Da Monza alla Brianza, in cammino con Agostino
Il tragitto che collega i 25 santuari mariani lungo 352 chilometri di terra brianzola disegna un fiore di rosa. È il cammino di Sant’Agostino, vescovo di Ippona, che soggiornò e si convertì a Cassano Brianza. Punto di partenza e di arrivo è a Monza il Santuario di Santa Maria delle Grazie, in prossimità del fiume Lambro.
Il tragitto che collega i venticinque santuari mariani lungo 352 chilometri di terra brianzola disegna un fiore di rosa. È il cammino di Sant’Agostino, vescovo di Ippona, che prima di ricevere il Santo Battesimo per mano di Ambrogio, soggiornò e si convertì, come ricorda nelle sue Confessioni, a Rus Cassiciacum, volgarmente detto Cassano Brianza, tappa del nono giorno del pellegrinaggio lombardo. Punto di partenza e di arrivo è, a Monza, il Santuario di Santa Maria delle Grazie che sorge a settentrione, in prossimità del fiume Lambro.
Fu la ricorrenza della Natività di Maria, l’ 8 settembre del 1463, l’occasione per porre la prima pietra di quello che già quattro anni dopo sarebbe diventato il convento dei Frati Minori. La comunità francescana vi abitò fino al 1810 quando, per volontà di Napoleone Bonaparte, la vita comunitaria venne soppressa e i suoi beni confiscati. Solo nella prima metà del XX secolo il complesso venne restituito ai suoi primitivi abitanti e la chiesa riaperta al culto. Il tempio è preceduto da un portico sostenuto da colonne di marmo, eretto nel 1632. L’interno è a navata unica e sull’altare maggiore è collocata l’immagine dell’Annunciata cui è da sempre legata una profonda venerazione cittadina, così evidente da indurre il cardinale di Milano, Ildefonso Shuster a proclamare l’altare maggiore privilegiato a motivo della presenza della adorata icona.
La tappa del quinto giorno è il Santuario di Santa Maria della Noce a Inverigo, eretto per ringraziare la Madonna per aver protetto due bambini persi nel bosco, apparendo loro con il Suo Bambino su un albero di noce. Fu san Carlo Borromeo a voler sostituire la prima chiesetta in un santuario vero e proprio, completato, però, molti anni dopo per mancanza di fondi. L’interno ha un impianto a croce, cui si raccordano due cappelle laterali dedicate a San Carlo e a San Giuseppe. L’ambiente centrale è sormontato da cupola decorata a lacunari. La spoglia navata centrale guida il fedele verso l’altare maggiore dove è collocato un simulacro seicentesco in legno policromo della Vergine
Dopo sette giorni di cammino si arriva a Valmadrera. La chiesa, un tempo dedicata a San Martino, venne successivamente intitolata alla Madonna del Latte per l’immagine tardogotica molto venerata che qui da sempre si conserva. L’impianto della chiesa è semplice, in stile romanico, caratterizzato da una navata con volta a botte su cui si aprono due cappelle laterali. Pregevoli ne sono gli affreschi quattrocenteschi, rispettivamente raffiguranti una Crocefissione, la Vergine tra Santi e Storie di Cristo.
Al quindicesimo giorno si fa ritorno a Monza, ma il cammino prosegue. La rosa, idealmente, stende le proprie foglie verso ovest e verso est, coinvolgendo le Province di Monza Brianza, Como, Lecco, Bergamo e collegando, per ciascuna direzione altri 8 santuari mariani. Il gambo del fiore unisce Monza a Milano e a Pavia dove, in San Pietro in Ciel d’Oro, sono conservate le reliquie del Santo. Le sue radici conducono fino ai territori nativi di Agostino e, quindi, sul suolo africano, a Tunisi, Tagaste e Ippona. In tutto si contano cinquanta santuari intitolati a Maria, che rappresentano uno splendido e prezioso Rosario a cielo aperto.