vive la difficile situazione che da tempo preoccupa l’intero Sahara Occidentale. Mentre non da ora le cellule africane di Al Qaeda fanno sentire la propria ingombrante presenza nella regione, le rivolte di Tunisia e in Egitto cominciano a far breccia anche fra i marocchini. Anche nei modi. Il 1° febbraio, infatti, due uomini si sono dati fuoco davanti al ministero dell’Educazione di Rabat, la capitale amministrativa del Paese, per protestare la propria precaria situazione di lavoro. I due marocchini facevano parte di un gruppo di una quarantina di manifestanti che si sono cosparsi di benzina. Il pronto intervento della polizia ha scongiurato una tragedia di ben più vaste dimensioni, mettendo in salvo il resto del gruppo
Algeria
Da tempo le forze dell’opposizione chiedono riforme democratiche al presidente Abdelaziz Bouteflika in un contesto dove la repressione militare contro i partiti d’ispirazione islamica ha spesso e volentieri usato il pugno di ferro. Dal 1992 perdura del resto lo stato di emergenza. Il 9 febbraio prossimo si sarebbe dovuta svolgere una partita amichevole di calcio fra Algeria e Tunisia, ma nei giorni scorsi l’incontro è stato annullato e rinviato a una per ora non meglio precisata altra data. Ufficialmente la Federazione algerina di calcio ha giustificato la decisione affermando che manca un campo adatto, visti i numerosi problemi che affliggono le strutture sportive del Paese. Ma la stampa algerina è di ben altro avviso. Pare infatti che il rinvio sia in realtà dovuto al clima di tensione che regna nel Paese (l’intero campionato nazionale di calcio è stato del resto sospeso) a causa delle proteste esplose contro l’aumento dei prezzi e l’alto tasso di disoccupazione che già hanno mietuto due vittime cadute negli scontri con le forze dell’ordine.
Yemen
Nel Paese retto dall’unico regime repubblicano della Penisola araba, le proteste di migliaia di persone, soprattutto studenti, continuano. Stamane circa 20mila persone sono scese in piazza a Sana'a, la capitale, per manifestare contro il governo, ma non mancano anche i sostenitori del regime. Forti sono i timori che le manifestazioni possano scadere in scontri aperti. Già nei giorni scorsi la polizia ha effettuato diversi arresti tra i manifestanti. Le proteste hanno peraltro indotto, ieri, il capo dello Stato, il 64enne Ali Abd Allah Saleh, a dichiarare che allo scadere del suo mandato, nel 2013, non cercherà la rielezione. Saleh è al potere dal 1978: allora stava al vertice dello Yemen del Nord, che però nel 1990 si è unito allo Yemen del Sud dando vita all’attuale Stato arabo, il più povero del Medioriente. Il 40% della popolazione yemenita è infatti disoccupata, campa con meno di due dollari statunitensi al giorno, soffre di uno stato allarmante di malnutrizione e per di più vive fianco a fianco con quei militanti di al-Qaeda che nel Paese hanno da tempo trovato rifugio sicuro.
Giordania
Sull’onda delle proteste popolari dei gironi scorsi, che anche nel caso del regno hascemita sono legate a motivi di natura economica, re Abd Allah II ha sciolto il gabinetto di governo nominando un nuovo primo ministro, Marouf Bakhit, incaricato di varare riforme politiche “vere”. La “piazza” ha però già fatto sapere di non essere soddisfatta.
Arabia Saudita
Per il momento la situazione del Paese appare stabile, eppure non mancano i timori per la tenuta anche del regime saudita. Un segnale non tranquillizzante si è del resto registrato il 22 gennaio, quando un disoccupato di circa 60 anni si è dato fuoco nella propria abitazione ubicata in una provincia confinante con lo Yemen. Pur contando sulla favolosa ricchezza garantitale dal petrolio, il Paese saudita conosce oggi un tasso di disoccupazione superiore al 10%.