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EDITORIALE

Da Lutero a Hitler: dove porta il pensiero del cardinale Marx

Le recenti, gravi, dichiarazioni del presidente dei vescovi tedeschi («Non siamo una filiale di Roma») a proposito di Sinodo e famiglia, affondano le radici in un complesso anti-romano che nella storia ha già portato numerosi guai alla Germania e all'Europa. Ma sono anche segno della crisi della Chiesa tedesca.

Editoriali 02_03_2015
Il cardinale Marx

Quello che sta accadendo nella Chiesa tedesca è estremamente interessante. Infatti, dopo l’abdicazione di Benedetto XVI, cioè di un papa tedesco, la fronda che covava da tempo, è esplosa. Prima guidata dal cardinal Kasper, poi, con ancora più decisione e durezza, dal cardinal Marx. Ironia vuole che a nominare arcivescovo di Monaco Frisinga e poi cardinale Reinhard Marx sia stato proprio Benedetto XVI. 

Ebbene il cardinal Marx, alcuni giorni fa, come abbiamo già scritto (clicca qui) a seguito di un crescendo di polemiche contro la dottrina del matrimonio della Chiesa e dopo aver esaltato apertamente l’opera di Martin Lutero, ha dichiarato: «Non siamo una filiale di Roma… il Sinodo non può prescrivere nel dettaglio ciò che dobbiamo fare in Germania». 

Si tratta di una affermazione pesante come un macigno, che porta ad almeno due considerazioni differenti. Partiamo dalla seconda parte della frase: sino a poco tempo fa il ritornello era assai diverso. Sembrava, a detta di Marx e di alcuni altri padri sinodali iper-attivi sui media compiacenti, che la strada del Sinodo fosse segnata: «Si arriverà, in un modo o nell’altro, dove vogliamo noi innovatori». 

Dietro questa affermazione vi sono certamente due aspetti singolari: il ritenere che un Sinodo possa mutare un pensiero bimillenario, fondato sul Vangelo, e cioè che un dogma sia sottomesso alle maggioranze “parlamentari”, e il credere che queste maggioranze contino poi sino ad un certo punto, perché ci sarà chi saprà piegarle, volenti o nolenti i padri sinodali stessi. 

Fatto sta che la mezza frase riportata sembra indicare un fatto: le cose appaiono cambiate, il cardinale tedesco non è più così sicuro che il Sinodo prenderà la strada da lui voluta. E allora alza la voce, batte i pugni. 

Complice forse anche il fatto che la Chiesa tedesca si trova all’angolo, anche in Germania: da una parte chi insiste per cambiare tutto, così da copiare definitivamente, anche in materia di morale, le confessioni protestanti (certamente non particolarmente floride), dall’altra il crescente assedio anche mediatico (già notato in Italia dai vaticanisti Matzuzzi, Bertocchi e Tosatti), di chi, proprio in Germania, denuncia una Chiesa cattolica molto ricca di beni e denaro, potente, ma sempre più povera di fedeli.

In questo clima difficile il presidente dei vescovi tedeschi, cioè il già citato Marx, non può suonare l’attacco con un antico ritornello protestante, magari sparando sulla corruzione e sulla ricchezza della Roma cattolica. Neppure può ripetere, visti i conti della sua diocesi e le spese faraoniche di cui è protagonista, i ritornelli contro il capitalismo cantati in passato, sfruttando, con poca fatica e fantasia, il suo evocativo cognome. 

Deve allora fare leva su altro. Siamo alla seconda parte della sua affermazione: «Non siamo una filiale di Roma». Si tratta di un vecchio tic del mondo germanico: su questo tasto ha battuto Martin Lutero, per convincere i principi tedeschi a sostenerlo (per divenire poi proprietari di tutti i beni ecclesiastici “romani”).

La storia però ci insegna che il ripudio di Roma e della latinità fu l’inizio della disgregazione europea, e il germe del nazionalismo tedesco, che tanti mali ha portato all’Europa e al mondo. Che un uomo di Chiesa parli in un certo modo di Roma, luogo in cui Pietro diede la sua vita, punto di incontro e di unità dell’universalismo cattolico, è molto preoccupante. 

Lo si può comprendere anche rammentando che un campione del pangermanesimo come Adolf Hitler, aveva come motto: «Lontano da Roma, lontano da Vienna, si costruisce il duomo della Germania». Lontano da Roma significa infatti lontano dall’idea di una fratellanza universale che passi non dalla lingua, non dalla cultura, ma dalla stessa fede. Illustri storici hanno sottolineato proprio il nesso tra razzismo e negazione dell’universalismo cattolico romano.

Di più. Visto che l’innominabile austriaco è stato citato, senza voler fare paragoni eccessivi e impropri, si può però ricordare non solo che nei suoi Discorsi a Tavola Adolf Hitler ribadisce spesso che la rovina dei tedeschi è arrivata con il cattolicesimo romano, ma anche che la propria avversione alla Chiesa, sin dalla giovinezza, è dovuta anche alla dottrina sul divorzio. Il matrimonio monogamico e indissolubile, come spiega ai suoi ascoltatori la notte tra l’8 e il 9 gennaio 1942, è semplicemente contro natura.