Dal Governo buon senso e passi falsi
Il decreto "del fare" contiene un insieme di misure di semplice buon senso, ma anche alcuni passi indietro, come sull'evasione fiscale e il pasticcio dell'Imu. Positiva l’attenzione particolare all’operatività delle imprese.
Dopo quasi due mesi di pre-tattica il Governo guidato da Enrico Letta ha battuto un primo colpo, indubbiamente significativo, con il decreto “del fare”, un insieme di misure destinate a migliorare il rapporto tra il fisco e i contribuenti, a snellire le procedure giudiziarie, a semplificare alcuni adempimenti delle imprese, a introdurre alcune agevolazioni per gli investimenti, a sbloccare gli interventi degli enti locali.
Nulla di rivoluzione e nulla di veramente strutturale, come la crisi richiederebbe. Ma comunque accanto a interventi puramente strumentali e che rischiano di essere anche controproducenti bisogna salutare con soddisfazione il fatto che ci sia un’attenzione particolare all’operatività delle imprese, facilitando gli investimenti, promovendo l’innovazione, sostenendo le piccole imprese.
E se i limiti ad Equitalia e l’intervento molto pasticciato sull’Imu sono il prezzo che il Governo delle larghe intese deve pagare per l’appoggio del centro-destra si può dire che tutto sommato vale la pena pagarlo.
I limiti ad Equitalia, con l’allungamento dei termini per i pagamenti dei debiti fiscali e con l’impignorabilità della prima casa, racchiudono in prospettiva molti più problemi di quanti ne risolvano. Perché in pratica queste misure costituiscono un premio all’evasione fiscale, sono irrilevanti per chi le tasse le ha sempre pagate e le paga le paga fino all’ultimo euro, possono trasformarsi in una riduzione dei mezzi di contrasto all’illegalità.
Siamo passati di fatto in poche settimane dal considerare l’evasione fiscale come uno dei maggiori problemi italiani alla completa sparizione di questo tema dall’attualità politica. Si è arrivati a parlare di “sacralità” della prima casa: scomodando il “sacro” per un tema che non gli è proprio e dimenticando che hanno ugualmente grande dignità le migliaia di famiglie che vivono, per mille ragioni, in case in affitto. Non può essere un’attenuante il fatto che una persona abbia evaso le tasse per acquistarsi la prima casa.
Ma per molti altri aspetti il decreto di metà giugno può essere considerato come il decreto del “buon senso”. Basti guardare alla decisione, finalmente, di liberalizzare il wi-fi, cioè di non richiedere più l’identificazione a chi vuol collegarsi anche solo per cinque minuti all’interno di un bar, di un albergo, di una biblioteca, o anche magari sulla panchina dei giardini pubblici. Un obbligo ormai inutile e aggirabile in mille modi, ma che comunque costituiva un intralcio allo sviluppo delle potenzialità della rete.
Sarebbe un bel passo avanti se il Governo avesse capito di poter lavorare nell’era di internet, delle potenzialità della connettività. Si possono risparmiare miliardi di euro (ovviamente da utilizzare a scopi produttivi) non tanto usando le potenzialità dell’informatica per svolgere le vecchie procedure, quanto abbandonando le antiche logiche dei permessi e delle certificazioni. Qualcosa in questa direzione è stato fatto ed è bene se si riuscirà a continuare su questa strada.